“Calabresi”, “pezzi grossi”. Così l’appuntato dei Carabinieri della caserma Levante di Piacenza, Giuseppe Montella, considerato dai pm il vertice del “sistema criminale” fatto di falsi arresti, spaccio di droga e tortura, definiva gli interlocutori di Daniele Giardino, secondo l’accusa il fornitore di stupefacente al gruppo di militari dell’Arma. Così, adesso, a interessarsi al caso è anche la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano che, ricevuta una parte degli atti dal Procuratore Grazia Pradella che guida le indagini, stanno approfondendo i canali di rifornimento della droga emersi nell’inchiesta ‘Odysseus’ che ha portato nei giorni scorsi al sequestro della caserma e all’arresto di sei carabinieri. Intanto, secondo il Corriere, dagli interrogatori dei principali indagati è emerso che altri membri dell’Arma erano al corrente di ciò che stava succedendo, ma non hanno mai segnalato i fatti.

Negli atti che Pradella ha inviato alla Dda milanese si parla di un deposito nell’hinterland del capoluogo meneghino che fungeva da luogo di ritiro delle sostanze stupefacenti che dovevano finire sulle piazze di spaccio. Una struttura, secondo gli investigatori, gestita da persone vicine a ‘ndrine della Locride. Dalle carte emerge inoltre il timore di Giardino per possibili ritorsioni da parte dei fornitori.

Tutto mentre nel corso degli interrogatori, secondo il quotidiano di via Solferino, si allarga la platea di membri dell’Arma a conoscenza del “sistema” Piacenza che, però, hanno deciso di non segnalare ciò che accadeva. Al centro ci sono le dichiarazioni che il maggiore Stefano Bezzeccheri, che ha comandato la compagnia di Piacenza fino a mercoledì scorso e che è stato colpito dal provvedimento di obbligo di dimora, ha rilasciato al gip Luca Milani: “Nessuno mi ha fatto mai una segnalazione, ma non posso pensare che nessuno si sia reso conto di quello che succedeva nella caserma”, ha dichiarato l’uomo accusato di aver spinto Montella e i suoi a continuare con gli arresti illegali. Lui, sentito per quattro ore, durante le quali ha risposto anche alle domande del pm Matteo Centini, ha ammesso di non aver ostacolato il modus operandi dell’appuntato in modo da aumentare i numeri a fine anno, anche se nega di essere stato a conoscenza dei pestaggi ai danni dei pusher che sono costati ai sette militari accuse come tortura, sequestro di persona, arresto illegale, oltre allo spaccio di droga.

Così, il Procuratore Pradella punta adesso a rintracciare gli altri carabinieri circolati negli anni dalla caserma Levante per poter raccogliere ulteriori testimonianze su ciò che succedeva al suo interno.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Caso Consip, l’ex ministro Luca Lotti rinviato a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio

next
Articolo Successivo

“La voce del ‘Diavolo’ per terrorizzare il bambino”: le motivazioni della condanna del sequestro di un undicenne in Sardegna

next