“Spanò? Non vi meravigliate, è uno che a 22 anni le vacanze le ha trascorse in Africa a costruire un ospedale invece che a Mykonos o Formentera come tutti i colleghi”. Parole di Matteo Coscia, agente assieme a Francesco Iovino di Alessandro Spanò, capitano della Reggiana appena promossa in B dopo 21anni. O forse è meglio parlare di Coscia come ex agente e di Spanò come ex capitano della Reggiana: sì, perché il difensore, tra i più forti della Lega Pro stando ai valori di Transfermarkt, ha deciso di abbandonare il calcio a 26 anni per frequentare la Hult Business School, vincendo una borsa di studio dopo essersi laureato in economia. Laurea che è arrivata il giorno dopo la promozione in B, col massimo dei voti e coi complimenti del ministro Spadafora.
E Spanò dopo averci confermato l’esperienza in Africa, svelata dal suo ex agente, minimizzando: “Ma i cliché sui calciatori non vanno presi alla lettera. Non è che il mestiere fa la persona. Comunque sì, era un progetto dell’Umbria che ho deciso di seguire, per la costruzione di un ospedale in Africa”, tenta di “depotenziare” anche la sua scelta: “Credo sia brutto che faccia notizia che un ragazzo di 26anni studi: mi sembra una cosa perfettamente normale”. Sì, ma verrebbe da chiedere se sia vero Spanò: idolo di una città, capitano di una squadra importante, calciatore stimato e ovviamente con uno stipendio mensile che il 95 per cento dei suoi coetanei mette insieme in più di un anno, se fortunati, e che decide di lasciare per studiare marketing, management, metodi quantitativi, girando 20 mesi per il mondo.
Una scelta inaspettata per tanti: tifosi, compagni, società e in primis per i suoi agenti, che però dopo essere rimasti di stucco, anche per l’innegabile danno subito, hanno abbracciato Alessandro, senza mai tentare di farlo desistere. “Beh parliamo di uno dei calciatori più forti della nostra agenzia – spiega Matteo Coscia – ma abbiamo fatto una considerazione umana: Alessandro è un ragazzo incredibile, di una maturità che ti mette quasi soggezione, a Reggio era il collante di tutte le componenti, non potevamo che rispettare le sue scelte. Ha perso due agenti ma ora ha due amici: gli auguro il meglio, e per quanto è intelligente e capace, ha una leadership innata e ha dimostrato anche ‘palle d’acciaio’: lo vedo al vertice di una delle migliori aziende italiane tra qualche anno”.
E sì, la carriera manageriale è il sogno di Spanò, che punta anche sull’esperienza calcistica per il prosieguo della sua, nuova, carriera: “Oggi dico che mi piacerebbe il percorso manageriale, ma non mi precludo niente, né disdegno quanto fatto finora. Il calcio mi ha dato tantissimo ed è stato determinante anche in ambito accademico: nelle fasi di ammissione alla Business School gli altri colleghi avevano naturalmente un percorso diverso dal mio, però la gestione della pressione, anche “in pubblico” o l’essere punto di riferimento di un’intera città ha costituito sicuramente un punto di forza”.
E dunque, da capitano che deve far salire la difesa a manager che deve far salire il fatturato con la differenza però che il campo era una realtà, peraltro profumatamente remunerata, la scrivania ai piani alti dell’azienda per ora solo un sogno: “Se ho pensato che rinuncio a tanti soldi certi per qualcosa di incerto? La vita è fatta di scelte, io ho scelto…e in ogni caso se a 26 anni avessi messo i soldi davanti a tutto, e in particolare davanti alla sete di conoscenza, non mi sarei piaciuto granché”. E dunque, ha salutato tifosi, società e compagni, ha salutato con una bellissima lettera sui social il se stesso bambino vissuto a pane e pallone che non ha potuto far altro che arrendersi al “fuoco della curiosità”, un ardore più forte di tanti attaccanti fermati.