In quella sala del Senato c’ero anche io. Ho preferito non intervenire sull’argomento fino ad adesso perché non credo che le tempeste mediatiche siano utili a qualcuno. Ovviamente, ho tenuto la mascherina per tutto il tempo tranne per il mio intervento, perché le regole si possono discutere quanto si vuole, ma soprattutto nelle istituzioni si rispettano in modo rigoroso.
Ci sono stati sicuramente degli interventi nei quali sono state formulate affermazioni ascientifiche e soprattutto pericolose. Ad esempio, c’è chi si è chiesto (per davvero!) “ma perché non abbiamo potuto tenere la mano ai nostri cari mentre morivano di Covid” oppure c’è chi ha parlato di “vaccino che ci trasforma in Ogm”, “vitamina C per curare il Covid” e altro.
Io comprendo lo stato d’animo di chi non ha potuto salutare di persona i propri cari, ma penso che la ragione di non far entrare i parenti in terapia intensiva possa essere facilmente comprensibile. Tuttavia, definire il convegno in modo semplicistico “negazionista” è almeno discutibile, e riduce in modo pericoloso una realtà complessa.
Ci sono tante persone che hanno espresso un reale malessere per le necessarie limitazioni delle libertà personali. C’è una crescente insofferenza verso l’uso delle mascherine, che soprattutto d’estate qualche disagio lo creano. Mi piace ricordare che proprio all’inizio dell’epidemia, ai primi di marzo, ho scritto su questo spazio un post con il professor Guido Silvestri, fornendo dei dati e ipotizzando che il caldo ci avrebbe dato una mano (non abbiamo mai detto che il virus sarebbe “sparito con il caldo”, è bene precisarlo).
Al momento la situazione epidemiologica è nettamente migliore di quella di fine marzo, quando c’erano quasi mille decessi ogni giorno e quasi 4000 persone ricoverate in terapia intensiva. Oggi ci sono ancora purtroppo dei decessi (dell’ordine di una decina al giorno) e una quarantina di persone ancora in terapia intensiva. Questi valori rappresentano l’uno per cento di quelli al picco.
Osservare i dati e la – a mio parere – innegabile correlazione della diffusione e gravità della malattia con il caldo non vuole dire essere “ottimisti” o “pessimisti”, ma cercare di conoscere bene un avversario per affrontarlo al meglio, perché è bene ribadire che in questo caso il “nemico” è il virus, non altri esseri umani. Il nostro mondo è cambiato radicalmente due volte nel giro di pochi mesi, ed è discretamente possibile che possa cambiare di nuovo a breve. La prima volta il virus ha colpito senza che avessimo armi a sufficienza, ma ora abbiamo a disposizione terapie che una certa efficacia la hanno già mostrata (antivirali, antinfiammatori, plasma, anticorpi monoclonali) e ci sono risultati molto promettenti per lo sviluppo di uno o più vaccini nei prossimi mesi.
Tuttavia, gli scienziati non sono in grado di dire se tra quattro mesi pioverà o ci sarà il sole. Figuriamoci se sia possibile prevedere quale sarà la situazione epidemiologica. Quindi credo sia corretto dire che non ci sia un’emergenza sanitaria (attenzione a non confondere questo termine con lo “stato di emergenza”, che è un’altra cosa) adesso, ma non possiamo escludere che non ci sia nel prossimo futuro. E la drammaticità di quanto abbiamo vissuto fino a qualche mese fa ci impone di essere pronti, di predisporre tutti gli strumenti per evitare di tornare a quei momenti bui. Proprio perché la situazione migliorerebbe con il caldo, c’è bisogno di maggiore attenzione e cautela con il freddo.
Molte volte è stato detto che gli scienziati hanno detto tutto e il contrario di tutto. In realtà, se si contestualizzano le affermazioni nel momento in cui sono state formulate vedremo che in realtà c’è stato molto ma molto più accordo di quanto non sembri. Le raccomandazioni sono variate in funzione della diversa situazione, e sarebbe stato assurdo il contrario.
Durante l’evento è stato criticato (anche con argomentazioni strutturate) il prolungamento dello stato di emergenza. In realtà, questo è un provvedimento di tipo tecnico, che non comporta il dare poteri che il presidente del Consiglio non avrebbe già, e soprattutto non significa affatto che ci sarà un lockdown il primo agosto, come qualcuno è stato indotto a pensare dalla diffusione di notizie non veritiere. Non prorogare lo stato di emergenza significherebbe che ben 38 ordinanze perderebbero immediatamente di efficacia, tra cui quella che permette di utilizzare le navi per l’isolamento sanitario dei migranti.
Il mio intervento può essere riassunto con la frase “La scienza non è democratica, ma la politica lo deve essere”. Da rappresentante dei cittadini (di tutto il Paese, non di una sua parte geografica, politica oppure culturale) ho il dovere di ascoltare tutti, anche quelli che mostrano disagio per alcune restrizioni ed esprimono dubbi. Anche perché nel caso di una possibile ripresa dell’epidemia non potremo fare a meno della collaborazione di tutti. Non possiamo prevedere il futuro, ma è una quasi certezza che migliore sarà la cooperazione, meno saranno le liti e i contrasti strumentali e minori saranno i danni, economici e sanitari, al nostro Paese.
L’amico e collega professor Silvestri da privato cittadino può decidere di non essere presente al convegno. Io, da parlamentare, ho valutato che sarebbe stato meglio andarci, per portare una voce critica, fuori da quella maggioranza, e una testimonianza silenziosa. Le mie idee politiche sono anni luce lontane da quelle di molte persone presenti, ma il Parlamento è e deve essere luogo di confronto: come tale lo vivo anche in occasione di convegni di questo tipo.
Non capire il disagio e ma soprattutto non cercare di rispondere ai dubbi di tante persone minimizzandoli con atteggiamenti paternalistici è un errore. Si tratta di una forma di negazionismo non certo meno insensata e potenzialmente dannosa di quella di chi dice “il coronavirus non esiste”.