C’è un modo di lavorare molto facile per i consulenti finanziari; e intendo proprio i consulenti e non i promotori. Un’impostazione che richiede scarsissime competenze. Così moltissimi, anziché valutare e poi scegliere i titoli da comprare (azioni, obbligazioni, certificati ecc.), subappaltano ad altri tale scelta. In questo modo hanno la pappa fatta con pochissima fatica.
Ragioniamo in particolare sul reddito fisso. Un esperto del settore dovrebbe sapere analizzare le diverse alternative nell’ambito delle obbligazioni e titoli di Stato, individuare quelle preferibili e costruire un portafoglio con esse. La maggior parte dei consulenti finanziari non fa nulla di simile. Troppo difficile. Si limita a indirizzare i propri clienti verso alcuni Etf, che sono fondi comuni a gestione cosiddetta “passiva”, cioè che promettono di replicare un indice di Borsa. Fanno così anche le Poste Italiane con MoneyFarm. Ciò significa scaricare su altri la costruzione del vero portafoglio titoli.
Fra un consulente che consiglia titoli e uno che consiglia Etf c’è circa la stessa differenza che fra un medico che prescrive farmaci, terapie ecc. e chi si limitasse a dirottare i pazienti a un centro sanitario o casa di cura, dove poi finalmente gli prescrivono farmaci, terapie e così via. Per questo non c’è neppure bisogno di esser medici.
Gli Etf come tutti i fondi comuni sono solo scatole, più o meno nere o più o meno trasparenti, dove vi sono gli investimenti veri, cioè quelli finali: obbligazioni, titoli di Stato, azioni ecc. Chi possiede quote di un Etf non possiede tali titoli, ma partecipa solo a un patrimonio indiviso. Ciò ha alcune conseguenze negative, sistematicamente nascoste dai consulenti finanziari ai loro clienti. Ne elenchiamo le principali, in particolare appunto per il reddito fisso.
1) Si perdono le garanzie
A un risparmiatore alla ricerca di sicurezza conviene comprare direttamente emissioni di uno o più Stati affidabili. Fra l’altro può diversificare facilmente, perché spesso i tagli sono nell’ordine dei 1000 euro. Con un Etf invece dà un calcio alle garanzie contrattualmente previste dagli emittenti. Germania, Olanda, Stati Uniti ecc. garantiscono il rimborso dei soldi loro prestati. Ma tali garanzie non si estendono alle quote di un Etf, che pure investe negli stessi prestiti. In particolare non lo coprono dai rischi di malversazioni o anche solo di una gestione dissennata.
Analogo discorso per un Etf rivolto ai titoli anti-inflazione, cioè con capitale e/o interessi indicizzati in potere d’acquisto. Magari filerà tutto liscio, ma nessun Etf contempla esplicite garanzie come i Btp Italia, le Oatei francesi o i Tips americani (vedi il Fatto Quotidiano del 4 maggio 2020). Inoltre corre voce che Lyxor, Jpmorgan o Amundi siano meno affidabili degli Stati Uniti d’America, della Francia o della stessa Italia. Ricordiamoci di Lehman Brothers!
2) Si perdono gli indennizzi
Negli scenari peggiori gli svantaggi degli Etf sono ancora più gravi. Un piccolo risparmiatore col 3% dei suoi risparmi in obbligazioni subordinate di Veneto Banca recupererà il 95%, come ricuperò il 71% con le Alitalia. Tali indennizzi invece se li sogna, se la stessa percentuale del suo patrimonio la possiede tramite un Etf.
3) Si duplicano i costi
Indirizzando un cliente verso un Etf, un consulente lo costringe a pagare, oltre alla sua parcella, la commissione periodica di gestione del fondo. Ciò riduce la redditività del reddito fisso, attualmente già striminzita.
4) Si pagano più tasse
Con gli Etf o altri fondi comuni non è possibile compensare fiscalmente i cosiddetti capital gain e capital loss, cioè i guadagni con le perdite. Per cui alla fine si pagano più imposte, soprattutto avendo anche Etf azionari.