di Maurizio Becchia
Ottantasette miliardi di euro a fondo perduto; soldi a pioggia e ovviamente tutti con il cappello in mano a chiedere: Confindustria per l’abbattimento del cuneo fiscale, i sindacati per la proroga della Cig, altri per le grandi opere. Tutto legittimo salvo che nessuno fino ad adesso ha affrontato il problema vero, che è il lavoro: questa entità “astratta” per la quale bisogna pagare poche tasse, ma anche poco chi lavora, per essere competitivi (guardare le offerte sui vari siti di ricerca o centri per l’impiego) o fornire un sussidio a chi non l’ha più o non riesce più a trovarlo.
In entrambi i casi si mette una pezza al problema che, per un paese molto manifatturiero come il nostro, è proprio la mancanza di domanda di manifattura, visto che ormai è stata delegata ad una fabbrica a cielo aperto come la Cina (e non solo, ma sono sicuramente i più grossi) che ha costi ridicoli rispetto ai nostri che prevedono però orari di lavoro precisi, norme antinfortunistiche, Tfr, pensione, etc. E provare a riportare il lavoro a casa nostra ponendo un dazio a quei prodotti che ci impediscono di creare lavoro qui proprio a causa della enorme differenza di costo?
Se un maglione in cashmere qui costa 60 euro ed uno made in Cina lo trovi a 25/30 euro e metti un dazio di 30 euro giusto per partire alla pari e poi fai scegliere al mercato (cliente) non sarebbe più utile? Non è meglio far lavorare il Made in italy che tenerlo in vita con la cassa o il reddito di cittadinanza? Abbiamo un esercito di cassintegrati o di lavoratori precari con futuro incerto che non aiutano certo il Pil, mentre ci sono ormai pochi che sfruttando il lavoro in tutte le sue forme e sottopagandolo detengono il 90% della ricchezza mondiale.
Se c’è un occasione per provare veramente a cambiare le cose questa è proprio quella giusta: il Made in Italy si fa qui non solo applicando un’etichetta ma riaprendo le fabbriche, che farebbero ripartire tutto l’indotto e il Pil (chi ha prospettive poi spende in beni di consumo, case, automobili, divertimenti …) ponendo finalmente fine a questa giostra h24 di 365 giorni all’anno di offerte, sconti, tassi zero e, soprattutto (questo vale per i sindacati) facendo diventare merce rara e costosa la nostra manodopera e quindi ponendo l’industria nella necessità di chiedere personale qualificato e non manovalanza a basso prezzo che si trova in nero ovunque.
Bisogna però che si faccia in fretta prima che il nostro know-how sparisca con questa generazione. Non sarebbe ora di provare a cambiare strategia ?