Una cosa è fuori di dubbio: per me Mario Paciolla, il giovane napoletano trovato morto in Colombia lo scorso 15 luglio nella sua casa di San Vicente del Caguan, è stato assassinato. Tutte le testimonianze raccolte tra i colleghi, gli amici e i parenti del giovane concordano infatti nel ritenere sprovvista di ogni credibilità la tesi del suicidio, che pure talune fonti giudiziarie colombiane hanno fatto circolare subito dopo la morte.
Gli ultimi messaggi di Mario alla famiglia parlano chiaro: era preoccupato per qualcosa che gli era accaduto mentre svolgeva la sua funzione di osservatore delle Nazioni Unite sull’attuazione degli accordi di pace tra governo colombiano e Farc in una delle zone più calde e a rischio del Paese, quel Caguan che a suo tempo era stato uno dei punti di forza della guerriglia ma che, dopo la firma degli accordi, avvenuta nel 2016, e il loro costante sabotaggio da parte delle autorità governative colombiane si è trasformato in luogo di operazione per i settori di paramilitari legati alla destra, autori di un crescente numero di assassinii negli ultimi tempi.
Era preoccupato e voleva tornare al più presto in patria: aveva già acquistato un biglietto aereo per il 20 luglio, ma purtroppo i killer lo avrebbero anticipato. Il contesto in cui si è verificato il presunto assassinio è del resto direttamente collegato con numerosi avvenimenti di questo tipo, dato che sono oramai centinaia le uccisioni di militanti colombiani, si tratti di ex guerriglieri delle Farc o di leader popolari e difensori dei diritti umani, che si sono verificate negli ultimi anni nel Paese.
Un torrente di sangue che si è ingrossato dopo l’inizio del mandato presidenziale di Ivan Duque, unanimemente considerato il delfino del vecchio leader della destra colombiana Alvaro Uribe, sempre contrario agli accordi di pace stipulati con le Farc. Come Giulio Regeni, massacrato in qualche camera di sicurezza delle questure egiziane al pari di tanti militanti dei diritti umani di quel Paese, così Paciolla potrebbe essere stato trucidato come tanti leader popolari colombiani.
La nostra migliore gioventù, che vuole legarsi ai movimenti per la pace e l’emancipazione sociale di vari Paesi nel mondo, subisce il destino riservato ai difensori dei diritti umani: il carcere, la tortura e la morte. Nonostante la repressione e gli assassinii, la Colombia di oggi non è per nulla un Paese normalizzato. La popolazione, che subisce oggi la pandemia Covid che si è unita alla fame endemica e allo sfruttamento selvaggio della forza-lavoro e delle ingenti risorse naturali, continua a ribellarsi portando avanti mobilitazioni incessanti.
In tal modo entrerebbe in collisione con i piani del governo Duque, che a mio avviso vorrebbe fare della Colombia una piattaforma militare, da gestire in combutta con gli Stati Uniti, specialmente in funzione antivenezuelana. Proprio dalla Colombia sono partiti gli attacchi di vario genere nei confronti del governo di Nicolas Maduro, di cui i paramilitari colombiani, gli stessi che uccidono da anni all’interno delle loro frontiere, formano la bassa manovalanza, istruita, equipaggiata e addestrata dai contractors delle società statunitensi.
Una situazione malsana con due facce della medaglia ben precise e tra loro collegate: la campagna contro i movimenti popolari colombiani, da un lato, e l’uso del territorio colombiano per l’aggressione contro il Venezuela dall’altro. In entrambi i casi, un medesimo obiettivo politico, salvaguardare gli interessi delle oligarchie interne e quelli del capitale internazionale, ben rappresentati dall’amministrazione Trump e dai suoi progetti di rilancio della dottrina Monroe, vecchia ormai più di due secoli ma ancora viva e valida agli occhi dei consiglieri strategici di Trump per gli affari latinoamericani.
Per riprendere il controllo del continente occorre liquidare le forze della pace e rendere impossibile il progetto della Farc di abbandonare la lotta armata per trasformarsi in partito politico. Secondo me è nell’ambito di un disegno di questo genere che è stato ucciso Mario Paciolla, che operava per la pace, nell’ambito delle Nazioni Unite, portando avanti con scrupolo e coerenza un lavoro difficile e pericoloso.
Su questo presunto assassinio occorre ora fare pienamente luce: un impegno che si è assunto il ministro degli esteri Luigi Di Maio e che dovremo in ogni modo far sì che venga adempiuto anche se, in questo come in altri casi, la ricerca della verità e della giustizia saranno senza dubbio ostacolate dall’infausta collocazione internazionale del nostro Paese, tuttora subalterna alle forze della guerra e del dominio imperiale sul pianeta.
Fabio Marcelli
Giurista internazionale
Mondo - 30 Luglio 2020
Mario Paciolla, anche io temo un nuovo caso Regeni
Una cosa è fuori di dubbio: per me Mario Paciolla, il giovane napoletano trovato morto in Colombia lo scorso 15 luglio nella sua casa di San Vicente del Caguan, è stato assassinato. Tutte le testimonianze raccolte tra i colleghi, gli amici e i parenti del giovane concordano infatti nel ritenere sprovvista di ogni credibilità la tesi del suicidio, che pure talune fonti giudiziarie colombiane hanno fatto circolare subito dopo la morte.
Gli ultimi messaggi di Mario alla famiglia parlano chiaro: era preoccupato per qualcosa che gli era accaduto mentre svolgeva la sua funzione di osservatore delle Nazioni Unite sull’attuazione degli accordi di pace tra governo colombiano e Farc in una delle zone più calde e a rischio del Paese, quel Caguan che a suo tempo era stato uno dei punti di forza della guerriglia ma che, dopo la firma degli accordi, avvenuta nel 2016, e il loro costante sabotaggio da parte delle autorità governative colombiane si è trasformato in luogo di operazione per i settori di paramilitari legati alla destra, autori di un crescente numero di assassinii negli ultimi tempi.
Era preoccupato e voleva tornare al più presto in patria: aveva già acquistato un biglietto aereo per il 20 luglio, ma purtroppo i killer lo avrebbero anticipato. Il contesto in cui si è verificato il presunto assassinio è del resto direttamente collegato con numerosi avvenimenti di questo tipo, dato che sono oramai centinaia le uccisioni di militanti colombiani, si tratti di ex guerriglieri delle Farc o di leader popolari e difensori dei diritti umani, che si sono verificate negli ultimi anni nel Paese.
Un torrente di sangue che si è ingrossato dopo l’inizio del mandato presidenziale di Ivan Duque, unanimemente considerato il delfino del vecchio leader della destra colombiana Alvaro Uribe, sempre contrario agli accordi di pace stipulati con le Farc. Come Giulio Regeni, massacrato in qualche camera di sicurezza delle questure egiziane al pari di tanti militanti dei diritti umani di quel Paese, così Paciolla potrebbe essere stato trucidato come tanti leader popolari colombiani.
La nostra migliore gioventù, che vuole legarsi ai movimenti per la pace e l’emancipazione sociale di vari Paesi nel mondo, subisce il destino riservato ai difensori dei diritti umani: il carcere, la tortura e la morte. Nonostante la repressione e gli assassinii, la Colombia di oggi non è per nulla un Paese normalizzato. La popolazione, che subisce oggi la pandemia Covid che si è unita alla fame endemica e allo sfruttamento selvaggio della forza-lavoro e delle ingenti risorse naturali, continua a ribellarsi portando avanti mobilitazioni incessanti.
In tal modo entrerebbe in collisione con i piani del governo Duque, che a mio avviso vorrebbe fare della Colombia una piattaforma militare, da gestire in combutta con gli Stati Uniti, specialmente in funzione antivenezuelana. Proprio dalla Colombia sono partiti gli attacchi di vario genere nei confronti del governo di Nicolas Maduro, di cui i paramilitari colombiani, gli stessi che uccidono da anni all’interno delle loro frontiere, formano la bassa manovalanza, istruita, equipaggiata e addestrata dai contractors delle società statunitensi.
Una situazione malsana con due facce della medaglia ben precise e tra loro collegate: la campagna contro i movimenti popolari colombiani, da un lato, e l’uso del territorio colombiano per l’aggressione contro il Venezuela dall’altro. In entrambi i casi, un medesimo obiettivo politico, salvaguardare gli interessi delle oligarchie interne e quelli del capitale internazionale, ben rappresentati dall’amministrazione Trump e dai suoi progetti di rilancio della dottrina Monroe, vecchia ormai più di due secoli ma ancora viva e valida agli occhi dei consiglieri strategici di Trump per gli affari latinoamericani.
Per riprendere il controllo del continente occorre liquidare le forze della pace e rendere impossibile il progetto della Farc di abbandonare la lotta armata per trasformarsi in partito politico. Secondo me è nell’ambito di un disegno di questo genere che è stato ucciso Mario Paciolla, che operava per la pace, nell’ambito delle Nazioni Unite, portando avanti con scrupolo e coerenza un lavoro difficile e pericoloso.
Su questo presunto assassinio occorre ora fare pienamente luce: un impegno che si è assunto il ministro degli esteri Luigi Di Maio e che dovremo in ogni modo far sì che venga adempiuto anche se, in questo come in altri casi, la ricerca della verità e della giustizia saranno senza dubbio ostacolate dall’infausta collocazione internazionale del nostro Paese, tuttora subalterna alle forze della guerra e del dominio imperiale sul pianeta.
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Londra, 18 mar. (Adnkronos) - Re Carlo e la regina Camilla festeggiano quest'anno 20 anni di matrimonio - il 9 aprile, mentre saranno in Italia - ma, nonostante questo, sembra che trascorrano "molto tempo separati". Anzi, forse il segreto della loro felicità come coppia è dovuto proprio al fatto che ciascuno dei due sta per conto proprio nei fine settimana. Camilla si ritira nella sua amata e "disordinata" casa di campagna nel Wiltshire senza Charles ogni weekend, secondo Ingrid Seward, caporedattrice della rivista Majesty, che ha dichiarato che "in realtà i sovrani trascorrono parecchio tempo separati. La casa di Ray Mill è, se vogliamo, per Camilla una sorta di liberazione dalla vita reale. Prima di sposare Charles, fece un patto con lui: avrebbe tenuto quella casa come rifugio".
"Va ogni fine settimana, quando può, e ci va anche d'estate per trascorrere un po' di tempo con i suoi nipoti e i suoi figli, ed è qualcosa che la allontana dall'intero mondo reale e dove va soprattutto per rilassarsi - racconta l'esperta reale - Molto spesso non va a Highgrove a meno che lei e Charles non abbiano altri impegni. Si tratta di allontanarsi dalle restrizioni dovute alla sicurezza ed essere circondati da personale e persone che fanno cose per te, il che, ovviamente, sarebbe meraviglioso per tutti noi. Penso che nel suo caso abbia bisogno di un posto dove potersi effettivamente rilassare ed essere semplicemente se stessa, e andare in giro con jeans sporchi, se vuole, senza essere costantemente controllata".
Una fonte ha dichiarato all'Express che Camilla "al Ray Mill può sedersi con un grande G&T, togliersi le scarpe e guardare Coronation Street, che Charles detesta". Il re, invece, quando è libero nei weekend, si reca spesso a Highgrove o a Sandringham, mentre durante la settimana i due risiedono insieme a Clarence House. Della residenza di campagna di Camilla nel Wiltshire si è parlato la scorsa settimana, quando si è saputo che il re ha acquistato una casa confinante, che sarebbe stata adibita a sede per matrimoni, pagandola 3 milioni di sterline per proteggere la privacy della moglie.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il governo si impegni "a sostenere il riconoscimento dello Stato di Palestina, nel rispetto del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele, per preservare la realizzazione dell’obiettivo di 'due popoli, due Stati'". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Inoltre, si chiede di "sostenere il piano arabo per la ricostruzione della Striscia di Gaza ed ogni iniziativa diplomatica volta ad assicurare il rispetto della tregua e un reale rilancio del processo di pace: per la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, per la protezione dei civili e per la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, per il rispetto della tregua in Libano e per scongiurare il rischio di futuri attacchi da parte di Hezbollah e Iran, nonché le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e, infine, affinché siano rispettate le risoluzioni delle Nazioni Unite".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Sostenere una risposta europea ed unitaria alle politiche dei dazi dell’amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, e che ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle Big Tech, rilanciando anche l’iniziativa multilaterale per l’introduzione della Global Minimum Tax". E' quanto chiede il Pd al governo nella risoluzione sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.