Eseguito lo screening per tutti gli ospiti e gli operatori dell’ex Caserma Serena: tutti in quarantena. Il primo cittadino di Casier: "Il quadro è sotto controllo". Il sindaco di Treviso al governo: "Qualcuno dovrà rendere conto". I richiedenti asilo non possono andare a lavorare, il racconto di Kouame: "Ho dovuto avvertire l’agenzia per l'impiego che non sarei potuto recarmi all’appuntamento"
Finiscono in quarantena tutti gli ospiti del Centro di accoglienza nell’ex Caserma Serena di Casier (Treviso): i 315 tamponi – 293 sui migranti e 22 sugli operatori – hanno evidenziato 129 positività al coronavirus. “Il quadro è sotto controllo, sono certo che la situazione sarà gestita con la massima ragionevolezza”, ha commentato il sindaco di Casier, Renzo Carraretto. Dal primo cittadino di Treviso, Mario Conte, arrivano invece le critiche al governo: “Il nuovo focolaio all’interno della struttura genera un danno incalcolabile, anche in termini di immagine, al nostro territorio del quale lo Stato dovrà rendere conto“.
Lo screening al Centro di accoglienza è stato completato questa mattina: le persone risultate positive sono 129, tutti asintomatici, ma non è nota la ripartizione dei contagiati fra ospiti e personale di gestione della struttura. C’è il precedente del giugno scorso, quando era già stato segnalato un caso: il contagiato era un operatore in servizio alla cooperativa di gestione della struttura, ma gli ospiti erano stati costretti alla quarantena. Allora c’erano stati dei momenti di tensione, mentre oggi al momento non si registrano proteste o particolari manifestazioni di preoccupazione sia fra chi vive nella ex caserma sia fra la popolazione locale.
Tra gli ospiti dell’ex caserma prevale il rammarico: in molti, per via della quarantena, non possono andare a lavorare. Lo testimonia la storia di Patrice Kouame, richiedente asilo 37enne della Costa d’Avorio: “Proprio oggi ero atteso per un colloquio di lavoro per un posto da operaio metalmeccanico in una grande azienda di elettrodomestici di Treviso”, ha raccontato. Il 25 giugno scorso aveva sostenuto la prova orale dell’esame di maturità all’istituto professionale ‘Giorgio Fermi’. La prova era stato svolta da remoto, sempre per gli effetti della precedente individuazione di un caso di positività all’interno della struttura, ed aveva avuto come esito la promozione ed il conseguimento del diploma.
Kouame era fuggito nel 2012 dalla guerra nel suo Paese, per riparare dapprima in Mali quindi in Algeria, dove ha lavorato come muratore, e infine in Libia. Da qui, trattato da schiavo fino al 2017, aveva tentato la fuga via mare ed era stato salvato da un naufragio nel Mediterraneo per raggiungere infine l’Italia. “Purtroppo questa mattina ho dovuto avvertire l’agenzia per l’impiego che non sarei potuto recarmi all’appuntamento a causa del risultato del nuovo screening. Per il momento nessuno di noi è stato ancora informato sull’esito del proprio test e siamo ancora qui – ha concluso Kouame – ad aspettare che ci dicano come comportarci“.
Il sindaco di Casier ha spiegato: “Stiamo risalendo a tutti i possibili contatti con cittadini non residenti nella ex caserma avvenuti negli ultimi giorni”. “Penso che il nostro caso – ha aggiunto Carraretto – sarà solo il primo di scenari simili che prevedo si verificheranno in altri centri di accoglienza”. Più duro il commento del suo collega Conte di Treviso: “Con questa batosta ci ritroviamo a terra, dopo che il governo non ha mai ascoltato la nostra richiesta di chiudere la caserma – ha affermato il sindaco – stiamo ancora aspettando che il ministro dell’Interno Lamorgese venga a vedere con i suoi occhi la situazione”.