I dati del secondo trimestre segnano la dimensione della crisi causata dalla pandemia. Catalogna, Andalusia e Madrid le regioni più colpite. Le isole, poi, vengono penalizzate anche dalle decisioni dei Paesi Ue che sconsigliano viaggi in Spagna o in alcune regioni. E mentre il governo pensa di estendere la cassa integrazione a tutto il 2020, i sindacati chiedono l'assunzione di personale per il tracciamento dei contagi e sicurezza nei posti di lavoro
“Chiediamo una riforma per eliminare le pessime condizioni di lavoro che hanno portato alla diffusione del contagio. Mi riferisco in particolare alle aziende agricole e alle case di riposo, dove si è registrato un record di infezioni”. Lola Santillana, segretaria del settore Lavoro di Comisiones Obreras, il più importante sindacato spagnolo, racconta a ilfattoquotidiano.it la grande crisi che ha travolto la Spagna, con la dissoluzione di oltre un milione di posti di lavoro (1.074.000 riporta l’Istituto di Statistica) andati distrutti nel secondo trimestre dell’anno a causa degli effetti della pandemia. Che, peraltro, nel Paese continua ad avanzare, specialmente al Nord. Il tasso di disoccupazione è salito al 15,3%, con un aumento di quasi un punto rispetto allo scorso marzo. Uno su cinque dei posti di lavoro persi nel Paese è in Catalogna, la regione più colpita, che ne conteggia 223.700 in meno, mentre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 12,78%. Dopo la regione autonoma i crolli maggiori sono stati in Andalusia (-198.100) e Comunità di Madrid (-184.400). E mentre il governo prende in considerazione d’estensione della cassa integrazione a tutto il 2020, le richieste dei sindacati si spingono oltre alla luce dei dati sulla crisi innescata dal Covid-19.
Dati su cui pesano tutte le difficoltà della stagione turistica, centrale nell’economia nazionale, e fiaccata oltre che dalla pandemia dalle decisioni di alcuni Paesi – Regno Unito, Francia, Belgio e Norvegia – che hanno messo in guardia i loro cittadini dai viaggi non essenziali in Spagna o in alcune sue regioni per il rischio contagio, imponendo anche la quarantena al ritorno. Solitamente, infatti, nel secondo trimestre dell’anno il numero dei posti di lavoro aumenta in vista dell’estate, ma il 2020 ha segnato l’inversione di marcia, con una flessione di 285.600. La peggiore contrazione dal 2013 a oggi. Particolarmente colpito il terziario con 922.200 posti di lavoro in meno, mentre nell’industria sono 122.300 gli impieghi andati distrutti. L’edilizia ha perso 107.300 lavoratori, il settore agricolo 45.900.
L’eccezione del trimestre la segnano le Baleari, con 9.200 lavoratori in più. I conti saranno da fare a fine stagione, visto che l’80% dei turisti nelle isole spagnole viene dall’estero, ma per José Luiz Garcia Vidal, segretario di Comisiones Obreras per le Baleari, l’aumento dell’occupazione “non è un dato poi così positivo se confrontato ai numeri del 2019. Osservandoli constatiamo che ci sono 66mila posti di lavoro in meno”. La preoccupazione è aumentata dopo la decisione del Regno Unito di imporre la quarantena ai cittadini di ritorno dalla Spagna, isole incluse. “I turisti inglesi per noi rappresentano il secondo mercato turistico dopo quello tedesco. Le previsioni per il mese di agosto erano buone, le attività stavano riprendendo piano piano i loro ritmi. Certo – ammette -, con numeri nettamente inferiori rispetto agli anni scorsi, però i turisti si stavano comunque rimettendo in movimento. Una decisione del genere ha disincentivato tutti i turisti”.
Uno scenario complessivo sul quale Mari Carmen Barrera Chamorro, segretaria delle Politiche sociali, Occupazione e Previdenza sociale dell’Unione Generale dei Lavoratori, chiede un intervento deciso del governo per “uscire dalla crisi il più rapidamente possibile”. “La pandemia ha causato una paralisi del lavoro che non avevamo mai visto – osserva -. È chiaro che il nostro modello produttivo oggi sia superato: dobbiamo farlo evolvere in uno più solido, che ci permetta di ricreare i posti di lavoro andati distrutti in questi mesi. Stiamo vedendo quello che succede a fare così tanto affidamento su un settore come quello turistico, sul quale non possiamo avere nessun controllo diretto”. Un settore dove decine di migliaia di persone hanno perso il lavoro: per loro, dice, bisogna pensare a un “piano di formazione, affinché possano trovare impiego in altri settori”.
Al di là delle prospettive di lungo periodo, che richiederanno negoziati tra la politica e i sindacati, Santillana insiste sul contenimento dei contagi. Bisogna “assumere a tempo indeterminato nel settore pubblico di professionisti che traccino gli spostamenti e i contatti dei pazienti risultati positivi al coronavirus. La cosa più urgente adesso è fermare la pandemia quanto prima. Se non la si fa scomparire continueremo ad avere settori sempre più colpiti e la situazione non potrà certo migliorare”. Un nodo centrale anche per la direttrice di Epidemiologia dell’ospedale catalano Vall d’Hebron, Magda Campins, che aveva lanciato l’allarme sulla carenza di personale dedicato al tracciamento. Una carenza che rischia di peggiorare la curva epidemiologica del Paese, aggravando anche la crisi economica.