Dai “Neri per Caso” alla Serie A. Da un impolverato campetto di provincia ad un tempio del calcio come San Siro. La scalata verso le stelle del 18enne Musa Juwara è stata rapidissima, anche se era iniziata quasi per caso. A Ruoti, il piccolo borgo in provincia di Potenza in cui il gioiellino gambiano è arrivato nel 2016 – ospite di un centro di accoglienza – dopo aver attraversato il Mediterraneo a bordo della nave tedesca “Fgs Frankfurt” ed essere sbarcato a Messina il 10 giugno dello stesso anno. La scintilla è scatta durante un torneo di calcetto amatoriale. Per Musa, aggregato ad una rappresentativa composta esclusivamente da migranti e denominata “Neri per Caso“, non è stato difficile stregare tutti.

“Un pomeriggio li incontrammo ed io ed i miei amici, incuriositi, ci avvicinammo per conoscerli. Nel momento in cui ci ha detto che giocava a calcio, lo invitammo a giocare con noi. Successivamente al torneo estivo di paese, lui giocò in una squadra composta da tutti i migranti. E lì notammo che a calcio sapeva giocare per davvero”, ricorda Diego Nardiello, uno dei ragazzi con cui ha legato maggiormente. Insieme ad altri amici è stato lui, dopo averne notato il potenziale, ad avere l’intuizione di invitarlo ad unirsi alla Virtus Avigliano, la squadra giovanile di un paese limitrofo gestita per anni da un decano del calcio lucano come Franco Bochicchio: “Così, siccome io ed altri miei amici di Ruoti giocavamo ad Avigliano, lo proponemmo a mister Summa“, racconta ancora Nardiello.

Nella città famosa per aver dato i natali ad Emanuele Gianturco, il passaggio di Musa è stato breve, ma intenso: tesserato e aggregato agli Allievi regionali under 17, l’attaccante di Tujereng ha indossato la maglia granata della Virtus solamente per sette mesi, ma tanto è bastato per far parlar di sé. In neanche metà campionato era già riuscito a segnare la bellezza di quasi trenta reti, attirando inevitabilmente le attenzioni delle big del nostro calcio.

Per il suo cartellino, addirittura, si è scatenato un derby d’Italia di mercato tra Inter e Juventus, come spiega Bartolomeo Filadelfia, uno degli storici allenatori della Virtus: “In quel periodo sulle tribune del Comunale c’erano osservatori provenienti da tutta Italia, ma le uniche due società a farci una proposta reale per acquisire il giocatore furono Juventus ed Inter. Quando ci chiamarono i bianconeri, però, noi avevamo già mandato il ragazzo a fare un provino con i nerazzurri. Allora, per tirarci fuori dall’imbarazzo, ci inventammo una scusa con la Juve: per non irritare una società blasonata come quella piemontese, preferimmo dire che Musa era infortunato, in modo da fargli fare un provino in un secondo momento”.

Alla fine, però, non se n’è più fatto nulla. Ma non per colpa di Musa: “Il ragazzo impressionò tutti, in entrambi i provini, ma Inter e Juventus preferirono prendere tempo. Credo che ora si stiano mangiando le mani“, aggiunge Filadelfia senza nascondere una punta di sarcasmo. In ogni caso, però, il destino di Juwara era già scritto. Il trasferimento non poteva più essere rimandato. E non solo per motivi calcistici “Per lui era arrivato il momento di fare il salto di qualità per tentare di accedere al professionismo. Inoltre, dopo il trasferimento di Musa da Ruoti in un’altra struttura di accoglienza a Potenza, temevano che il ragazzo potesse perdersi e quindi accelerammo le operazioni”.

A tessere le file delle trattative, a questo punto, subentra Giambattista Pastorello. È proprio l’ex presidente dell’Hellas, grazie all’intermediazione di un collaboratore, a celebrare il matrimonio tra il bomber gambiano e il Chievo Verona: “Alla fine è andata bene così, perché i clivensi hanno saputo valorizzare Musa nel migliore dei modi”, confessa un soddisfatto Filadelfia. Quando tutto sembra avviato per il verso giusto, però, sorge un intoppo di natura legale. A mettersi di traverso stavolta è una vecchia norma della Figc, quella che vietava i trasferimenti di minori extracomunitari non accompagnati, ma anche questo ostacolo viene scavalcato.

In questa vicenda la figura chiave è l’avvocatessa Loredana Bruno, moglie di Vitantonio Summa, il primo allenatore di Musa alla Virtus ed ex bandiera dell’Avigliano Calcio. È lei, coadiuvata dall’avvocato vicentino Vittorio Rigo, a chiedere ed ottenere l’affidamento del ragazzo, impugnando la sentenza della Figc, con tanto di ricorso d’urgenza presentato presso il Tribunale di Potenza. Risolte le controversie legali, la carriera di Musa Juwara prende il volo.

Il 19enne gambiano, inserito nel 2018 dal Guardian nella lista dei 50 migliori giocatori nati nel 2001, brucia letteralmente le tappe: con la primavera del Chievo Verona segna 13 reti spalmate su due campionati, prima di incantare tutti al Torneo di Viareggio 2019 (3 gol in 3 altrettante gare), tesserato temporaneamente dal Torino. Ma il bello deve ancora venire. Il 25 maggio, in un malinconico Chievo-Frosinone di fine stagione, arriva pure il tanto desiderato esordio in Serie A. Sono solo pochi minuti, quelli che gioca Musa subentrando a Manuel Pucciarelli, ma bastano per mandare in visibilio le due comunità lucane dove è sbocciato calcisticamente.

La stessa cosa successa qualche settimana fa, dopo il primo gol di Juwara in Serie A – nel frattempo passato al Bologna – realizzato a San Siro contro l’Inter. Il punto esclamativo su una bella storia che fa gonfiare orgogliosamente il petto anche a Vito Summa, primo cittadino di Avigliano: “L’intera nostra comunità è eccitata per questo evento. Il nostro paese, in passato terra di migranti, ha dimostrato ancora una volta di essere esempio di accoglienza e integrazione“. Lo sa bene anche Musa, che quando può torna in Basilicata. Se lo farà in un futuro, però, dovrà essere pronto a griffare qualche autografo in più. Perché come ripetono gli aviglianesi: “Ormai qui è una star. È il nostro Cristiano Ronaldo“.

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