Con un calo del Pil del 18,5% solo negli ultimi tre mesi, la Spagna registra il calo maggiore dalla guerra civile e si attesta come peggiore economia nell’Eurozona. A pesare sul crollo del prodotto interno lordo è stata l’epidemia di coronavirus che nel Paese ha ripreso vigore costringendo il governo a nuove chiusure. Questo calo si aggiunge alla diminuzione del 5,2% dell’attività da gennaio a marzo e implica che durante la prima metà dell’anno le restrizioni imposte per cercare di contenere i contagi hanno volatilizzato quasi un quarto del Pil: la Spagna ha smesso di produrre per un valore di circa 300.000 milioni di euro.

Il confronto con i dati degli altri Paesi dell’Unione conferma che la Spagna, assieme all’Italia (-17,3%), è stata quella a fare maggiormente le spese del lockdown, anche a causa del fatto che la struttura dell’economia nazionale è stata molto sensibile alle restrizioni imposte da Covid-19. Basta considerare il peso che hanno il turismo e altri servizi basati sull’interazione umana sul Pil, cosa che ha fatto cadere l’economia spagnola in una situazione molto più vulnerabile in questo momento di crisi. Tra gli Stati membri per i quali sono disponibili i dati del secondo trimestre 2020, dopo la Spagna seguono Portogallo (-14,1%) e Francia (-13,8%). La Lituania (-5,1%) ha registrato invece il calo minore.

Tutto questo si inserisce in un contesto che vede il segno meno per tutta l’Eurozona: nel secondo trimestre del 2020, ancora caratterizzato da misure di contenimento legate a Covid-19 nella maggior parte degli Stati membri, il Pil destagionalizzato è sceso del 12,1% nell’area euro e dell’11,9% nell’Ue nel suo insieme, rispetto al trimestre precedente, secondo la stima flash pubblicata da Eurostat. Un nuovo calo record: non si registravano perdite così consistenti infatti dall’inizio delle serie storiche nel 1995. Nel primo trimestre 2020, il Pil era sceso del 3,6% nell’eurozona e del 3,2% nell’Ue-27 . Rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, il Pil destagionalizzato è sceso del 15% nell’area euro e del 14,4% nell’Ue nel secondo trimestre 2020.

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