Respinta la ricusazione il Csm probabilmente dovrà affrontare un nuovo affondo per lasciare fuori dal processo disciplinare a carico di Luca Palamara Piercamillo Davigo. Il dottor Sottile di Mani pulite, fondatore di Autonomia e Indipendenza corrente di destra delle toghe, compie 70 anni in ottobre e dovrà come tutti i magistrati andare in pensione. Secondo Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe, questo dovrebbe comportare la sua decadenza dalla carica di consigliere del Consiglio superiore della magistratura e da giudice disciplinare contro il pm di Roma, protagonista dell’inchiesta giudiziaria di Perugia che ha svelato le manovre per influire sulle nomine degli uffici giudiziari. Magistratura democratica, che al Csm è una delle componenti del gruppo di Area, su questo tema si prepara a dare battaglia. Ma come riporta Repubblica Davigo sarebbe in botte di ferro perché l’articolo 104 della Costituzione recita: “I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili”.

Ad affrontare il caso Davigo, in un articolo su Questione Giustizia, è stato il direttore della rivista, Nello Rossi, che è stato componente del Csm e autorevole esponente dell’Associazione nazionale magistrati. E a scrivere in maniera netta, che se Palazzo dei marescialli, dopo il pensionamento di Davigo, gli desse la possibilità di portare a termine il giudizio disciplinare a carico di Luca Palamara, “destinato a concludersi dopo il suo pensionamento”, sarebbe una decisione “sbagliata e incomprensibile” . Una scelta che si porrebbe “in netto contrasto con la legalità e la funzionalità dell’organo e con le esigenze di rappresentatività e di legittimazione che devono caratterizzare l’attività del Consiglio Superiore e in particolare modo della Sezione disciplinare”.

In base alla legge elettorale del Csm “chi è eletto al Consiglio da tutti magistrati in servizio deve essere a sua volta un magistrato in servizio“, spiega Rossi. E la cessazione dello status di magistrato produce “l’automatica decadenza dalla carica di consigliere superiore”. Si tratta di norme e principi che hanno anche una ragione pratica, perché diversamente si verrebbe a determinare una situazione “anomala”. “Un ex magistrato non è più soggetto alla giurisdizione disciplinare”, che può essere esercitata “esclusivamente nei confronti dei magistrati in servizio”: sarebbe dunque “libero dai fondamentali doveri propri del magistrato ed esente da ogni possibile sanzione disciplinare per la loro violazione” e nello stesso tempo come giudice disciplinare “sarebbe chiamato a giudicare magistrati in servizio o fuori ruolo e gli stessi componenti togati del Consiglio ancora sottoposti alla giurisdizione disciplinare“.

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