Una grande montagna bianca, paragonabile alla celebre Scala dei turchi che affascina i turisti a pochi chilometri di distanza, ma dannosa per l’ambiente. Quella che sorge tra San Cataldo e Serradifalco, a valle della miniera Bosco, non è candidata a divenire Patrimonio dell’umanità Unesco, ma potrebbe essere assurta, al contrario, a simbolo di sfruttamento e poi abbandono delle terre siciliane un tempo motori dell’impero minerario. 4 milioni di metri cubi di scarti di sali potassici che a ogni pioggia rilasciano sale nei torrenti circostanti (Stincone e Platani), dove i pesci sono ormai un miraggio, potrebbero finalmente sparire dopo 30 anni dalla chiusura della miniera grazie ai privati che potrebbero trarre vantaggio da quell’ammasso tossico.
A interessarsi degli scarti inquinanti sono adesso diverse aziende, tra cui una che si è offerta di fare delle analisi per valutarne i possibili utilizzi e al momento è in attesa del nullaosta dai tribunali. I problemi di questa area però non si limitano alla grande montagna di sale: a valle della miniera, interi capannoni sono crollati creando una distesa grigia di amianto, che inquina l’aria dei paesi limitrofi (Serradifalco e San Cataldo). Anche su questi oggi la Regione lavora con l’inserimento dell’area e delle altre miniere dismesse in Sicilia, nel piano energetico regionale con l’obiettivo di far diventare dei parchi fotovoltaici quei terreni non sfruttabili per altri scopi.
La decisione arriva però dopo 30 anni di inquinamento e mancate bonifiche in una miniera per cui oggi sono a processo 3 funzionari regionali, anche se l’esito del provvedimento sembra però già destinato alla prescrizione, con la prima udienza avvenuta addirittura dopo 6 anni dal rinvio a giudizio per disastro ambientale. A cercare di salvare il salvabile ci pensano quindi i privati che in quella grande montagna bianca hanno visto un investimento, chiedendo alla Regione di poter cominciare le analisi: “Ci siamo attivati per smaltire questa montagna – ha spiegato il dirigente del dipartimento regionale dell’Energia Salvatore D’Urso – innanzitutto classificando di cosa si tratta, se rifiuti o materiale che può essere utilizzato per diversi scopi. Successivamente, in caso di risultati positivi sull’utilizzo, l’azienda interessata si occuperà delle analisi a costo zero”.
Negli anni il dipartimento aveva già provato ad agire per vie pubbliche per effettuare le analisi, ricevendo il diniego dell’Arpa: alla fine il compito spetterà a un privato che, fiutato l’affare, si è presentato per poter mettere fine a un inquinamento che va dalla serrata dalla miniera in seguito alla messa al bando della kainite. Dopo lo sfruttamento eseguito per decenni, in cui un intero bosco è stato sventrato per lasciare spazio all’industria mineraria, nessuno si è occupato della bonifica di un luogo che adesso appartiene alla Regione e per cui sono alla sbarra tre funzionari regionali in quanto “non hanno mai operato la bonifica del sito”. Ad aspettare alla porta sono i cittadini dei paesi che fanno i conti con i tumori: in queste zone sono nate delle associazioni che vogliono combattere questo mostro, come la “No Serradifalko” costituitasi, con l’avvocato Salvatore Sollami, parte civile al processo per il danno ambientale “a nome di tutti coloro che hanno perso la vita in questi anni, in cui i dati di tumore ai polmoni continuano a salire” – come conferma il suo presidente Marcello Palermo.