Novanta minuti che valgono una stagione intera. La prossima. Ora che lo scudetto è stato cucito per la nona volta consecutiva sulla maglia bianconera e che i biglietti per l’Europa sono stati già staccati, l’unico verdetto che deve essere ancora emesso è quello che fa più paura. Perché stasera Genoa e Lecce conosceranno il proprio futuro. Una resterà a sgomitare nelle retrovie della prossima Serie A. L’altra verrà risucchiata nelle sabbie mobili della cadetteria. Una partita unica che si giocherà su due campi diversi. Al Luigi Ferraris il Grifone (che ha un punto di vantaggio sui pugliesi e che in caso di arrivo a pari punti otterrà comunque la salvezza) ospita il Verona di Ivan Juric, uno che il Genoa l’ha vissuto prima con la maglia rossoblù e poi nei panni di allenatore.
Tre esperienze in panchina fra il 2016 e il 2018, tre fallimenti. E adesso che ha trovato la redenzione alla guida dell’Hellas, sarà proprio lui a decidere le sorti del Grifone. Un finale da b-movie, uno scherzo che non fa sorridere nessuno. A poco più di mille chilometri a sud-est, il Lecce ospita al Via del Mare un Parma in assetto balneare (o almeno così sperano i giallorossi). E ha solo un risultato a disposizione: vincere e sperare che il Genoa non faccia altrettanto. Uno scenario che sembrava impossibile solo due settimane fa, quando i rossoblù avevano battuto 2-1 i giallorossi in uno scontro diretto che sembrava aver messo fine alla questione salvezza. Solo che poi il Grifone ha staccato la spina. Tre gol incassati dall’Inter, cinque dal Sassuolo. Senza riuscire a segnarne neanche uno. Così adesso il sogno del Genoa rischia di trasformarsi in un incubo. Ancora una volta. Esattamente come 12 mesi fa.
A novanta minuti dal fischio finale della scorsa stagione, infatti, il Grifone si era ritrovato a fare a sportellate con Empoli, Udinese e Fiorentina per evitare di sprofondare. Una situazione grottesca per una squadra che dopo 10 giornate era undicesima in classifica con 8 punti di vantaggio sulla terzultima. Il declino, però, era iniziato a fine settembre, quando Preziosi aveva deciso di esonerare Davide Ballardini, l’allenatore che in 7 giornate aveva messo insieme 12 punti (1,7 a partita, una media da Europa League). “Non ho convinto il presidente? – aveva detto Ballardini in un dopo partita – Io penso di essere un bell’uomo, magari lui è invidioso di questo. Devo avere delle idee e tradurle in settimana. Per il resto non so”. Preziosi non aveva riso alla battuta e aveva deciso di esonerare il suo allenatore. Ma solo dopo aver detto che Ballardini era “scarso” e “non sapeva mettere in campo la squadra”.
Così al suo posto era arrivato proprio Juric. In 7 giornate il tecnico aveva raggranellato appena 3 punti (con una media di 0,42 a match, esattamente quella del Chievo ultimo in classifica). Bisognava trovare una soluzione. Come? Cambiando, ovviamente. Così era arrivato Prandelli, che aveva preso il posto di Juric, che era subentrato a Ballardini. L’ex ct della Nazionale aveva portato a termine la missione salvezza con una media di 0,95 punti a match. Poco più della metà di quanto raccolto da Ballardini. Il vero cortocircuito della stagione, però, era scattato a gennaio, con il calciomercato invernale. Con Piatek ceduto al Milan, il Genoa aveva deciso di puntare su Antonio Sanabria. Professione: attaccante. Segni particolari: 31 gol segnati in 6 stagioni, solo una volta in doppia cifra (tre anni prima con lo Sporting Gijón, 11 reti all’attivo). Un rinforzino che non era riuscito a bilanciare la partenza del polacco. E infatti dopo 3 gol in 4 partite si era inceppato. E particolarmente stravagante era sembrato l’acquisto per 16,5 milioni di Stefano Sturaro, zero presenze in sei mesi allo Sporting Lisbona e una montagna di problemi fisici alle spalle), oltre agli arrivi di Lerager, Radovanovic e Pezzella. Un’annata horror diventata il compendio degli errori da evitare, delle scelte da non ripetere in futuro.
Questa, infatti, doveva essere la stagione del “progetto”, dall’addio al player trading compulsivo, dell’allenatore che arrivava per restare. E invece si è rivelata l’ennesima annata in cui il Genoa di Preziosi ha fatto il Genoa di Preziosi. Progetto tecnico cervellotico, bulimia di nuovi acquisti, allenatori defenestrati. In estate la squadra viene affidata ad Aurelio Andreazzoli, uno che non era riuscito a salvare l’Empoli ma che aveva predicato un calcio propositivo (anche se non qualitativamente ai livelli di Sarri e Gianpaolo). Il calciomercato porta in rossoblù (fra i tanti) AndreaPinamonti, uno dei giovani più promettenti in circolazione, Riccardo Saponara e Lasse Schöne, reduce dalla cavalcata in Champions League con l’Ajax. Scelte oculate che trasformano il Genoa in una squadra più che interessante. Andreazzoli disegna un 3-5-2 con Lerager incontrista e Schöne e Radovanovic a cucire il gioco, mentre in avanti il tandem offensivo è composto da Kouame – Pinamonti. Anche l’avvio di campionato è positivo.
ll’esordio il Grifone pareggia 3-3 in casa della Roma, mostrando una fase difensiva traballante ma una buona incisività dalla cintola in su. Nella seconda giornata arriva il successo casalingo (2-1 grazie alle reti di Kouame e Zapata) su una Fiorentina ancora frastornata dall’arrivo di Rocco Commisso e dalla vicenda Chiesa. Sembra l’inizio di una stagione a tinte brillanti, invece il rossoblù comincia a infeltrirsi quasi subito. La terza giornata è un flipper. L’Atalanta passa in vantaggio grazie a un rigore di Muriel, Criscito pareggia al 91’ (sempre su rigore), poi al 95’ ecco il gol vittoria di Zapata. Duvan, però. La Dea vince 1-2 e qualcosa nel Genoa va in frantumi. Fra la sesta e l’ottava perde sempre, incassando 4 gol dalla Lazio e 5 dal Parma. È troppo. Preziosi licenzia Andreazzoli e chiama in panchina Thiago Motta.
L’idea di calcio dell’ex centrocampista è chiara: “Sono per una filosofia offensiva, d’attacco. Una squadra corta, che imponga il gioco, pressi alta, sappia muoversi insieme, con e senza palla, affinché ogni giocatore abbia sempre tre o quattro soluzioni e un paio di compagni vicino pronti ad aiutarlo”. Il problema, però, è un altro. L’ex centrocampista non ha mai allenato a grandi livelli e deve ricomporre una squadra andata in frantumi. Il suo arrivo è salutato dall’ironia per una frase rilasciata in un’intervista alla Gazzetta. “Per me la squadra si può leggere anche partendo dalla fascia destra arrivando alla sinistra: che ne dice se giochiamo con il 2-7-2?”. Parole che vengono prima tagliate e poi derise. Motta fa fluttuare la squadra fra il 4-3-3, il 4-2-3-1, il 4-1-4-1, il 3-5-2 e il 3-4-2-1. Ma i pezzi del puzzle non vanno a posto. In 9 partite guadagna appena 6 punti. Una miseria. Il Genoa è ultimo in classifica. Così si cambia ancora.
Addio Motta, benvenuto Davide Nicola. Il nuovo allenatore ripristina il 3-5-2, che da luglio viene alternato al 4-4-2. Ma sono i calciatori a tradire le aspettative. A novembre, dopo aver segnato 5 gol e servito 3 assist, Kouame si rompe il crociato. Pinamonti si è rivelato molto meno letale del previsto (5 reti, 1 assist e appena 15 occasioni create). Schöne è la copia sbiadita del giocatore visto all’Ajax. A gennaio il mercato è di nuovo protagonista. Kouame viene venduto, da rotto, alla Fiorentina. Per rinforzare un attacco anemico arrivano Iago Falqué (2 reti in 10 presenze) e Mattia Destro (il suo ultimo gol in A risale al maggio del 2019) e mentre la situazione comincia a essere drammatica, ecco che arriva anche un cambio in porta: via Radu, prototipo del portiere moderno e designato erede di Handanovic all’Inter, ed ecco Mattia Perin, estremo difensore vecchio stile che alla Juventus aveva giocato appena 9 partite in due anni. Una rivoluzione formato mini che non ha portato i risultati sperati. Perché per non affogare il Genoa si è dovuto aggrappare a Pandev, 37 anni e 9 reti segnate in stagione. Un po’ poco per guardare con fiducia al futuro prossimo. Stasera il Genoa può solo vincere. Perché mai come quest’anno la possibilità di retrocedere è concreta.
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Genoa, un film già visto: oggi come un anno fa, a 90 minuti dall’incubo. Preziosi sbagliando non impara, ma vincendo si salva di nuovo
Al Ferraris contro il Verone dell'ex Juric ci si gioca anno e storia. Esattamente come nello scorso campionato, quando il Grifone si salvò in extremis al termine di una stagione costellata da esoneri e decine di giocatori cambiati. Come nel campionato in corso
Novanta minuti che valgono una stagione intera. La prossima. Ora che lo scudetto è stato cucito per la nona volta consecutiva sulla maglia bianconera e che i biglietti per l’Europa sono stati già staccati, l’unico verdetto che deve essere ancora emesso è quello che fa più paura. Perché stasera Genoa e Lecce conosceranno il proprio futuro. Una resterà a sgomitare nelle retrovie della prossima Serie A. L’altra verrà risucchiata nelle sabbie mobili della cadetteria. Una partita unica che si giocherà su due campi diversi. Al Luigi Ferraris il Grifone (che ha un punto di vantaggio sui pugliesi e che in caso di arrivo a pari punti otterrà comunque la salvezza) ospita il Verona di Ivan Juric, uno che il Genoa l’ha vissuto prima con la maglia rossoblù e poi nei panni di allenatore.
Tre esperienze in panchina fra il 2016 e il 2018, tre fallimenti. E adesso che ha trovato la redenzione alla guida dell’Hellas, sarà proprio lui a decidere le sorti del Grifone. Un finale da b-movie, uno scherzo che non fa sorridere nessuno. A poco più di mille chilometri a sud-est, il Lecce ospita al Via del Mare un Parma in assetto balneare (o almeno così sperano i giallorossi). E ha solo un risultato a disposizione: vincere e sperare che il Genoa non faccia altrettanto. Uno scenario che sembrava impossibile solo due settimane fa, quando i rossoblù avevano battuto 2-1 i giallorossi in uno scontro diretto che sembrava aver messo fine alla questione salvezza. Solo che poi il Grifone ha staccato la spina. Tre gol incassati dall’Inter, cinque dal Sassuolo. Senza riuscire a segnarne neanche uno. Così adesso il sogno del Genoa rischia di trasformarsi in un incubo. Ancora una volta. Esattamente come 12 mesi fa.
A novanta minuti dal fischio finale della scorsa stagione, infatti, il Grifone si era ritrovato a fare a sportellate con Empoli, Udinese e Fiorentina per evitare di sprofondare. Una situazione grottesca per una squadra che dopo 10 giornate era undicesima in classifica con 8 punti di vantaggio sulla terzultima. Il declino, però, era iniziato a fine settembre, quando Preziosi aveva deciso di esonerare Davide Ballardini, l’allenatore che in 7 giornate aveva messo insieme 12 punti (1,7 a partita, una media da Europa League). “Non ho convinto il presidente? – aveva detto Ballardini in un dopo partita – Io penso di essere un bell’uomo, magari lui è invidioso di questo. Devo avere delle idee e tradurle in settimana. Per il resto non so”. Preziosi non aveva riso alla battuta e aveva deciso di esonerare il suo allenatore. Ma solo dopo aver detto che Ballardini era “scarso” e “non sapeva mettere in campo la squadra”.
Così al suo posto era arrivato proprio Juric. In 7 giornate il tecnico aveva raggranellato appena 3 punti (con una media di 0,42 a match, esattamente quella del Chievo ultimo in classifica). Bisognava trovare una soluzione. Come? Cambiando, ovviamente. Così era arrivato Prandelli, che aveva preso il posto di Juric, che era subentrato a Ballardini. L’ex ct della Nazionale aveva portato a termine la missione salvezza con una media di 0,95 punti a match. Poco più della metà di quanto raccolto da Ballardini. Il vero cortocircuito della stagione, però, era scattato a gennaio, con il calciomercato invernale. Con Piatek ceduto al Milan, il Genoa aveva deciso di puntare su Antonio Sanabria. Professione: attaccante. Segni particolari: 31 gol segnati in 6 stagioni, solo una volta in doppia cifra (tre anni prima con lo Sporting Gijón, 11 reti all’attivo). Un rinforzino che non era riuscito a bilanciare la partenza del polacco. E infatti dopo 3 gol in 4 partite si era inceppato. E particolarmente stravagante era sembrato l’acquisto per 16,5 milioni di Stefano Sturaro, zero presenze in sei mesi allo Sporting Lisbona e una montagna di problemi fisici alle spalle), oltre agli arrivi di Lerager, Radovanovic e Pezzella. Un’annata horror diventata il compendio degli errori da evitare, delle scelte da non ripetere in futuro.
Questa, infatti, doveva essere la stagione del “progetto”, dall’addio al player trading compulsivo, dell’allenatore che arrivava per restare. E invece si è rivelata l’ennesima annata in cui il Genoa di Preziosi ha fatto il Genoa di Preziosi. Progetto tecnico cervellotico, bulimia di nuovi acquisti, allenatori defenestrati. In estate la squadra viene affidata ad Aurelio Andreazzoli, uno che non era riuscito a salvare l’Empoli ma che aveva predicato un calcio propositivo (anche se non qualitativamente ai livelli di Sarri e Gianpaolo). Il calciomercato porta in rossoblù (fra i tanti) AndreaPinamonti, uno dei giovani più promettenti in circolazione, Riccardo Saponara e Lasse Schöne, reduce dalla cavalcata in Champions League con l’Ajax. Scelte oculate che trasformano il Genoa in una squadra più che interessante. Andreazzoli disegna un 3-5-2 con Lerager incontrista e Schöne e Radovanovic a cucire il gioco, mentre in avanti il tandem offensivo è composto da Kouame – Pinamonti. Anche l’avvio di campionato è positivo.
ll’esordio il Grifone pareggia 3-3 in casa della Roma, mostrando una fase difensiva traballante ma una buona incisività dalla cintola in su. Nella seconda giornata arriva il successo casalingo (2-1 grazie alle reti di Kouame e Zapata) su una Fiorentina ancora frastornata dall’arrivo di Rocco Commisso e dalla vicenda Chiesa. Sembra l’inizio di una stagione a tinte brillanti, invece il rossoblù comincia a infeltrirsi quasi subito. La terza giornata è un flipper. L’Atalanta passa in vantaggio grazie a un rigore di Muriel, Criscito pareggia al 91’ (sempre su rigore), poi al 95’ ecco il gol vittoria di Zapata. Duvan, però. La Dea vince 1-2 e qualcosa nel Genoa va in frantumi. Fra la sesta e l’ottava perde sempre, incassando 4 gol dalla Lazio e 5 dal Parma. È troppo. Preziosi licenzia Andreazzoli e chiama in panchina Thiago Motta.
L’idea di calcio dell’ex centrocampista è chiara: “Sono per una filosofia offensiva, d’attacco. Una squadra corta, che imponga il gioco, pressi alta, sappia muoversi insieme, con e senza palla, affinché ogni giocatore abbia sempre tre o quattro soluzioni e un paio di compagni vicino pronti ad aiutarlo”. Il problema, però, è un altro. L’ex centrocampista non ha mai allenato a grandi livelli e deve ricomporre una squadra andata in frantumi. Il suo arrivo è salutato dall’ironia per una frase rilasciata in un’intervista alla Gazzetta. “Per me la squadra si può leggere anche partendo dalla fascia destra arrivando alla sinistra: che ne dice se giochiamo con il 2-7-2?”. Parole che vengono prima tagliate e poi derise. Motta fa fluttuare la squadra fra il 4-3-3, il 4-2-3-1, il 4-1-4-1, il 3-5-2 e il 3-4-2-1. Ma i pezzi del puzzle non vanno a posto. In 9 partite guadagna appena 6 punti. Una miseria. Il Genoa è ultimo in classifica. Così si cambia ancora.
Addio Motta, benvenuto Davide Nicola. Il nuovo allenatore ripristina il 3-5-2, che da luglio viene alternato al 4-4-2. Ma sono i calciatori a tradire le aspettative. A novembre, dopo aver segnato 5 gol e servito 3 assist, Kouame si rompe il crociato. Pinamonti si è rivelato molto meno letale del previsto (5 reti, 1 assist e appena 15 occasioni create). Schöne è la copia sbiadita del giocatore visto all’Ajax. A gennaio il mercato è di nuovo protagonista. Kouame viene venduto, da rotto, alla Fiorentina. Per rinforzare un attacco anemico arrivano Iago Falqué (2 reti in 10 presenze) e Mattia Destro (il suo ultimo gol in A risale al maggio del 2019) e mentre la situazione comincia a essere drammatica, ecco che arriva anche un cambio in porta: via Radu, prototipo del portiere moderno e designato erede di Handanovic all’Inter, ed ecco Mattia Perin, estremo difensore vecchio stile che alla Juventus aveva giocato appena 9 partite in due anni. Una rivoluzione formato mini che non ha portato i risultati sperati. Perché per non affogare il Genoa si è dovuto aggrappare a Pandev, 37 anni e 9 reti segnate in stagione. Un po’ poco per guardare con fiducia al futuro prossimo. Stasera il Genoa può solo vincere. Perché mai come quest’anno la possibilità di retrocedere è concreta.
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Palermo, 24 dic. (Adnkronos) - "In queste ore che precedono il Santo Natale e l’arrivo del nuovo anno, è consuetudine riflettere sui dodici mesi appena trascorsi. Il Natale è il periodo dei bilanci, delle riflessioni e talvolta della malinconia e dei nodi alla gola. È il momento di guardare indietro con gratitudine per i piccoli traguardi raggiunti e di proiettarci verso il futuro con speranza e determinazione. Con il suo messaggio universale di pace, rinnovamento e comunità, ci invita a considerare il nostro ruolo nelle Istituzioni al servizio della Sicilia e dei suoi cittadini. È occasione per valorizzare anche i risultati ottenuti, pur nella consapevolezza che tanto resta ancora da fare". Inizia così il messaggio di auguri del Presidente dell?Ars Gaetano Gavagno. "Quest’anno, l’Assemblea Regionale Siciliana ha affrontato sfide significative, e grazie all’impegno comune ha raggiunto risultati concreti. Bisogna però migliorare e si lavorerà per questo- dice Galvagno -Desidero rivolgermi a tutti i Siciliani: a chi vive e lavora nella nostra splendida terra e a chi, pur lontano, conserva nel cuore il legame indissolubile con la propria isola".
"Il mio pensiero va anche, in modo particolare, a chi oggi si trova senza lavoro, a chi lotta ogni giorno per superare le difficoltà e a chi non perde mai la speranza - aggiunge - Siamo una Comunità ricca di cultura, tradizioni e risorse, e il nostro impegno deve essere quello di creare opportunità per tutti e soprattutto per le nuove generazioni affinché queste possano costruire il loro futuro qui, senza dover lasciare radici ed affetti per cercare altrove una vita migliore. Affettuosamente mi rivolgo anche a chi soffre, agli anziani, a chi vive nella solitudine o affronta momenti di difficoltà e incertezza. Il nostro compito, come Istituzioni, ribadisco, è quello di non lasciare indietro nessuno. Politiche orientate all’equità, alla solidarietà e all’inclusione sono fondamentali per garantire che ogni cittadino si senta parte di una collettività e possa contare su un sostegno concreto nelle sfide quotidiane".
E ancora: "Con questi sentimenti di speranza e rinnovato impegno, vi auguro un Natale sereno, da trascorrere accanto alle persone che vi sono più care, circondati dall’affetto che rende questo periodo così speciale. Non rimandiamo a domani ciò che possiamo fare oggi. Cerchiamo di godere, quindi, delle piccole cose che sono quelle che realmente arricchiscono la nostra vita. Che sia un momento di vera riflessione, gioia e serenità, capace di rafforzare i legami familiari e comunitari. Per l’anno nuovo, auguro un cammino ricco di opportunità e realizzazioni: che ogni giorno del 2025 porti nuove sfide, ma anche la forza per affrontarle con determinazione e coraggio. Con l’impegno quotidiano di ciascuno di noi potremo costruire una Sicilia più forte, più giusta e più prospera. Ogni contributo sarà un tassello fondamentale per la crescita collettiva, per superare le difficoltà e per cogliere le opportunità che ci attendono. Buon Natale e Felice Anno Nuovo!".
Roma, 24 dic (Adnkronos) - "Non esiste un’Italia - che già non voti Pd - disposta a mandare Landini a fare il ministro del Lavoro solo se a chiederglielo è qualcuno vestito meglio e che si auto-definisce 'centro'. E l’attuale maggioranza non ha nel Dna politico le riforme che servono davvero al Paese". Lo scrive Luigi Marattin sui social.
"Ecco perché serve un nuovo progetto politico, di stampo chiaramente liberale e riformatore, che già ha riunito migliaia di persone a fine novembre a Milano e che nascerà formalmente nel 2025. Con l’obiettivo di unire - e non più dividere - chi vuole rompere questo bipolarismo delle curve ultra", aggiunge il deputato e fondatore di Orizzonti liberali.
Roma, 24 dic (Adnkronos) - "La risposta di Meloni a Salvini smanioso post sentenza “ora occupati del ponte” e’ più o meno l’equivalente del “vai giocare con i Lego in camera tua e non dare fastidio” che si usa con i bambini capricciosi. Appropriata. Purtroppo il Lego costa 15 mld e lo paghiamo noi. Ma sono dettagli". Lo scrive Carlo Calenda sui social.
Roma, 24 dic (Adnkronos) - "E' la vigilia di Natale e voglio fare a tutti voi i miei auguri". Lo dice Giorgia Meloni in un video sui social. La premier ringrazia prima di tutto "chi non riuscirà a stare in queste ore con i propri cari", quindi le forze armate, le forze dell'ordine, medici e operatori sanitari e quei "lavoratori, del pubblico o del privato, che garantiscono servizi essenziali ai cittadini: grazie per tutto quello che fate e che farete anche in questi giorni di Natale".
La presidente del Consiglio rivolge poi un ringraziamento a "quanti, e sono tantissimi, che in questi giorni doneranno una parte di loro stessi per essere al fianco di chi ha più bisogno, di chi sta vivendo un momento di difficoltà, di chi è malato, di chi è solo. Voi siete uno dei volti più belli di questa nazione. Voglio ringraziarvi di cuore per quello che fate perchè come scriveva Flaubert il cuore è una ricchezza che non si vende e non si compra mai si regala", aggiunge la premier.
Roma, 24 dic (Adnkronos) - Auguri via social di Giorgia Meloni, con un video in cui la premier si rivolge agli italiani con albero di Natale e presepe sullo sfondo. "Auguri a tutti, che questo tempo possa essere occasione di serenità, speranza e gioia per guardare al futuro con maggiore fiducia e ottimismo -dice tra l'altro Meloni-. Ricarichiamo le batterie, ci attende un 2025 altrettanto impegnativo per costruire un'Italia forte, ambiziosa, capace di guardare lontano e puntare sempre più in alto".
Mosca, 24 dic. (Adnkronos) - La nave mercantile russa Ursa Major è affondata in acque internazionali, tra Águilas (Murcia) e Orano (Algeria), dopo un'esplosione avvenuta nella sua sala macchine . Quattordici membri dell'equipaggio sono stati salvati e trasferiti al porto di Cartagena, mentre due membri dell'equipaggio risultano dispersi, ha dichiarato il ministero degli Esteri russo. Diverse navi che operavano nella stessa zona hanno partecipato ai lavori di salvataggio e successivamente si sono uniti gli specialisti del Soccorso Marittimo, la nave Clara Campoamor e la motovedetta della Marina Serviola.
La nave, battente bandiera russa, era partita da San Pietroburgo 12 giorni fa ed era diretta al porto di Vladivostok, dove sarebbe dovuta arrivare il 22 gennaio. L'Ursa Major è una nave mercantile di 15 anni, costruita nel 2009.
Roma, 24 dic (Adnkronos) - "Sto ai fatti. Salvini parla benissimo di Piantedosi, che fu con lui al Viminale, Tajani altrettanto, la Meloni ha detto: non si tocca". Lo dice Maurizio Gasparri al Corriere della sera sul cambio al Viminale.
"Non è logico togliere dal suo posto un ministro che sta facendo benissimo lì dove sta. È apprezzato da tutti, nella maggioranza e non solo, e in questi ultimi due anni al governo ogni ministro sta svolgendo il suo lavoro al meglio, Salvini da vicepremier e ministro delle Infrastrutture -spiega il presidente dei senatori di FI-. Sarà magari un discorso che faranno tra leader, ma non vedo motivi per cambiare, anche perché mi sembra che la premier ci tenga a non fare rimpasti o a mettere mano alla compagine ministeriale".