Pubblichiamo un estratto del libro Dossier Bologna, edito da Paper First, di Antonella Beccaria
Pubblichiamo un estratto del libro Dossier Bologna, edito da Paper First, di Antonella Beccaria. Il capitolo dedicato a tutte le vittime della bomba esplosa alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980
Infine ci sono le ottantacinque persone che persero la vita il 2 agosto 1980. Ricostruirne la biografia è un lavoro lento che passa attraverso la documentazione raccolta dall’associazione che riunisce i familiari delle vittime e i sopravvissuti. La prima volta che affrontai questo impegno fu per un testo uscito nell’estate del 2013 per «I siciliani giovani». L’occasione era il trentatreesimo anniversario della strage di Bologna e l’umanità che emergeva dal loro vissuto non meritava di essere soffocata dalla contabilità del terrorismo, pur utile a comprendere la portata di un fenomeno criminale pervasivo. E quell’umanità, spezzata il 2 agosto 1980, è imprescindibile dal racconto dell’eccidio alla stazione.
Antonella Ceci aveva diciannove anni e un fidanzato, Leo Luca Marino. Il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna era insieme a lui e alle sue sorelle, appena arrivate da Altofonte, provincia di Palermo. Antonella e Leo Luca erano andati a prenderle per trascorrere un periodo di vacanza a Ravenna, ospiti della ragazza, che avrebbe dovuto iniziare a lavorare allo zuccherificio di Classe. Qui, infatti, dopo un diploma di maturità chimico-tecnica, Antonella aveva presentato due volte domanda di assunzione e la seconda ce l’aveva fatta. Leo Luca, invece, di anni ne aveva ventiquattro e dal 1975 viveva a Ravenna con la sorella maggiore, Giuseppina, che si era trasferita qui dopo il matrimonio. La loro famiglia era numerosa, otto figli, e il giovane aveva iniziato a lavorare presto come muratore con i fratelli Giovanni e Salvatore. Quel 2 agosto 1980, il giovane voleva presentare ad Antonella le future cognate, Angela, ventitré anni, per tutti Angelina, impiegata nello studio di un dentista, e Domenica, ventisei, Mimma, domestica a ore.
Quando la notizia dell’esplosione giunse ad Altofonte, Salvatore Marino partì subito per Bologna insieme al cognato. Per prima fu ritrovata la carta d’identità di Mimma e poi dalle macerie riemersero i corpi degli altri tre giovani. Maria, la madre di Leo Luca, fu colta da un malore e il padre disse che il diavolo l’aveva preso. Trascorse i successivi vent’anni entrando e uscendo dai reparti psichiatrici degli ospedali. Antonella Ceci e i fratelli Marino non furono però l’unica famiglia spazzata via. Accadde anche a Errica Frigerio, cinquantasette anni, a suo marito, Vito Diomede Fresa, sessantadue, e al figlio quattordicenne, Cesare Francesco. In attesa di un treno per le vacanze, il ragazzino si era seduto nella sala d’aspetto a leggere un fumetto con la madre, insegnante di Lettere all’Istituto per geometri Pitagora di Bari, e al padre, direttore dell’Istituto di Patologia generale. Si salvò solo la sorella di Cesare Francesco, Alessandra, studentessa universitaria.