Lo scorso 3 luglio, in pieno giorno, Ali Al Haq ha deciso di uscire di casa per andare ad Hamra street, nel cuore commerciale di Beirut ovest. Arrivato vicino a un vaso, si è fermato e ha appoggiato un documento sul terriccio al suo interno. Poi ha tirato fuori una una pistola e si è sparato un colpo in testa.
Il documento era la prova della sua fedina penale pulita, appena rilasciata dalle autorità, alla quale Al Haq, in calce, aveva aggiunto con un pennarello rosso: “Non sono un eretico”. Un’autocertificazione, quasi una giustificazione: per un musulmano come Ali il suicidio è peccato, in qualunque circostanza. Ma “non sono un eretico” – in arabo ana mish kafir – è anche il verso di una famosa canzone del cantante libanese Ziad Rahbani, che poi prosegue con “…è la fame ad essere un’eresia”. Ali Al Haq è morto per disperazione e per fame, la sua e quella di una famiglia che non riusciva più a mantenere.
Secondo un recente report di Save the Children, solo nell’area della Greater Beirut – 2,2 milioni di abitanti – le persone che non hanno cibo a sufficienza sono circa 910mila, la metà dei quali bambini, che rischiano di morire di inedia nel corso dell’anno. La scorsa settimana a Tripoli, Walid al Manna, un bimbo di 2 anni, è spirato a causa di una polmonite, dopo che tutti gli ospedali della città hanno dovuto declinare – per mancanza di posti letto e risorse – la richiesta di ricovero da parte dei suoi genitori, che lo vedevano cianotico da giorni.
Il Libano è in coma profondo, forse irreversibile, dopo esser precipitato in una crisi economica senza precedenti. La classe media libanese, fino a pochi anni fa rinomata per standard di vita equiparabili a quelli dei loro omologhi europei, è praticamente scomparsa, polverizzatasi insieme ai propri risparmi bancari denominati in lira libanese (spesso i mutui da pagare sono in dollari), che negli ultimi 8 mesi ha perso l’80% del suo valore. Dallo scorso ottobre si è passati da un tasso di cambio di 1500 per un dollaro – mantenuto artificialmente dalla Banca centrale – a 8000 sul mercato nero. La polizia locale ha riferito Der Spiegel della diffusione di un nuovo tipo di rapine: quelle in farmacia, perché anche i pannolini e il latte in polvere hanno raggiunto cifre esorbitanti. I dati della polizia parlano anche di un aumento del 50% dei furti d’auto nei primi mesi del 2020 rispetto all’anno precedente, e del 20% per quel che riguarda le rapine.
Maher, che ha un forno nel quartiere di Dawra, si è quasi rassegnato all’idea di chiudere: “come faccio? Due mesi fa un chilo di pollo mi costava 12mila lire, oggi costa 58mila. Non possiamo più andare avanti”. Non è forse un caso che le autorità lo scorso 20 luglio abbiano sequestrato nella regione del Metn un totale di 40 tonnellate di pollo scaduto tra il 2016 e il 2017. La carne rossa è diventata a tutti gli effetti un bene di lusso, addirittura eliminata dal rancio delle Forze armate. Sui siti internet di commercio solidale i libanesi scambiano gioielli e vestiti con passeggini, biberon, culle per bambini.
Il Libano ha un’economia dollarizzata ma i libanesi non hanno più accesso ai dollari da ormai duecento giorni, da quando cioè sono stati dapprima disposti limiti al loro prelievo e poi vietati del tutto, sullo sfondo di un default tecnico dichiarato dal governo ad inizio marzo, per via del mancato pagamento di un Eurobond da 1,2 miliardi di euro. Lo stesso esecutivo guidato dal premier Hassan Diab ha stimato le perdite in circa 70 miliardi di dollari, in un paese che ha uno dei debiti pubblici più alti al mondo. In valuta “forte” il Libano importa quasi tutto, ed il prezzo dei beni alimentari è cresciuto di oltre due terzi. Decine di attività hanno dovuto chiudere, contribuendo a portare il tasso di disoccupazione al 33%, quello giovanile al 45%.
L’ultima, inquietante novità è il buio sulle strade: metà dei semafori di Beirut hanno smesso di funzionare, e lo stesso vale per gran parte dei lampioni, a causa di una faida (su chi debba essere destinatario degli introiti derivanti dai parchimetri) tra la municipalità della capitale e l’Autorità per la regolamentazione del traffico, che ha portato lo scorso maggio a non poter più rinnovare il contratto con l’azienda libanese-americana Duncan-Nead, che se ne occupava. A giugno sono stati 33 i morti in incidenti stradali, oltre il 120% in più rispetto ad aprile.
Dalla fine della guerra civile (1975-1990) il Libano ha fatto i conti con l’occupazione da parte di eserciti stranieri; con una ricostruzione post bellica schizofrenica e profondamente diseguale, se è vero che secondo le Nazioni Unite l’1% della popolazione detiene il 25% della ricchezza, e il 20% dei depositi bancari complessivi, nel 2017, era concentrato in circa 1600 conti correnti (circa lo 0,1% del totale dei conti), molti dei quali posseduti dai politici locali. Ha vissuto due guerre con Israele, gli anni degli attentati ed infine gli spillover della guerra in Siria (e la guerra tra i quartieri tripolini di Bab al tabbeneh e Jabal mohsen, un conflitto siriano in scala ridotta), con il conseguente afflusso di un numero incredibile di profughi siriani – 1,5 milioni, che si aggiungevano ai 500mila palestinesi, in un paese che ha 5 milioni di abitanti ed è esteso esattamente come l’Abruzzo -, la mancanza di una rete elettrica efficiente, con blackout programmati di circa 12 ore al giorno nel migliore dei casi, ed una rete internet che proprio ieri si è bloccata in tutto il centro di Beirut per il sovraccarico dei generatori privati alimentati a benzina.
Mai, però, si è arrivati a questo punto, per giunta con una pandemia in forte peggioramento – sono quasi 5000 i casi, che crescono a ritmo di 200 al giorno, con un nuovo lockdown parziale appena annunciato – ed un popolo che non ha nemmeno più la forza di scendere in piazza a protestare, come faceva qualche mese fa. Anche manifestare costa. E fa venire ancora più fame.
Mondo
Libano in crisi profonda: suicidi per fame e classe media polverizzata insieme ai suoi soldi. E il Covid avanza
Tutto è iniziato dal mancato pagamento di un Eurobond da 1,2 miliardi di euro. Da allora il Paese è precipitato in una crisi senza precedenti, con i libanesi che non hanno più accesso ai dollari da ormai duecento giorni. Debito pubblico e disoccupazione sono alle stelle. Pannolini e latte in polvere hanno raggiunto cifre esorbitanti, i morti in incidenti stradali aumentano perché non ci sono più soldi per semafori e lampioni. Una situazione mai vista
Lo scorso 3 luglio, in pieno giorno, Ali Al Haq ha deciso di uscire di casa per andare ad Hamra street, nel cuore commerciale di Beirut ovest. Arrivato vicino a un vaso, si è fermato e ha appoggiato un documento sul terriccio al suo interno. Poi ha tirato fuori una una pistola e si è sparato un colpo in testa.
Il documento era la prova della sua fedina penale pulita, appena rilasciata dalle autorità, alla quale Al Haq, in calce, aveva aggiunto con un pennarello rosso: “Non sono un eretico”. Un’autocertificazione, quasi una giustificazione: per un musulmano come Ali il suicidio è peccato, in qualunque circostanza. Ma “non sono un eretico” – in arabo ana mish kafir – è anche il verso di una famosa canzone del cantante libanese Ziad Rahbani, che poi prosegue con “…è la fame ad essere un’eresia”. Ali Al Haq è morto per disperazione e per fame, la sua e quella di una famiglia che non riusciva più a mantenere.
Secondo un recente report di Save the Children, solo nell’area della Greater Beirut – 2,2 milioni di abitanti – le persone che non hanno cibo a sufficienza sono circa 910mila, la metà dei quali bambini, che rischiano di morire di inedia nel corso dell’anno. La scorsa settimana a Tripoli, Walid al Manna, un bimbo di 2 anni, è spirato a causa di una polmonite, dopo che tutti gli ospedali della città hanno dovuto declinare – per mancanza di posti letto e risorse – la richiesta di ricovero da parte dei suoi genitori, che lo vedevano cianotico da giorni.
Il Libano è in coma profondo, forse irreversibile, dopo esser precipitato in una crisi economica senza precedenti. La classe media libanese, fino a pochi anni fa rinomata per standard di vita equiparabili a quelli dei loro omologhi europei, è praticamente scomparsa, polverizzatasi insieme ai propri risparmi bancari denominati in lira libanese (spesso i mutui da pagare sono in dollari), che negli ultimi 8 mesi ha perso l’80% del suo valore. Dallo scorso ottobre si è passati da un tasso di cambio di 1500 per un dollaro – mantenuto artificialmente dalla Banca centrale – a 8000 sul mercato nero. La polizia locale ha riferito Der Spiegel della diffusione di un nuovo tipo di rapine: quelle in farmacia, perché anche i pannolini e il latte in polvere hanno raggiunto cifre esorbitanti. I dati della polizia parlano anche di un aumento del 50% dei furti d’auto nei primi mesi del 2020 rispetto all’anno precedente, e del 20% per quel che riguarda le rapine.
Maher, che ha un forno nel quartiere di Dawra, si è quasi rassegnato all’idea di chiudere: “come faccio? Due mesi fa un chilo di pollo mi costava 12mila lire, oggi costa 58mila. Non possiamo più andare avanti”. Non è forse un caso che le autorità lo scorso 20 luglio abbiano sequestrato nella regione del Metn un totale di 40 tonnellate di pollo scaduto tra il 2016 e il 2017. La carne rossa è diventata a tutti gli effetti un bene di lusso, addirittura eliminata dal rancio delle Forze armate. Sui siti internet di commercio solidale i libanesi scambiano gioielli e vestiti con passeggini, biberon, culle per bambini.
Il Libano ha un’economia dollarizzata ma i libanesi non hanno più accesso ai dollari da ormai duecento giorni, da quando cioè sono stati dapprima disposti limiti al loro prelievo e poi vietati del tutto, sullo sfondo di un default tecnico dichiarato dal governo ad inizio marzo, per via del mancato pagamento di un Eurobond da 1,2 miliardi di euro. Lo stesso esecutivo guidato dal premier Hassan Diab ha stimato le perdite in circa 70 miliardi di dollari, in un paese che ha uno dei debiti pubblici più alti al mondo. In valuta “forte” il Libano importa quasi tutto, ed il prezzo dei beni alimentari è cresciuto di oltre due terzi. Decine di attività hanno dovuto chiudere, contribuendo a portare il tasso di disoccupazione al 33%, quello giovanile al 45%.
L’ultima, inquietante novità è il buio sulle strade: metà dei semafori di Beirut hanno smesso di funzionare, e lo stesso vale per gran parte dei lampioni, a causa di una faida (su chi debba essere destinatario degli introiti derivanti dai parchimetri) tra la municipalità della capitale e l’Autorità per la regolamentazione del traffico, che ha portato lo scorso maggio a non poter più rinnovare il contratto con l’azienda libanese-americana Duncan-Nead, che se ne occupava. A giugno sono stati 33 i morti in incidenti stradali, oltre il 120% in più rispetto ad aprile.
Dalla fine della guerra civile (1975-1990) il Libano ha fatto i conti con l’occupazione da parte di eserciti stranieri; con una ricostruzione post bellica schizofrenica e profondamente diseguale, se è vero che secondo le Nazioni Unite l’1% della popolazione detiene il 25% della ricchezza, e il 20% dei depositi bancari complessivi, nel 2017, era concentrato in circa 1600 conti correnti (circa lo 0,1% del totale dei conti), molti dei quali posseduti dai politici locali. Ha vissuto due guerre con Israele, gli anni degli attentati ed infine gli spillover della guerra in Siria (e la guerra tra i quartieri tripolini di Bab al tabbeneh e Jabal mohsen, un conflitto siriano in scala ridotta), con il conseguente afflusso di un numero incredibile di profughi siriani – 1,5 milioni, che si aggiungevano ai 500mila palestinesi, in un paese che ha 5 milioni di abitanti ed è esteso esattamente come l’Abruzzo -, la mancanza di una rete elettrica efficiente, con blackout programmati di circa 12 ore al giorno nel migliore dei casi, ed una rete internet che proprio ieri si è bloccata in tutto il centro di Beirut per il sovraccarico dei generatori privati alimentati a benzina.
Mai, però, si è arrivati a questo punto, per giunta con una pandemia in forte peggioramento – sono quasi 5000 i casi, che crescono a ritmo di 200 al giorno, con un nuovo lockdown parziale appena annunciato – ed un popolo che non ha nemmeno più la forza di scendere in piazza a protestare, come faceva qualche mese fa. Anche manifestare costa. E fa venire ancora più fame.
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Roma, 21 feb. - (Adnkronos) - Con il 'ritocco' al rialzo annunciato dal Mef diventa più appetibile il Btp Più, il nuovo titolo di Stato a 8 anni, il cui collocamento si è chiuso alle 13 con quasi 15 miliardi raccolti. Rispetto ai rendimenti originari (2,80% i primi 4 anni e 3,60% i successivi 4) l'aumento annunciato - rispettivamente a 2,85% e 3,70% - rappresenta un incremento complessivo di oltre l'8% sul fronte interessi. Infatti, investendo 10 mila euro, e considerando la trattenuta del 12,5% (inferiore a quella del 26% applicata sui dividendi azionari) in 8 anni il risparmiatore può incassare 2422 euro netti, a fronte dei 2240 euro previsti con i rendimenti 'iniziali'. Un dato che rappresenta un rendimento netto del 3,03% annuo: è questo il dato di riferimento per giudicare la redditività del titolo a fronte dell'inflazione (che inevitabilmente erode il valore delle somme investite). Se la Bce dovesse riuscire nell'intento di mantenere stabilmente la crescita dei prezzi sotto il 2%, allora chi ha investito nel Btp Più potrà dire di aver fatto un buon affare. Ma sull'inflazione, come insegna la storia recente, è difficile fare previsioni.
(Adnkronos) - La letteratura fantastica in Italia si prende sempre più spazio. Questo fine settimana si tiene a Roma la prima edizione di ‘Oblivion, fiera del libro, del fumetto e dell’irrazionale', dedicata alla letteratura di genere horror, fantasy, fantascienza e weird.
"È nato tutto da una pizza a San Lorenzo insieme a Claudio Kulesko, Paolo di Orazio ed Edoardo M. Rizzoli", spiega all’Adnkronos Emmanuele Pilia, alla direzione editoriale dell’evento. "Volevamo ribadire il valore artistico letterario del mondo della letteratura fantastica, che in Italia ha poche piattaforme in cui fare rete e in cui avere dignità, e così ci siamo ispirati a eventi come ‘Stranimondi’ e ‘Marginalia’ che si svolgono a Milano, per creare qualcosa di simile", dice.
Alla Città dell’Altra Economia, nel quartiere Testaccio di Roma, il 22 e il 23 febbraio, 45 case editrici indipendenti italiane propongono i propri libri e un programma ricco di incontri, che si terranno tra le 10 e le 20 di sabato e domenica. "Niente presentazioni classiche, ma piccole conferenze sui temi in cui siamo riusciti a coinvolgere tutti gli editori", spiega Pilia. E così dalla crisi climatica al femminismo, dall’intelligenza artificiale alle relazioni affettive sono tantissimi gli argomenti che verranno affrontati da autori ed editori attraverso la lente della letteratura di genere.
Nell'anno che si è appena concluso si è registrato un calo del numero generale di lettori, eppure il fantasy è in controtendenza: le vendite nel 2024 sono cresciute del 27,1% da gennaio a ottobre, superando il milione di libri venduti. Gli italiani hanno riscoperto un genere considerato a lungo di ‘serie b’? “I lettori e le lettrici italiani – spiega Pilia – hanno sempre letto tanta letteratura fantastica, ma prima era meno monitorata. Pensiamo alla collana di successo ‘Urania’, che esce in edicola e non è tracciata. Però negli ultimi anni c’è stata sicuramente una crescita dell’ecosistema editoriale: ci sono più editor, più traduttori, sono nate molte case editrici di genere che hanno portato un ‘know how’ che prima era appannaggio di accademici. È aumentata la qualità, ma anche il discorso attorno al genere, con un grande lavoro di riscoperta del fantasy italiano".
Non c’è una motivazione unica dietro alla cresciuta di interesse registrata negli ultimi anni: da un lato ci sono il successo di saghe letterarie e cinematografiche/televisive come ‘Harry Potter’, ‘Hunger Games’ o ‘Il trono di spade’, dall’altro c’è chi ritiene che il fantasy, con le sue metafore, sia uno strumento utile a interpretare il tempo presente. Emmanuele Pilia ci tiene a sottolineare l’aspetto più importante quando si devono avvicinare nuovi lettori: "Credo che l’idea moralistica che leggere sia utile e necessario abbia danneggiato la letteratura. Leggere è divertente, è bello, è fico. Si può paragonare a una partita di calcio o una cena fuori. Bisogna desacralizzare la lettura per darle valore e noi, con il nostro evento, abbiamo puntato tutto su questo concetto anche per avvicinare chi non ha ancora scoperto il fantastico".
La manifestazione, che beneficia del patrocinio del Comune di Roma, dell’Assessorato alla Cultura e del I Municipio, è completamente gratuito e non sarà solo un'occasione per i lettori, ma anche per chi sogna di lavorare nel campo. Nel corso della fiera infatti verrà assegnato il Premio di Racconti Brevi, "dedicato agli autori e alle autrici che vogliono esplorare i temi dell’horror, del fantasy, della fantascienza e del weird", si legge sul sito ufficiale, e che avranno così l'opportunità di sottoporre il proprio scritto a una giuria di editori esperti, presenti alla fiera. Sono previste anche diverse menzioni speciali, con relativi premi e targhe, per le opere che si distingueranno per originalità e stile. (di Corinna Spirito)
Roma, 21 feb. (Adnkronos Salute) - "La prima richiesta che facciamo al ministro della Salute Schillaci è quella di valutare e concludere la questione medico-legale istituendo una commissione super partes, che valuti prima di ogni iter, di ogni pratica, la questione, in modo tale che il numero delle denunce venga ridotto. Questo accade negli Stati Uniti, accade anche in Francia, quindi crediamo che debba essere applicato anche in Italia. Seconda cosa", serve "intervenire sulla questione delle nuove tecnologie, che ha un peso rilevantissimo anche sul fronte economico, quindi legiferare a livello centrale sulla congruità e sul numero, per esempio, dei robot e delle nuove tecnologie importanti e costose che vengono, diciamo, proposte. L'altra cosa è incentivare l'intelligenza artificiale. Tuttavia sappiamo che soltanto il 26% delle Asl in Italia ha investito in intelligenza artificiale". Così all'Adnkronos Salute il presidente del Collegio italiano dei chirurghi, Maurizio Brausi, in occasione del secondo congresso Cic, momento di confronto sul presente e il futuro della chirurgia, promosso oggi a Roma.
"La formazione per i giovani chirurghi è importantissima - continua Brausi - A questo proposito abbiamo ideato un questionario che è stato spedito a tutte le scuole di specialità. Abbiamo già raccolto più di 600 risposte sulla soddisfazione o meno che i nostri specializzandi hanno nelle varie scuole". Per far fronte alla carenza di professionisti, poi, "dobbiamo fare una programmazione diversa. Sappiamo che 3mila medici all'anno vanno in pensione e non vengono sostituiti - ricorda - e abbiamo anche un problema contingente degli specializzanti stessi: per diventare un chirurgo occorrono 11 anni, cosa che non aiuta". A questo si aggiunge "il problema dello stipendio che in Italia non è equiparato a quello europeo", e quello "delle denunce: ne arrivano circa 35mila-40mila all'anno per i chirurghi. Questo ovviamente è un fattore un po' negativo", che rende "più difficile la scelta della specialità". La prova lampante è sui "concorsi, soprattutto per l'ortopedia e anche per chirurgia generale: vanno deserti".
Altra cosa che interessa molto il Collegio, che rappresenta circa 47 società chirurgiche e 45 mila chirurghi italiani, è "l'uso delle nuove tecnologie e la loro sostenibilità per il sistema sanitario nazionale - conclude Brausi - Possiamo fare qualcosa per ridurre i costi, però occorre essere molto determinati e prendere decisioni sia a livello centrale che a livello regionale per razionalizzare, ad esempio, il numero di robot in Italia o il numero delle nuove tecnologie. L'intelligenza artificiale può ridurre nettamente il lavoro e dovrebbe essere applicata nelle varie Asl, vista l'applicazione incredibile che c'è nell'imaging, della radiologia, con la velocizzazione degli esami radiologici e diagnosi molto più sicure in accordo con le linee guida".
Roma, 21 feb. (Adnkronos/Labitalia) - Mary Modaffari, presidente nazionale della Confederazione nazionale esercenti (Cne), associazione sindacale datoriale italiana, iscritta al registro dei lobbisti del Parlamento Europeo, è stata l' unica italiana entrata a far parte del direttivo del Seri ( sindacato europeo dei rappresentanti di interessi ) e contestualmente nominata a responsabile della gestione dei rapporti istituzionali esteri del Seri.
"Il Seri, acronimo di Sindacato europeo rappresentanti interessi presso il Parlamento Europeo è un’organizzazione sindacale europea composta da presidenti di varie sigle sindacali datoriali di tutta Europa. Il Seri è stato istituito per rappresentare e tutelare i diritti e gli interessi dei professionisti che operano al Parlamento Europeo come rappresentanti di interessi e dunque portavoce delle esigenze delle imprese associate presso le rispettive associazioni datoriali dei vari Paesi Europei. L' obiettivo è quello di fornire un supporto qualificato a livello istituzionale, promuovendo la valorizzazione delle competenze e delle specificità del lavoro che ogni rappresentante svolge al Parlamento Europeo. Le finalità principali includono la difesa dei diritti delle imprese, pmi e start-up in ambito parlamentare, la promozione di politiche di equità e sostenibilità nel mondo del lavoro e il rafforzamento delle relazioni tra il settore istituzionale europeo e partner internazionali presso Paesi extra Ue", afferma Modaffari.
"La mia priorità -continua- è consolidare e ampliare le relazioni internazionali del Seri coinvolgendo in primo luogo soprattutto l' Italia , dando dunque voce alle varie associazioni sindacali datoriali italiane aderenti al Seri creando nuove opportunità di collaborazione istituzionale e professionale. L’obiettivo è rendere il Seri un associazione sindacale europea dei rappresentanti di interessi autorevole e riconosciuta non solo a livello europeo ma globale. La prima tappa del mio programma è organizzare con lo staff del dipartimento del Seri che mi è stato assegnato, incontri con rappresentanti di istituzioni straniere, anche tramite tavoli tematici, su argomenti che hanno come obiettivo la crescita delle imprese e pmi tenendo conto dei punti di vista dei colleghi rappresentanti di interessi degli altri stati europei", spiega ancora.
"I punti centrali da trattare sono: commercio internazionale (limiti e prospettive future), sostenibilità, crescita economica, innovazione e tutela dei diritti umani, transizione digitale e particolare attenzione sull' utilizzo dell'Ia. In sostanza, il nostro obiettivo è quella di fungere da ponte tra le istituzioni europee e le imprese degli stati membri , promuovendo uno scambio continuo e costruttivo su temi di particolare rilevanza sociale, economica e culturale. Altresì attraverso l’internazionalizzazione sarà possibile consolidare nuove partnership, rendendo il Sindacato europeo dei rappresentanti di interessi un organo "influente" nei processi decisionali che riguardano il mondo del lavoro e delle imprese", spiega ancora.
"Sono davvero onorata ed orgogliosa di questo importante incarico che mi è stato conferito e ringrazio la presidenza nazionale per la fiducia accordatami. Da anni lavoro nel mondo sindacale, ho svolto l' attività di politica sindacale con grande responsabilità ed impegno, e pertanto metterò a disposizione il mio bagaglio di esperienze. Sono certa che riusciremo a portare benefici concreti ai nostri iscritti nonché il nostro obiettivo finale è poter dare supporto con le nostre proposte alle istituzioni europee ed alle rispettive commissioni", conclude Mary Modaffari.
Roma, 21 feb. - (Adnkronos) - Si è chiuso alle 13, come annunciato, il collocamento del nuovo Btp Più che ha registrato nel quarto e ultimo giorno di raccolta 39.759 contratti per un controvalore di 1.096.376.000 euro. Il dato porta il totale del collocamento a oltre 14,9 milioni di euro. L'attenzione adesso è per il dato definitivo sul rendimento che, nelle speranze dei sottoscrittori, potrebbe portare a qualche ritocco al rialzo.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Le elezioni federali del 23 febbraio 2025 sono un momento cruciale non solo per la Germania ma per l’intero panorama politico europeo e internazionale. Per approfondire l'impatto di questo appuntamento elettorale, Adnkronos organizza una diretta speciale targata Eurofocus, direttamente dalla residenza di Hans-Dieter Lucas, l’ambasciatore tedesco a Roma.
Condotto dal direttore Davide Desario e dai vicedirettori Fabio Insenga e Giorgio Rutelli, con la partecipazione dei giornalisti Adnkronos Mara Montanari e Otto Lanzavecchia, lo speciale di domenica comincerà alle 17 e vedrà la partecipazione di molti ospiti italiani e tedeschi, con continui collegamenti anche da Berlino, Francoforte e Bruxelles.
Alle 18, con la chiusura dei seggi e la diffusione degli exit poll, è prevista l’analisi dei primi risultati. Alle 19 un panel di esperti si confronterà sugli scenari del post-voto: quali le coalizioni possibili, e quali i rapporti di forza tra i partiti. Tra le 20 e le 21, infine, il commento della Elefantenrunde, la “tavola rotonda degli elefanti”, confronto tra i leader politici in onda sulle tv tedesche. Un'occasione unica per leggere i risultati, le prospettive e le possibili conseguenze di queste elezioni sul futuro dell'Unione Europea, delle relazioni transatlantiche e degli equilibri globali.
Lo speciale sarà trasmesso sulla homepage e sul canale Youtube di Adnkronos, con 400 siti collegati tra testate nazionali e network locali online. Le notizie sulle elezioni saranno lanciate in tempo reale dall’agenzia, analisi e interviste pubblicate sul portale Eurofocus.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Le elezioni federali del 23 febbraio 2025 sono un momento cruciale non solo per la Germania ma per l’intero panorama politico europeo e internazionale. Per approfondire l'impatto di questo appuntamento elettorale, Adnkronos organizza una diretta speciale targata Eurofocus, direttamente dalla residenza di Hans-Dieter Lucas, l’ambasciatore tedesco a Roma.
Condotto dal direttore Davide Desario e dai vicedirettori Fabio Insenga e Giorgio Rutelli, con la partecipazione dei giornalisti Adnkronos Mara Montanari e Otto Lanzavecchia, lo speciale di domenica comincerà alle 17 e vedrà la partecipazione di molti ospiti italiani e tedeschi, con continui collegamenti anche da Berlino, Francoforte e Bruxelles.
Alle 18, con la chiusura dei seggi e la diffusione degli exit poll, è prevista l’analisi dei primi risultati. Alle 19 un panel di esperti si confronterà sugli scenari del post-voto: quali le coalizioni possibili, e quali i rapporti di forza tra i partiti. Tra le 20 e le 21, infine, il commento della Elefantenrunde, la “tavola rotonda degli elefanti”, confronto tra i leader politici in onda sulle tv tedesche. Un'occasione unica per leggere i risultati, le prospettive e le possibili conseguenze di queste elezioni sul futuro dell'Unione Europea, delle relazioni transatlantiche e degli equilibri globali.
Lo speciale sarà trasmesso sulla homepage e sul canale Youtube di Adnkronos, con 400 siti collegati tra testate nazionali e network locali online. Le notizie sulle elezioni saranno lanciate in tempo reale dall’agenzia, analisi e interviste pubblicate sul portale Eurofocus.