“Ho iniziato a correre come Forrest Gump per raccogliere più rapidamente rifiuti”. Per Roberto Cavallo la corsa è una lotta contro il tempo, non per abbattere i suoi record personali bensì il livello di CO2 nell’aria. Laureato in Agronomia all’Università di Torino nel 1994, divulgatore ambientale da solo e insieme – fra gli altri – a Luca Mercalli, Cavallo ha dedicato tutta la sua vita professionale (e da qualche anno buona parte di quella privata) ai rifiuti: a come riutilizzarli, a come diminuirli e a come raccoglierli in maniera originale. Per questo dal 2015 organizza ogni anno Keep Clean and Run (Kcr), principale evento italiano della più ampia campagna europea Let’s Clean Up Europe, cui associa dal 4 al 6 settembre “l’edizione pilota” del Campionato Mondiale di plogging, l’attività sportiva che prevede di correre, raccogliere, portarsi a casa e differenziare i “rifiuti leggeri”, che invece vengono buttati per strada o a terra senza rispettare l’ambiente.
Con tutti questi anglicismi siamo certi che il primo campionato mondiale di questa corsa ecologica sia proprio italiano?
“Di plogging day ne esistono tanti, noi abbiamo aggiunto la competizione. Durante il lockdown ho assistito ad almeno due fenomeni: sportivi in ‘crisi d’astinenza’ da gare, da un lato; fruizione di tante esperienze online, dall’altro. Così ho pensato di trasformare l’opera di sensibilizzazione su rifiuti e tematiche ambientali in una corsa con classifica, cui si può partecipare virtualmente – ma correndo e raccogliendo davvero – da ogni parte del mondo”.
In che modo?
“Abbiamo lavorato per un mese su un algoritmo che renda possibile vagliare tre elementi sulle 24 ore a disposizione di ogni partecipante: uno, distanza percorsa; due, dislivello; tre, rifiuti raccolti e calcolo del loro equivalente in CO2”.
Perché il dislivello?
“Perché questa è una competizione di trail running che, a differenza del running su asfalto, deve prevedere un percorso a diverse altitudini e per almeno l’80% su sterrato”.
E dove si arriva?
“Ognuno sceglie il percorso che vuole a seconda del luogo del mondo in cui si trova e può correre fino a 24 ore durante uno dei tre giorni di campionato. Alla fine della sua giornata, manda una schermata della app che ha usato durante la corsa, che avrà registrato tutti i dati “tecnici”, e una foto con il pettorale e tutti i rifiuti raccolti. A quel punto un computer analizzerà i diversi tipi di immondizia e calcolerà la CO2 equivalente: ogni grammo vale un punto”.
Quindi non è una gara di peso?
“I rifiuti hanno un impatto diverso: un grammo di carta corrisponde a 1,3 grammi di CO2, mentre uno di alluminio corrisponde a otto, ad esempio”.
Un’edizione pilota con tutti a distanza e in giro per il mondo. Non potrebbe essere la formula vincente anche per la prima edizione?
“Con la distanza c’è l’effettiva impossibilità di avere un dato certo sui rifiuti raccolti e sull’impatto effettivo. Invece, immaginiamo di portare (quando si potrà) un numero chiuso di atleti in una valle, magari alla fine di una stagione turistica: vorrebbe dire ripulire effettivamente quel luogo! Per quest’anno mi interessa soprattutto il feedback che riceverò da grandi atleti come Bruno Brunod e Franco Collé, che hanno già dato il supporto alla manifestazione”.
Certo, gli amministratori locali potrebbero non essere d’accordo: scegliere una località in quanto “sporca” potrebbe implicitamente dire che chi dovrebbe curarla non lo fa.
“Anche rispetto a Kcr i Comuni hanno reazioni diverse, da Nord a Sud: ci sono gli entusiasti che ci cercano e quelli a cui scriviamo che non rispondono. Credo che sia uno dei tanti aspetti del paradosso per cui in Italia convivono eccellenze come Treviso – la provincia più virtuosa in termini di differenziata e riciclo, “copiata” in Europa e in altre parti del mondo – e abissi come la Calabria, in questo momento in piena crisi, con migliaia di tonnellate di rifiuti a terra. Oppure il secondo comparto siderurgico europeo da rottame d’acciaio – le scatolette di tonno, per intenderci – a fianco del disastroso esempio dell’Ilva, seconda industria siderurgica europea con conseguenze su ambiente e salute tristemente note”.
Chi ci salverà?
“Sono convinto che le scienze umane non siano state ancora esplorate abbastanza per comprendere la leva giusta per muovere tutti gli italiani. Certamente c’è, se per l’emergenza Covid stiamo ricevendo complimenti da tutto il mondo, non ultimi quelli della Merkel. Sicuramente l’Europa è un buon posto in cui essere, visto che è passata davanti agli altri continenti nell’impegno che profonde a livello ambientale. Non è facile rispettare i parametri di Parigi, ma io sono un inguaribile ottimista”.
Peraltro Cavallo non corre solo.
“Mediamente, a ogni edizione di Kcr mi hanno accompagnato tra le 30 e le 150 persone, quindi dalla prima edizione a oggi almeno 500 persone hanno corso, pedalato, vogato con me, raccogliendo rifiuti. Soprattutto, però, oltre 10mila ragazzi delle scuole mi hanno accolto nei loro paesi e hanno pulito un pezzo del loro territorio”.
La cosa più strana che ha raccolto?
“Parti di auto, componenti di computer, la forcella di una bici della seconda guerra mondiale. C’è un rifiuto però che porto sempre con me fin dal 2015: la confezione verde militare dell’Esercito Italiano con la scritta “Gr. 100 di biscotto cracker sottovuoto – data di fabbricazione: luglio 1974. Industria Biscotti e affini “Chich” s.a.s. Zenson di Piave (Tv)”. È un imballaggio in alluminio e plastica, praticamente ancora integro, senza cracker ovviamente. Fa sempre un certo effetto ai ragazzi, visto che quel materiale ha spesso più anni dei loro genitori”.
(foto di Stefano Jeantet)