“La politica è l’alternativa alla guerra”. Pensiero e parole di John Hume, storico leader del Partito Social Democratico e Laburista (Sdlp) dell’Irlanda del Nord e vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 1998, morto stamattina nella sua casa di Derry. Aveva 83 anni ed era malato da tempo. Per tutta la sua carriera politica Hume ha cercato di rappresentare un punto di incontro tra le due anime settarie che per trent’anni hanno insanguinato le sei contee dell’Ulster sotto il controllo britannico. A lui si deve la vera svolta del processo di pace, già all’inizio degli anni ’80, quando favorì la prima sessione di accordi tra Regno Unito e Irlanda sulla cosiddetta ‘Questione nordirlandese’. Fino ad allora scontri, stragi e repressioni avevano caratterizzato un escalation di violenze senza controllo e la totale assenza di dialogo tra i nazionalisti cattolici e Londra.
Fino alla metà degli anni ’80 lo Sinn Fein, il partito cattolico in Irlanda del Nord, e il suo braccio armato, l’Ira (Irish republican army, trasformato poi in Provisional Ira e successivamente agli Accordi di Pace del ‘98 smembrato in altre formazioni minori), hanno mantenuto una linea comune di intransigenza nei confronti di Westminster. Difficile avviare un dialogo quando la controparte avallava, se non addirittura appoggiava, i gruppi paramilitari lealisti, potendo contare anche sull’esercito di Sua Maestà e sulla polizia nordirlandese (Ruc, Royal Ulster Constabulary, smantellata nel 2001 e sostituita dalla Psni).
In questo pantano sociale è emersa la figura di John Hume, abile e capace a portare i leader dello Sinn Fein, Martin McGuinnes e Gerry Adams, dalla sua parte. Tra il 1985 e il 1993, la fase decisiva e propedeutica agli Accordi di Pasqua del 10 aprile 1998, voluti a tutti i costi dall’allora primo inquilino di 10 Downing Street, Tony Blair, è cambiata la storia di un conflitto drammatico e assurdo al tempo stesso. In questo lasso di tempo John Hume ha costruito il suo capolavoro politico e lo ha fatto da Derry/Londonderry, oltre a Belfast l’epicentro delle violenze di stampo ed origine religiosi.
Hume è nato e vissuto nel Bogside, l’area della città divisa in due dal fiume Foyle diventata tristemente nota per la brutale repressione da parte del Reggimento Paracadutisti (membri del Sas, i paramilitari delle forze speciali britanniche attivi in diversi scenari mondiali) il 30 gennaio del 1972: giornata passata alla storia come Bloody Sunday, la domenica di sangue. In quegli anni a cavallo tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70 del secolo corso, il mondo assistette allo scivolamento della protesta pacifica alla violenza degli scontri strada per strada.
È di pochi giorni fa la morte di Paddy Coyle, all’epoca 12enne, immortalato da una foto-simbolo (l’autore, Clive Limpkin, è scomparso a fine maggio) con la maschera anti-gas e una molotov in mano. Quello scatto è diventato un murales che da oltre trent’anni campeggia sulla facciata di un palazzo di Rossville street, nel cuore del Bogside. La parte finale del capolavoro John Hume è arrivata con la stretta di mano a David Trimble, ex leader del Uup, il partito unionista dell’Ulster, e Primo Ministro dell’Irlanda del Nord che ha sancito l’Accordo sulla fine del conflitto in Irlanda del Nord e ha garantito loro il Nobel. Da allora la pace ha regnato sulla parte settentrionale dell’isola irlandese, ma le tensioni non si sono mai sopite.
A distanza di mezzo secolo ci sono processi giudiziari su episodi sanguinosi ancora irrisolti che presto potrebbero emettere sentenze importanti e in grado di riaccendere la miccia o, si spera, tirare una linea per cancellare mezzo secolo d’odio. Tra questi un pezzo dell’inchiesta della Bloody Sunday a Derry, quando 15 innocenti furono assassinati, oltre alla strage del pub McGurk’s, a Belfast, datato 4 dicembre 1971 con altre 14 vittime innocenti. La morte di John Hume ha suscitato tantissimi commenti e reazioni nel Regno Unito e in Irlanda. Non tutti però lo piangono, a partire dalle fazioni più oltranziste dei movimenti su ambo i fronti politico-ideologici e militari.