Il campionato è finito, il prossimo è praticamente già cominciato. È uno degli effetti collaterali del coronavirus e della sua gestione da parte dei padroni del pallone: la FederCalcio ha fatto di tutto per far ripartire e concludere una stagione che non aveva più senso, se non quello di incassare i soldi dei diritti tv e mandare avanti il “sistema”. L’obiettivo è stato raggiunto, il presidente Gabriele Gravina ne rivendica giustamente il merito, ma adesso si accorge che così rischia di “saltare” anche la prossima stagione. La Serie A ripartirà ufficialmente il 19 settembre, con l’ombra del Covid, dei playoff e delle porte chiuse. I campionati minori sono ancora più in difficoltà.
IL PIANO (RESPINTO) DI GRAVINA PER I PLAYOFF E I DIRITTI TV – Inizialmente la Serie A avrebbe voluto ripartire prima, già il 12 settembre: visto che i tempi saranno comunque troppo ristretti per fare un vero ritiro, visto che c’è la finestra delle nazionali a inizio mese, inutile aspettare. Questo piano però nelle ultime settimane ha incontrato delle resistenze. A farsene portavoce, un po’ a sorpresa, è stato proprio il numero 1 della Figc Gravina: “Mi sembra poco percorribile, non è un problema di una settimana ma di mettere insieme gli impegni”. Lo stesso presidente che non vedeva l’ora di giocare il vecchio campionato ora vorrebbe rinviare il nuovo.
Non è una questione di date, ma di visione. Una ripartenza tarda, diciamo da ottobre in poi, si sarebbe legata a un più ampio progetto di riforma del campionato: con gli Europei all’orizzonte e la necessità di chiudere a maggio, l’unica soluzione sarebbero stati i famosi playoff, vecchio pallino che il presidente federale aveva già provato a imporre durante il lockdown e su cui è nato un asse col patron del Napoli, Aurelio De Laurentiis. La conferma l’ha data proprio il diretto interessato: “Con la Figc stiamo provando a percorrere la strada dei playoff e dei playout per spezzare la continuità penalizzante degli ultimi 9 anni”. De Laurentiis pensa alla Juventus, che sarebbe senz’altro più facile da battere in gara secca, Gravina a un campionato più appetibile, anche e soprattutto per i diritti tv. La Serie A non ne ha mai voluto sapere e anche stavolta ha rispedito la proposta al mittente: nessuna forzatura, il consiglio federale approverà la ripartenza per il 19. L’ultima giornata è il 23 maggio, margini di manovra minimi: al primo imprevisto, il progetto tornerà d’attualità.
STADI, IL GOVERNO ANCORA NON RIAPRE LE PORTE – Ossessionato da diritti tv e interessi vari, il calcio italiano non è ancora riuscito a risolvere i suoi veri problemi in vista della prossima stagione. Il principale è quello degli stadi chiusi. In realtà, almeno su questo non si può dire che non ci abbia provato. La Lega Calcio ha preparato un lungo dossier che punta a una capienza del 30-40% del totale per far tornare gli spettatori negli impianti. Il ministro Spadafora, mai tenero col calcio, insiste sulla sua linea “prima pensiamo alle cose più importanti, poi al pallone”.
E anche il comitato tecnico-scientifico, nonostante tante altre attività siano riprese a pieno regime, fin qui resta molto rigido sulle riaperture sportive, come dimostra il ‘no’ appena rifilato alla FederTennis per gli Internazionali del Foro Italico (in calendario a settembre). Per il sistema è un danno enorme, anche se non tutti i presidenti sembrano davvero preoccupati: qualcuno punta a non pagare l’affitto degli impianti anche nella prossima stagione, del fatto che così le partite siano quasi inguardabili si interessano meno.
I DILETTANTI DIMENTICATI – Se la Serie A già corre verso la prossima stagione, tra mille incognite, i campionati minori se la passano peggio. I playoff di Serie B si concluderanno solo il 20 agosto e la terza promossa avrà appena un mese per prepararsi al salto di categoria. In Serie C la mancanza di spettatori e le regole troppo rigide previste dal protocollo attuale rischiano di essere un ostacolo insormontabile. I Dilettanti, invece, sono stati semplicemente dimenticati: ad oggi sono fermi al protocollo federale dello scorso 5 giugno, che consente la ripresa degli allenamenti ma non l’organizzazione di campionati. “Ci sono 12mila società e un milione di calciatori e calciatrici che attendono di sapere se alla fine dell’estate si riprenderà a giocare e in che modo”, ha dichiarato il numero 1 della Lnd. Alcune Regioni, come il Friuli, hanno emanato ordinanze per autorizzare anche l’attività non professionistica, ma non basta. Serve un protocollo sanitario unico e servono delle regole che necessariamente non potranno essere quelle per la ricca Serie A, dove tra tamponi e sanificazioni una gara costa decine di migliaia di euro. La Figc in effetti si è già attivata per provare a cambiarle: così i club di Serie A spendono troppo. È quello il problema.