Stazione di Bologna, 2 agosto 1980. Sono passati quarant’anni dalla strage di Bologna, la più grave della storia repubblicana: 85 morti e 200 feriti. Sono passati quarant’anni, ma quella orribile vicenda resta ancora avvolta da una fitta nebulosa. È evidente il gap, determinato da decenni di depistaggi, tra verità completa e verità processuale. Sono diverse le domande rimaste senza risposta. Chi ha ordinato e finanziato quella carneficina? Qual era lo scopo di tanta barbarie? Chi ha inquinato le indagini e per quale motivo lo ha fatto?

La magistratura sta ancora tentando di scoprire quei tasselli che mancano, di svelare i rapporti tra il terrorismo neofascista, la P2 e i servizi segreti. Ma non sarà semplice, perché è passato troppo tempo e perché le tante false ricostruzioni non possono non aver irrimediabilmente compromesso le chance di comprendere appieno quello che è accaduto. “I depistaggi sono una costante delle stragi italiane, da piazza Fontana in poi”, ha scritto Gianni Barbacetto su Il Fatto Quotidiano.

Ad architettarli, sulla strage di Bologna, è la loggia di Licio Gelli che in quegli anni riesce a infiltrarsi nelle Forze armate, nei servizi di sicurezza, nella pubblica amministrazione, nella magistratura, nella politica, nell’economia, nell’editoria.

Per fortuna, il desiderio di scavare a fondo sull’attentato di Bologna è ancora vivo anche nella società civile e nel mondo accademico. Lo testimoniano due interessanti volumi appena arrivati in libreria: il primo è 2 agosto 1980. La strage di Bologna. Scienza e coscienza di un massacro di Imma Giuliani (Armando, 2020), il secondo è Storia di una bomba. Bologna, 2 agosto 1980: la strage, i processi, la memoria di Cinzia Venturoli (Castelvecchi, 2020).

Mi auguro che questo stesso interesse venga coltivato dai sindacati militari, che certo potranno dare uno stimolo prezioso alla ricerca della verità sui tanti misteri italiani. Non si può più attendere: dobbiamo ricomporre la frammentata memoria collettiva del Paese e fare finalmente i conti con le pagine più opache e dolorose della nostra storia. Spero che le nuove organizzazioni sindacali si impegnino anche a contrastare i comportamenti devianti e a rendere meno disponibili a spregiudicate operazioni di potere coloro che hanno giurato fedeltà allo Stato e alla Costituzione.

Ebbene, la strage di Bologna si è realizzata nell’inesplorabile territorio del “segreto”. I gruppi terroristici erano naturalmente associazioni segrete. La loggia massonica P2 era una setta segreta. E infine c’erano i servizi segreti deviati. Norberto Bobbio, proprio a partire dal 1980, ha scritto parole illuminanti sui pericoli collegati al “potere invisibile”, inconciliabile con la democrazia che invece “è idealmente il governo del potere visibile”. Anche Emanuele Macaluso ci ha messo in guardia da quel potere sommerso che da sempre condiziona in senso negativo la vita nazionale.

I Padri costituenti lo avevano capito, e infatti la Costituzione proibisce tout court le associazioni segrete (art. 18, comma 2, Cost.). Non lo ha capito bene il legislatore penale, che con la legge n.17 del 1982 (Legge Anselmi) punisce l’appartenenza alle associazioni segrete solo se interferiscono nei pubblici poteri (un reato fantasma, ovviamente). Non lo ha capito chi ha scritto il “codice dell’ordinamento militare” che non consente al militare di aderire alle “associazioni considerate segrete a norma di legge”, cioè vieta una condotta già sanzionata dal diritto penale (sic!).

Senza dubbio si può fare di più, come ha peraltro suggerito la Commissione parlamentare antimafia quando era presieduta da Rosy Bindi. Si potrebbe anzi discutere sulla opportunità di estendere la proibizione alle logge massoniche regolari: il giuramento di fedeltà alla Repubblica non sembra conciliarsi con l’appartenenza a organizzazioni che richiedano un forte vincolo interno di obbedienza e solidarietà.

Basterebbe rispolverare la proposta di legge presentata nella scorsa legislatura dal deputato Davide Mattiello (Pd) che introduceva appunto il divieto, per il personale militare e delle Forze di polizia dello Stato, di far parte di “associazioni che comportino un vincolo di obbedienza assunto in forme solenni come richiesto dalle logge massoniche o da associazioni similari”.

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