L'editoriale di Panebianco cita il caso come esempio di "neostatalismo" e afferma che lo Stato "ha violato il principio della certezza del diritto". Ma il passaggio del controllo a Cdp non è un esproprio (non a caso ora si tratta sul prezzo) e la Consulta, in attesa che si accertino le responsabilità penali, ha sancito che il crollo ha causato un "grave e ragionevole deficit di fiducia nei riguardi di Aspi"
Il capo dello Stato Sergio Mattarella, incontrando i familiari delle 43 vittime del crollo del Morandi nel giorno dell’inaugurazione del nuovo ponte, ha scandito che “le responsabilità” di quel che è successo il 14 agosto 2018 “non sono generiche, hanno un nome e un cognome e sono sempre frutto di azioni o di omissioni“. E sempre lunedì il procuratore capo Francesco Cozzi, che conduce l’inchiesta sul disastro, ha ricordato in un’intervista al Fatto come “le ispezioni hanno rilevato uno stato di non adeguatezza diffuso” della rete autostradale. Eppure il giorno dopo il Corriere della Sera, in un editoriale firmato dal politologo Angelo Panebianco che per la sua posizione in prima pagina esprime un punto di vista condiviso dalla direzione, scrive che la prossima uscita dei Benetton da Autostrade rende l’Italia “ormai totalmente inaffidabile“. Perché “si è rimangiata un accordo preso, ha violato quel principio della certezza del diritto in mancanza del quale nessuno può sentirsela di investire i propri soldi”.
“Difficile non pensare alla Francia assolutista“, è il ragionamento del pezzo intitolato Ritorna il partito del debito di Stato, “quando Christopher Hohn, uno dei più influenti gestori dei fondi esteri di investimento, dichiara che non favorirà più investimenti“ in un Paese diventato appunto “inaffidabile”. E’ uno degli esempi che Panebianco fa per attaccare i “neostatalisti” che “non hanno mai letto un rigo di John Maynard Keynes” e in generale il “movimento di restaurazione (di ristatalizzazione dell’economia) che oggi procede al galoppo“. Poi chiosa: “Autostrade torna allo Stato. Ci risentiamo fra qualche anno per valutare quanto sia risultata “efficiente” la sua gestione”.
Oltre al fatto che la gestione delle autostrade è in gran parte statale anche in Gran Bretagna e Germania, occorre ricordare che Cassa depositi e prestiti si appresta ad acquisire il controllo di Aspi da Atlantia e soci sulla base di un accordo con il governo che non si può certo definire esproprio: non a caso sono ancora in corso faticose trattative sul prezzo, motivo per cui la firma del memorandum tarda ad arrivare. Non solo: in attesa dell’accertamento delle responsabilità penali – quelle gestionali Luciano Benetton le ha attribuite a “un management che si è dimostrato non idoneo” – un pronunciamento importante è arrivato all’inizio di luglio dalla Corte costituzionale. Che ha dato ragione al governo riguardo alla decisione di escludere Autostrade dalla ricostruzione del ponte a causa della “eccezionale gravità della situazione” e delle “risultanze delle prime indagini amministrative“.
La Consulta ricorda che in base alle conclusioni della commissione ispettiva del ministero delle Infrastrutture Aspi “pur a conoscenza di un accentuato degrado del Viadotto ed in particolare delle parti orizzontali di esso che appalesavano deficit strutturali […] non ha ritenuto di provvedere, come avrebbe dovuto, al loro immediato ripristino e per di più non ha adottato alcuna misura precauzionale a tutela della utenza“. E da qui, si legge nel dispositivo, è “insorto il grave e ragionevole deficit di fiducia nei riguardi di Aspi”.