di Margherita Cavallaro
Arriviamo subito al dunque: perché non ho ancora scritto niente sulla proposta di legge sull’omotransfobia, né su tutti gli episodi di omotransfobia che ironicamente si sono susseguiti nelle ultime settimane? Forse perché ero in Toscana con una connessione internet che avrebbe provato invidia per un modem 56k? Anche… ma la versione ufficiale è che ho pensato fosse più utile, piuttosto che sparare sulla Croce Rossa prendendomela con certi lardelloni padani e associati, fare un inventario dei vari tipi di omotransfobia che vediamo (magari non riconoscendoli) giornalmente.
1. Omotransfobia negazionista: se ti urlo “frocio”, “ah lesbica”, “travestito” non ti sto insultando, sto solo constatando i fatti. Certo caro amico, anche quando ti urlo “imbecille” o “stronzo” sto solo constatando i fatti. Non importa che una parola sia grammaticalmente un aggettivo, un insulto è tale se tu ci veicoli dietro un’intenzione negativa. Io posso dire scherzando ad un mio amico “quanto sei frocio”, ma se lo dici tu sei solo un deficiente omofobo.
2. Omotransfobia paranoica: quel meccanismo per cui se tuo figlio gioca con le bambole di neonato tu vai così nel panico che chiami la polizia gender, gli metti una birra in mano, falsifichi il suo cv e gli trovi un posto come camionista sulla Salerno-Reggio Calabria a 6 anni. D’altro canto, quale uomo eterosessuale vorrebbe mai essere padre e spendere del tempo coi propri bambini? Ridicoli.
3. Omotransfobia cinofila: la tattica che usano i cani di fronte a qualcosa che li mette a disagio: vogliono girare la testa e far finta che la cosa non esista. Essendo raffinati, l’argomento diventa che gli omosessuali non debbano stare nei luoghi pubblici dove ci sono anche i bambini perché si traumatizzano. Ai bambini in realtà non importa niente. Quando hai tra i 7 e gli 11 anni ti fanno schifo i baci a prescindere. Sono i grandi che probabilmente si eccitano un po’ e non ritenendola una cosa accettabile vogliono rimuovere la vista del problema. Come diceva Carmen Consoli: frustrati e infelici.
4. Omotransfobia minimalista: la microaggressione. Non un insulto, ma una frase o domanda offensiva e irrispettosa. Le mie preferite: “sei lesbica solo perché non hai mai avuto l’uomo giusto”; “ma hai un pene o una vagina?”; “ma nella coppia fai l’uomo o la donna?”. Alla prima frase che mi tocca più da vicino mi piace rispondere “no, sei tu che sei etero solo perché non hai mai avuto l’uomo/la donna giusto/a”.
5. Omotransfobia stereotipica: le lesbiche si vestono tutte di camicie di flanella e sono brave al fai-da-te, i gay sono tutti modaioli e urlano e gesticolano come donnette, le donne trans sono delle camminatrici, gli uomini trans non esistono. Se io dico una di queste cose scherzando (perché so per esperienza diretta che non è così) va bene. Se voi credete una di queste cose, mi dispiace ma siete omofobi perché giudicate una realtà che non conoscete pensandola omogenea e macchiettistica. Avanti il prossimo.
6. Omotransfobia riduttiva: la violenza va punita come violenza, non c’è bisogno di un aggravante. Caro mio sempliciotto amico, se io decido di venirti a picchiare e ti tendo un agguato, il mio crimine ha l’aggravante della premeditazione. Picchiare o insultare qualcuno perché Lgbt+ implica necessariamente (al di là di evidente testadiminchiaggine) premeditazione dato che prima di tutto lo associ a quella categoria, poi decidi che la cosa non ti piace e, infine, solo dopo questo, attacchi.
Inoltre stai usando violenza su qualcuno per una caratteristica con cui la persona è nata e che non può controllare. L’omotransfobia è in principio come il razzismo ed entrambi fanno egualmente schifo, senza possibilità di appello.
7. Omotransfobia dadaista: “E l’eterofobia allora?”. Un capolavoro di post-modernismo come Ceci n’est pas une pipe. Mi dispiace per voi, mie piccole cassoeule, miei stufatini mollicci di puzzose verze e scarti di suini. Lo scrivo in maiuscolo così riuscite a leggerlo anche voi: L’ETEROFOBIA NON ESISTE. Vi hanno mai urlato “ah etero!”? Vi hanno mai detto che non potevate giocare con le macchinine/bambole perché sennò crescevate troppo maschi/femmine? Vi hanno mai cacciato da un luogo pubblico per tenere il/la vostro/a fidanzato/a per mano? Vi hanno mai picchiato perché sembravate troppo etero? Vi hanno mai chiesto “oh, ma quando ti fidanzi/sposi?” (Beh, quello forse si, ma come vi ha fatto sentire?)?
E non riesco nemmeno a trovare ipotetici esempi per gli ultimi tre tipi di omotransfobia tanto l’eterofobia è un concetto impensabile! Capite? È talmente ridicolo che perfino il mio cervello iperimmaginativo non riesce ad immaginare un paragone! È così assurdo che mentre scrivo persino il dizionario di Word lo evidenzia come un errore, una parola inesistente! Insomma, parlare di eterofobia è come parlare di Antani. È una supercazzola. E l’unica risposta opportuna ad una supercazzola è uno scaccolamento.
Ora che avete il vostro eptalogo potete identificarvi e, più fondamentalmente, impegnarvi in maniera opinata a smettere di essere omotransfobici. Ce la potete fare! Io credo in voi!