Il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, ha nominato Vincenzo Trione alla presidenza della “Scuola dei beni e delle attività culturali” a decorrere dal 1° Settembre 2020 per la durata di 4 anni
“La scuola nasce con la missione di formare e valorizzare le tante professionalità per la tutela e gestione del patrimonio culturale nazionale”. Vincenzo Trione, dal curriculum infinito per avere solo 48 anni, è professore ordinario di Arte e media e di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università IULM di Milano, dove è Preside della Facoltà di Arti e turismo e coordinatore del Dottorato di ricerca in Visual and Media Studies. È stato Commissario della XIV edizione della Quadriennale di Roma (2003) e Direttore generale di Valencia 09-Confines. Pasajes de las artes contemporaneas (2009). È stato curatore del Padiglione Italia della 56^ Biennale di Venezia – arti visive (2015). Dal 2013 dirige il Dipartimento di ricerca e formazione del Museo d’arte contemporanea Madre di Napoli, che ha portato alla pubblicazione dell’Atlante dell’arte contemporanea a Napoli e in Campania: 1966-2016 (2016). Già membro del Consiglio scientifico della Treccani, è Direttore generale dell’Enciclopedia Treccani dell’Arte Contemporanea. Ha curato mostre in musei italiani e stranieri (tra le altre, El siglo de Giorgio de Chirico presso l’IVAM di Valencia nel 2007, Salvador Dalí nel 2010 e Alberto Savinio nel 2011 entrambe a Palazzo Reale di Milano, e Post-classici al Foro romano e al Palatino di Roma nel 2013). Ha tenuto conferenze e seminari in Italia e all’estero. Ha pubblicato numerosi saggi su momenti e figure delle avanguardie del XX e del XXI secolo.
“Sono grato al Ministro Franceschini di questa importante e impegnativa opportunità. Sono nella Scuola del Patrimonio sin dalla sua fondazione – dice Trione. Suo padre Aldo è emerito professore di Filosofia Dell’Estetica alla Federico II-. Nel 2016, sono stato chiamato a far parte del Consiglio scientifico dalla prima direttrice Maria Luisa Catoni, che con coraggio e visionarietà ha pensato questa istituzione, volta a formare i vertici delle istituzioni artistiche e culturali del nostro Paese. Nel suo primo mandato al Mibact, Franceschini aveva colto l’esigenza di muoversi in linea con un modello di alta formazione sperimentato con successo da anni in Francia. Ora la Scuola ha superato la fase di start-up. Siamo all’esame di maturità. Nella fase del consolidamento. Del rilancio. Del ridefinizione dei piani didattico-formativi. Degli spazi di azione. La Scuola deve formare la classe dirigente dei nostri musei, delle nostre biblioteche, dei nostri archivi”.
“Credo che la Scuola rappresenti un’opportunità straordinaria per tanti giovani di grande qualità che, dopo aver conseguito il Dottorato di ricerca in aree disciplinari diverse, avvertono l’esigenza di formarsi ulteriormente, nell’ottica della multidisciplinarietà e dell’interdisciplinarietà, integrando didattica, ricerca, esperienza concreta attraverso una ricca offerta di internship nei settori del patrimonio e delle attività culturali: dall’arte all’archeologia, dagli archivi alle biblioteche, al paesaggio. Una sfida per affrontare i temi della conservazione e quelli della valorizzazione in un’ottica davvero contemporanea, con forti aperture ai media, alle nuove tecnologie. Da statuto, la Scuola ha un’anima doppia: una italiana, con il corso di perfezionamento biennale; e una internazionale, con l’International School of Cultural Heritage rivolto a giovani funzionari e studiosi provenienti dai Paesi del bacino del Mediterraneo e da alcuni Paesi del mondo arabo. Un’architettura con notevoli potenzialità di sviluppi ulteriori. Ma vorrei che la Scuola fosse aperta a idee e a suggerimenti che giungessero da chi ha a cuore l’alta formazione nei settori dell’arte e della cultura del nostro Paese, superando quelle oramai anacronistiche guerre tra guelfi e ghibellini che talvolta rischiano di incidere su progetti importanti. Sono onorato di prendere il posto di coloro che mi hanno preceduto nel ruolo di Presidenti della Scuola del patrimonio: due insigni giuristi come Sabino Cassese e Marco Cammelli”.