Vincenzo Orlandini è il direttore della sezione alberghiera dell’Orient Queen, la nave da crociera attraccata al porto della capitale libanese e travolta dalla deflagrazione. Poco prima, si era spostato casualmente in un'area più protetta dell'imbarcazione: "Se fossi andato nella mia cabina a riposare, molto probabilmente non sarei qui a parlare”
Al momento dell’esplosione ero nel mio ufficio a bordo della nave che si trovava a duecento-trecento metri dal luogo in cui è avvenuta l’esplosione. Se, in quel momento fossi andato nella mia cabina a riposare, molto probabilmente non sarei qui a parlare con lei”. Vincenzo Orlandini ha la voce decisa, di chi in quasi 70 anni di vita ha vissuto esperienze in giro per il mondo a bordo delle navi, ma si sente la grande emozione per esser sopravvissuto all’esplosione al porto di Beirut.
Orlandini è il direttore della sezione alberghiera dell’Orient Queen, la nave da crociera attraccata al porto della capitale libanese e rimasta danneggiata dalla deflagrazione che ha devastato mezza città, nel tardo pomeriggio di ieri. “Dalla finestra del mio ufficio ho assistito al primo scoppio – racconta a Ilfattoquotidiano.it – Credevo che fosse finita lì e invece la seconda esplosione ci ha investito all’improvviso. Fortunatamente ho avuto la prontezza di buttarmi a terra per trovare riparo. È stato uno scoppio assordante, metà nave è stata completamente distrutta. Non credevo ai miei occhi”.
L’uomo racconta la sua esperienza dalla camera di un albergo poco distante dallo scalo della capitale libanese. Con un po’ di imbarazzo confessa che ha ancora addosso i vestiti di ieri, la divisa di bordo, ancora sporca di sangue. “Sto cercando di organizzarmi per andare ad acquistare dei vestiti nuovi. Ho cercato di risalire a bordo della nave per recuperare i miei effetti personali e l’unica cosa che sono riuscito a salvare è una valigetta con dei documenti di lavoro, il resto è completamente distrutto”.
L’Orient Queen ora è inclinata su un fianco e un lato, quello esposto verso il deposito esploso, è completamente distrutto. “Dopo che ci siamo messi in salvo – racconta il testimone italiano – credevo che la nave sarebbe colata a picco, visti i danni. Fortunatamente è ancora lì, l’armatore sta facendo la conta dei danni e purtroppo anche delle vittime”. Quelle accertate sono due, mentre i feriti sono sei, tutti membri dell’equipaggio. “Il mio compito in queste ultime ore è stato principalmente quello di rassicurare tutti i componenti del team e di tenere alto il morale della squadra. Molti colleghi vogliono fare ritorno in patria e rivedere le proprie famiglie. Li capisco, ovviamente”.
Andare via da Beirut, in questo momento risulta però difficile per chi ha perso tutto, compresi i documenti, come Orlandini. La Farnesina si è messa in moto per consentire a tutti i connazionali di fare rientro in Italia. “I miei documenti di viaggio sono andati completamente distrutti. Sono riuscito a raggiungere telefonicamente l’Unità di crisi della Farnesina che mi ha assicurato che nel giro di due, tre giorni mi faranno avere i documenti necessari per rientrare in Italia”. L’uomo aveva lasciato temporaneamente l’Italia alcuni mesi fa: a febbraio era partito per il Libano pensando di rimanerci solo qualche giorno, ma lo scoppio della pandemia di coronavirus lo ha bloccato a Beirut. “Mi sono fatto la quarantena qui, ora però voglio tornare a casa. Nella mia lunga esperienza lavorativa ho viaggiato tantissimo, soprattutto in zone non facili, come la Nigeria, ci sono abituato a episodi del genere. Circa quindici anni fa sono scampato all’esplosione di un minibus a Kusadasi che ha causato morti e feriti ma non è lontanamente paragonabile a quello che è successo ieri a Beirut”.