Qualche giorno fa l’Ufficio Nazionale di Statistica della Gran Bretagna ha pubblicato una importante analisi sull’epidemia in corso, liberamente accessibile a tutti gli utenti, anche stranieri. E’ encomiabile che gli inglesi pubblichino i loro dati (e anche quelli degli altri paesi) anziché secretarli. Il documento illustra molto bene le proprietà dell’epidemia (peraltro comuni alla maggioranza delle epidemie precedenti); in particolare la natura transitoria del fenomeno epidemico. In questo post commento solo un aspetto del documento, ma consiglio ai lettori che conoscono l’inglese di consultarlo per intero.

Le epidemie sono fenomeni transitori che colpiscono una popolazione non immune, causano un improvviso aumento di morbilità e mortalità e poi si spengono (fatta salva, naturalmente, la possibilità di ritorni, seconde ondate, etc.). Lo studio inglese analizza i tassi di mortalità nella maggioranza dei paesi europei, dal 2015 ad oggi, e offre possibilità interattive; permette inoltre di scaricare i dati. I tassi assoluti di mortalità sono i dati più attendibili per lo studio del decorso dell’epidemia, perché prescindono dalla correttezza delle diagnosi e dal numero di tamponi effettuati, come ho già illustrato in un post precedente.

Ovviamente il paese al quale noi siamo più interessati è il nostro; ma in linea di massima l’andamento nei paesi europei è simile. Di particolare interesse è il caso della Svezia, il paese nel quale il lockdown è stato estremamente blando e in cui l’epidemia si è sviluppata praticamente in assenza di misure di contenimento.

Nella figura riporto i tassi di mortalità dell’Italia e della Svezia, per settimana e per centomila abitanti dal 2017 ad oggi. L’area al di sotto della curva rappresenta il numero complessivo di decessi nell’intervallo di tempo considerato; ad esempio l’area evidenziata in giallo rappresenta il numero di decessi per centomila abitanti registrato nel 2018. Chi volesse conoscere il numero complessivo di decessi in tutta l’Italia o in tutta la Svezia dovrebbe moltiplicare il valore numerico dell’area in giallo per il rapporto tra la popolazione del 2018 e 100.000.

Con una media di circa 18 decessi per settimana per 100 mila abitanti, il tasso grezzo di mortalità è all’incirca dell’1% all’anno. L’area evidenziata in rosso nella figura rappresenta l’eccesso di mortalità registrato in corso di epidemia; grossolanamente, fino ad ora, l’eccesso di mortalità è nell’ordine del 5% del tasso annuale registrato nei periodi non epidemici. Si nota in entrambi i paesi un eccesso relativo di mortalità nei mesi invernali rispetto ai mesi estivi, dovuto alla maggiore incidenza di malattie contagiose. In particolare nel 2017 l’influenza fu particolarmente aggressiva e causò un picco di mortalità abbastanza marcato.

E’ molto importante valutare questo tipo di dati con prudenza, soprattutto in relazione alle variazioni locali e all’evoluzione temporale: ad esempio nella provincia di Bergamo, nel periodo di picco dell’epidemia, il tasso di mortalità è risultato fino ad otto volte superiore a quello normale. Però il periodo di picco ha una durata relativamente breve, e l’area massimamente colpita offre la rappresentazione dell’eccezione più che della regola.

Il problema cruciale nella valutazione del rischio epidemico è dato dalla necessità di confrontare un evento violento ma transitorio con una normalità di estensione temporale sostanzialmente illimitata. Per spiegarsi con un esempio: un incidente d’auto in un certo luogo e in un certo istante può causare un enorme picco locale di mortalità, che riportato alla scala del paese è una fluttuazione inavvertibile intorno al valore medio. Per questa ragione i parametri epidemiologici sono misurati sull’anno e sulla scala di regioni o nazioni e non di villaggi.

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