È il secondogenito di don Tano, il boss che negli anni settanta è stato a capo della cupola di Cosa Nostra e poi riconosciuto come mandante dell’omicidio di Peppino Impastato. Ed è stato arrestato dalla Dia a casa della madre a Castellamare del Golfo, in provincia di Trapani. Leonardo Badalamenti, 60 anni, è finito in manette in esecuzione di un mandato di cattura internazionale emesso dall’autorità giudiziaria di San Paolo, in Brasile, per associazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti e falsità ideologica. In attesa dell’estradizione, Badalamenti è stato trasferito nel carcere Pagliarelli di Palermo.
Per l’autorità brasiliana Leonardo – che andava in giro con un’identità falsa, quella dell’uomo d’affari brasiliano Carlos Massetti e che aveva registrato in quel paese la nascita del suo primo figlio chiamandolo come il nonno, Gaetano – era latitante dal 2017 in seguito all’emissione da parte dell’autorità giudiziaria di Barra Funda di un ordine di arresto. In Brasile, tra l’altro, era già stato arrestato nel 2009: quella volta fu il Ros dei Carabinieri a mettergli le manette nell’ambito di un’operazione che portò all’arresto di altre 19 persone accusate, in concorso, di associazione mafiosa, corruzione, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e trasferimento fraudolento di valori.
Non solo. Su Badalamenti c’erano una serie di indagini da parte delle autorità brasiliane. È stato infatti indagato perché, secondo gli inquirenti, era a capo di un’organizzazione criminale impegnata tra il 2003 e il 2004 a negoziare titoli di debito pubblico emessi dal Venezuela attraverso l’intermediazione di un funzionario corrotto del Banco centrale. Titoli che servivano per garantire l’apertura di linee di credito in istituti bancari esteri. Ed è stato accusato di aver tentato una truffa ai danni delle filiali della Hong Kong Shanghai Bank, della Lehman Brothers e dell’Hsbc per un importo di diverse centinaia di milioni di dollari. Ad arrestare il figlio di don Tano sono stati gli uomini della Dia di Palermo coordinati dal reparto ‘Investigazioni giudiziarie’ in collaborazione con il Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia (Scip) e la polizia brasiliana.
(immagine d’archivio)