Giornate calde nell’indotto torinese dell’auto, ecosistema industriale composto da un migliaio di aziende che impiegano quasi 60 mila addetti. Da qui partono componenti destinati a molti grandi gruppi europei delle quattro ruote ma il centro di gravità permanente rimane Fca. E nei giorni scorsi una lettera del gruppo ha avvisato i produttori che il progetto di piattaforma per il segmento B (le utilitarie, ndr) è stato interrotto e quindi di cessare immediatamente ogni attività di ricerca/sviluppo e produzione per evitare ulteriori costi e spese. A darne notizia è stato il sito torinese del Corriere della Sera. Alla base del cambio di rotta c’è la decisione di Fca che riguarda lo stabilimento polacco di Thychy, dove Fiat costruisce la Fiat 500 o la Lancia Ypsilon di utilizzare d’ora in poi la più efficiente e versatile piattaforma della francese Psa, a sua volta presente in Polonia. Fca precisa che questo non ha nulla a che fare con l’operazione di fusione in corso tra i due gruppi, ma che si tratta di una semplice joint venture industriale su cui, al momento, non vengono forniti ulteriori dettagli per non avvantaggiare la concorrenza.
Da ambienti industriali trapela inoltre la precisazione che ai fornitori è stato anche chiesto di iniziare a lavorare sui componenti per la nuova linea di assemblaggio. Insomma il passaggio di piattaforma potrebbe non avere particolari contraccolpi per l’indotto italiano. Da alcune aziende del comparto emerge persino la speranza che la la nuova linea possa offrire opportunità aggiuntive ai fornitori italiani. L’equazione piattaforma francese uguale fornitori francesi viene ritenuta, almeno per ora, azzardata. Già oggi l’indotto italiano rifornisce catene di montaggio delle case tedesche o di altra nazionalità. La qualità prevale sulla bandiera. Qualche timore tuttavia rimane, anche perché linee produttive come quella di Psa richiedono fornitori di alcuni componenti fisicamente vicini della catena di assemblaggio.
E’ inoltre inutile negare che l’equilibrio del gruppo“Stellantis”, che nascerà una volta completata la fusione Fca-Psa, sarà spostato verso Parigi. Alla guida del nuovo colosso ci sarà l’attuale amministratore delegato della casa francese Carlos Tavares, mentre John Elkann sarà presidente, carica più di rappresentanza che operativa. Non solo. PSA è riuscita a chiudere senza perdite i primi sei mesi dell’anno e nella seconda parte del 2020 beneficerà, più di altri produttori, dei corposi incentivi messi in campo dal governo Macron. Al contrario FCA ha archiviato la prima metà del 2020 con un rosso di due miliardi di euro tenuta a galla, più che in passato, dalle vendite negli Stati Uniti. Ci si avvicina al perfezionamento della fusione con la posizione francese sempre più rafforzata.
La decisione sulla piattaforma polacca non dovrebbe avere implicazione sull’uso del prestito da 6,3 miliardi di euro erogato a Fca da Intesa Sanpaolo con la garanzia dello Stato. Per ottenere la garanzia il gruppo si è impegnato a utilizzare la gran parte dei fondi per produzioni e indotto italiani. Anche se, in tema di delocalizzazioni, potrebbe emergere qualche incertezza interpretativa. Fca si impegna a non spostare all’estero otto progetti industriali su dieci. Ma vale solo per le versioni attuali e loro aggiornamenti, non per veicoli modificati in maniera rilevante: vale a dire che eventuali nuovi modelli con requisiti tecnici avanzati potranno essere prodotti fuori dall’Italia. Per altri due progetti c’è la garanzia che resteranno in Italia “attività e strutture di progettazione”.