I documenti sono diventati oggetto di un braccio di ferro giuridico tra governo e la Fondazione Einaudi che aveva chiesto l'accesso ai documenti degli scienziati che sono stati richiamati in tutti i Dpcm emanati per la gestione dell'emergenza sanitaria. Il Tar aveva accolto la richiesta della onlus, ma è stato presentato ricorso
Anche il Copasir vuole i cinque verbali del comitato tecnico scientifico diventati oggetto di un braccio di ferro giuridico tra governo e la Fondazione Einaudi. L’onlus aveva chiesto, il 14 e il 18 aprile, l’accesso ai documenti degli scienziati che sono stati richiamati in tutti i Dpcm emanati per la gestione dell’emergenza sanitaria, compreso il lockdown. Il presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, Raffaele Volpi, dopo la seduta di ieri in cui è stata ascoltata la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha deciso di “richiedere alla Presidenza del Consiglio la documentazione del Comitato Tecnico Scientifico relativa al coronavirus”. Questi verbali, datati 28 febbraio, 1 marzo, 7 marzo, 30 marzo e 9 aprile 2020, vengono citati nelle premesse dei decreti del presidente del Consiglio, e il loro contenuto al momento è sconosciuto. Nei giorni cui sono tante le perplessità sulla proroga dello stato di emergenza il tema comincia a diventare anche politico.
La questione giuridica è delicatissima perché il centro di ricerca torinese, che ha come mission promuove la conoscenza e la diffusione del pensiero politico liberale, ritiene che le misure del governo abbiamo compresso diritti e libertà di rango costituzionale e che quindi quei verbali con i pareri degli scienziati debbano essere noti. La onlus aveva presentato la richiesta fatta alla Protezione civile, ma con due comunicazioni, del 4 e del 13 maggio, la risposta è stata negativa. Quindi il 26 maggio è stato presentato il ricorso al Tribunale amministrativo che ha accolto le ragioni della Fondazione. Contro il verdetto del Tar (22 luglio) il governo ha presentato ricorso (28 luglio) opponendo di fatto il segreto perché si tratta di atti amministrativi e perché devono essere tutelati “la sicurezza pubblica” e “l’ordine pubblico”. Il confronto ora pende davanti ai giudici del Consiglio di Stato che il 10 settembre decideranno se i verbali devono essere pubblici come invoca la Fondazione oppure no come ritiene l’esecutivo, guidato da Giuseppe Conte, dopo che il Tar aveva invece deciso che quei verbali dovevano invece essere accessibili.
La richiesta della Fondazione Einaudi e la motivazione del Tar – La squadra di avvocati della Fondazione, Rocco Mauro Todero, Andrea Pruiti Ciarello e Palumbo, ha “ritenuto necessario chiedere la copia di quei verbali, attraverso l’accesso generalizzato agli atti amministrativi, al fine di consentire agli italiani di conoscere le vere motivazioni per le quali, durante l’epidemia da Covid 19 sono stati costretti in casa, anche in quelle regioni o in quei territori dove non si sono registrati casi di infezione ma il Governo, e per esso il Capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, si è rifiutato di consegnare quei verbali”. I giudici del Tar hanno accolto la richiesta ritenendo che “se l’ordinamento giuridico riconosce, ormai, la più ampia trasparenza alla conoscibilità anche di tutti gli atti presupposti all’adozione di provvedimenti individuali o atti caratterizzati da un ben minore impatto sociale, a maggior ragione deve essere consentito l’accesso ad atti, come i verbali in esame, che indicando i presupposti fattuali per l’adozione dei descritti Dpcm, si connotano per un particolare impatto sociale, sui territori e sulla collettività“.
La conoscenza di quei verbali, questa la posizione della onlus, deve essere garantita a tutti i cittadini, perché necessaria all’esercizio dell’ordinario controllo politico-democratico. E il Tar ha stabilito che l’accesso agli atti richiesto dai ricorrenti “oltre a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, ha anche la finalità di promuovere, come nel caso in esame, la partecipazione al dibattito pubblico“. I legali avevano esultato: “Siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto perché adesso possiamo, come cittadini italiani, conoscere le motivazioni in base alle quali il presidente del Consiglio ha così fortemente compresso i diritti costituzionali di milioni di persone. Non appena il governo ci consegnerà quei documenti, li renderemo pubblici, perché’ in una matura democrazia liberale i cittadini hanno il diritto di conoscere gli atti dei loro governanti e il diritto/dovere di giudicarli politicamente. Solo chi ha paura del giudizio dei cittadini si può opporre a che questi siamo informati e consapevoli”.
Il ricorso del governo al Consiglio di Stato – Ma il governo, tramite l’avvocatura generale dello Stato, ha presentato 25 pagine di ricorso sostenendo che quella del Tar sembrava una “pronuncia di superficie“, che non era stata “compresa a fondo la complessità e l’assoluta novità della questione” e che l’ostensione dei verbali poteva provocare un “danno concreto all’ordine pubblico e la sicurezza“. È stata anche chiesta, dall’avvocato dello Stato Salvatore Faraci, la sospensione del verdetto del Tar perché nel caso di una decisione opposta ci sarebbe stata una “lesione irreparabile e non sanabile della posizione giuridica dell’Amministrazione”. Nel documento si richiama poi, a titolo esemplificativo, “quanto avvenuto nel recente passato nel corso dell’emergenza epidemiologica in atto, in riferimento all’allarme sociale ingenerato dall’allora paventata chiusura delle scuole e previsione di limiti ai trasferimenti nel territorio nazionale ed alle problematiche, in alcuni casi anche di ordine pubblico, verificatesi nell’imminenza della decisione di creare una “zona rossa” in alcune regioni del nord Italia, a seguito della diffusione di notizie in ordine alle valutazioni effettuate dal Comitato Tecnico Scientifico”. Per questo secondo il governo “appare evidente che anche sotto il profilo dell’opportunità (…) sia legittimo confermare quanto meno il differimento dell’ostensione dei verbali in parola, al termine dell’emergenza in atto, vale a dire ad un momento nel quale possibili implicazioni derivanti dai medesimi verbali in parola, consentano una lettura più oggettiva rispetto all’attuale fase storica di emergenza e di allarme”. L’esecutivo quindi chiede di attendere almeno il 15 ottobre, quando scadrà la proroga dello stato di emergenza.
Il Consiglio di Stato sospende sentenza del Tar ma cita il freedon of information act- Il 31 luglio è arrivata la decisione del Consiglio di Stato. Il Presidente della III sezione del Consiglio di Stato, Franco Frattini, ha ritenuto opportuno che a decidere fosse un collegio di giudici per non pregiudicare definitivamente l’interesse dell’amministrazione vista la materia “meritevole di approfondimento” giuridico. Per il giudice i decreti e di conseguenza i verbali “sono caratterizzati da assoluta eccezionalità, e auspicabilmente, e unicità”. Ma per il giudice “non si comprende, proprio per la assoluta eccezionalità di tali atti perché debbano essere inclusi “nel novero di quelli sottratti alla generale regola di trasparenza e conoscibilità da parte dei cittadini, giacché la recente normativa – ribattezzata freedom of information act sul modello americano – prevede come regola l’accesso civico” e come eccezione la non accessibilità. Quei provvedimenti “hanno costituito il presupposto per l’adozione di misure volte a comprimere fortemente diritti individuali dei cittadini, costituzionalmente tutelati ma non contengono elementi o dati che la stessa appellante abbia motivatamente indicato come segreti”, “le valutazioni tecnico-scientifiche si riferiscono a periodi temporali pressocché del tutto superati” e”la stessa Amministrazione, riservandosi una volontaria ostensione fa comprendere di non ritenere in esse insiti elementi di speciale segretezza da opporre agli stessi cittadini”. Quindi concessa la sospensiva sarà un collegio ad valutare le ragioni.
The Good Lobby: “Trasparenza legittima le scelte” – “Il Consiglio di Stato ha ritenuto nel suo decreto monocratico, che gli atti del comitato tecnico-scientifico sulla base dei quali il Governo ha deciso di mettere in campo il segreto di Stato, non dovrebbero essere secretati anche per le implicazioni in termini di limitazione delle libertà individuali per ciascuno di noi – sostiene Federico Anghelé Direttore di The Good Lobby Italia – La trasparenza contribuisce a legittimare le scelte compiute dai decisori pubblici; è proprio nell’oscurità informativa che si annidano sospetti, paure, complottismi e negazionismi. Nei mesi scorsi, assieme a Transparency International e altre organizzazioni della società civile abbiamo scritto a tutte le regioni per chiedere di rendere accessibili in formato leggibile tutti i dati relativi ai tamponi effettuati, ottenendo pochissime risposte positive. Troppo spesso vige ancora una mentalità secondo la quale la trasparenza sarebbe un inciampo, una limitazione all’azione rapida e tempestiva della pubblica amministrazione. Ma in realtà è vero il contrario: tanto più abbiamo accesso alle informazioni utili, e tanto più giudichiamo giusta, coerente, opportuna una scelta praticata dai decisori pubblici”.