Associazione a delinquere, emissione di fatture mediche inesistenti, dichiarazioni fiscali fraudolente e truffa ai danni dello Stato. È scattata stamattina l’operazione “Ti Rimborso”: tre persone sono state arrestate dalla Guardia di finanza che ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Antonino Foti su richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gerardo Dominijanni e del sostituto procuratore Diego Capece Minutolo. Ai domiciliari sono finiti il consulente del lavoro Eduardo Amaretti, il titolare del “Caf-Unsic” Cosimo Maria Vittorio Spanò e Massimiliano Morello, dipendente della società Industriam Food Mense (operante all’interno dello stabilimento Hitachi di Reggio Calabria) che avrebbe avuto il compito di procacciare i clienti agli altri due complici. Nei loro confronti, inoltre, è stato disposto il sequestro di 24 beni immobili (un fabbricato e 23 terreni) ma anche 8 veicoli (tra auto e moto) per un totale di 170 mila euro.

Nell’inchiesta delle Fiamme gialle, però, sono coinvolti molti più soggetti. I pm, infatti, hanno iscritto nel registro degli indagati 208 persone. A 157 di loro, stamattina, è stato notificato un decreto di sequestro preventivo delle somme, circa 700mila euro, che hanno indebitamente ricevuto grazie ai “servizi” dai tre principali indagati accusati di associazione a delinquere. Stando all’inchiesta Spanò e Morello avevano messo in piedi un sistema fraudolento che consentiva ai contribuenti infedeli di ricevere fatture di spese sanitarie mai effettuate che poi venivano scaricate con la dichiarazione dei redditi in modo tale da ottenere un rimborso pari al 19%.

In totale, gli investigatori guidati dal maggiore Giovanni Andriani e dal capitano Flavia ‘Ndriollari hanno calcolato circa 2 milioni di rimborsi non dovuti grazie a circa 5mila fatture false per spese sanitarie ammontanti, sulla carta, a 10 milioni di euro. In cambio, il consulente del lavoro, il titolare del Caf e il procacciatore di clienti avrebbero incassato il 30% del rimborso che lo Stato erogava ai loro clienti come risparmio di imposta. Secondo i magistrati, l’organizzazione oltre a mettere a disposizione le proprie competenze tecniche in materia tributaria per ottenere gli illeciti rimborsi, avrebbe offerto un servizio completo ai “furbetti delle fatture” che, in caso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, potevano rivolgersi al consulente del lavoro Amaretti, al titolare del Caf Spanò e al procacciatore Morello che avrebbero fornito le ricevute fiscali (emesse a loro nome o dei familiari fiscalmente a carico) quali ‘pezze giustificative’ a riprova delle spese dichiarate.

Il tutto grazie a fatture false realizzate con timbri contraffatti e bollettari falsificati intestati a studi medici ignari della truffa. L’inchiesta è partita grazie alla segnalazione di un cittadino che ha denunciato l’ex moglie quando quest’ultima gli aveva esibito ricevute fiscali per spese odontoiatre per un importo di 30mila euro. Peccato però che la dentista e un altro medico che avrebbero emesso quelle fatture in realtà non conoscevano nemmeno la paziente. Le indagini hanno fatto emergere un giro d’affari enorme. I tre principali indagati avrebbero trasformato il Caf Unsic in una vera e propria “centrale del falso”: circa 10 milioni di euro di spese sanitarie mai effettuate per le quali è stata riconosciuta una detrazione di quasi 2 milioni. I contribuenti che gravitavano attorno al Caf erano circa 700 per i quali la uardia di finanza, durante le perquisizioni e grazie alla collaborazione dell’Agenzia delle Entrate, ha trovato circa 3250 ricevute fiscali false scansionate e allegate alle dichiarazioni dei redditi con l’indicazione di spese sanitarie. Per 205 contribuenti è scattato l’avviso di garanzia perché, oltre a trovare le ricevute fiscali, la Guardia di finanza ha accertato la loro falsità attraverso i medici che le avevano apparentemente emesse. Per questo motivo la Procura di Reggio Calabria ha contestato ai 205 indagati il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti. Per il gip ci sarebbe stato un “articolato meccanismo criminale” messo in piedi dagli indagati che “operano con cadenza annuale, costante e continuativa da quasi un decennio”.

“L’organizzazione – scrive il giudice motivando l’ordinanza di arresti domiciliari – è tuttora operante. Nonostante già il numero di contribuenti coinvolti è di per sé indicativa di una vasta e capillare operatività di Amaretti, Morello e Spanò, deve ragionevolmente ritenersi che l’effettiva portata del fenomeno illecito è di gran lunga più vasto e preoccupante”.

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