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Brasile, scandalo sul dossier del governo: schedati 579 oppositori di Bolsonaro. E risorge l’agenzia segreta operativa durante la dittatura

Imbarazzo nel ministero della Giustizia dopo la scoperta di una lista di dipendenti federali - tra cui militari, poliziotti, professori e un funzionario dell’Onu - classificati come "antifa". E nelle stesse ore è stata disposta la creazione del Centro di intelligence nazionale (Cin), che ricorda per metodi e funzioni il disciolto Servizio nazionale di informazioni (Sni) durante la dittatura, responsabile delle indagini sui dissidenti politici interni

Pianificare ed eseguire attività di intelligence volte ad “affrontare le minacce alla sicurezza e alla stabilità dello stato e della società”. Migliorare “l’attuale produzione di informazioni di intelligence e raccolta strutturata di dati”. Questi i principali obiettivi per cui il governo brasiliano ha disposto la creazione del Centro di intelligence nazionale (Cin), nuova struttura all’interno dell’Agenzia di intelligence brasiliana (Abin) in grado di essere più efficiente nell’analisi delle minacce interne allo stato brasiliano. Laddove l’Abin, secondo le critiche manifestate pubblicamente dal presidente Jair Bolsonaro, ha mostrato finora di essere troppo debole. Secondo quanto riportato nel decreto costitutivo pubblicato in Gazzetta ufficiale, il Cin ha anche funzioni di “consulenza in favore di altri organi competenti dello stato in relazione alle politiche di pubblica sicurezza e all’identificazione delle minacce derivanti da attività criminali, oltre che condurre ricerche sulla sicurezza e analisi di integrità corporativa”.

Con la capacità di penetrare segretamente ogni ambito della vita sociale e politica del paese, oltre che le stesse strutture pubbliche dello Stato, e considerata la possibilità di riportare direttamente ad altri organi della Repubblica, senza alcun filtro istituzionale e giudiziario, il Cin ricorda per metodi e funzioni il disciolto Servizio nazionale di informazioni (Sni), l’agenzia segreta di spionaggio operativa durante la dittatura militare, responsabile delle indagini sui dissidenti politici interni. Uno degli ingranaggi della macchina di repressione, tortura e morte messa su dalla giunta militare brasiliana. L’atto che dispone la creazione del Cin è stato firmato dal presidente Jair Bolsonaro e dal ministro dell’Ufficio di sicurezza istituzionale (Gsi), generale Augusto Heleno, al quale l’Abin è direttamente subordinata. Secondo il decreto l’obiettivo del nuovo centro di investigazioni segrete è quello di “aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa, garantendo condizioni più favorevoli per lo sviluppo stesso dell’Abin”.

Preoccupazioni legate alla natura della nuova struttura e dubbi sulla trasparenza delle operazioni emergono se si considera che la sua creazione è stata disposta nelle stesse ore in cui la scoperta dell’esistenza di un dossier illegale su un gruppo di quasi 600 funzionari pubblici ritenuti oppositori del governo Bolsonaro ha creato imbarazzo nel ministero della Giustizia. Secondo quanto emerso, il gabinetto di intelligence del Dipartimento di operazioni integrate del ministero (Seopi), piccolo e poco conosciuto ufficio del ministero, avrebbe raccolto illegalmente dati su 579 dipendenti pubblici federali e di alcuni stati, soprattutto negli uffici di pubblica sicurezza, identificati come “integranti del movimento antifa”. Tra questi figurano dipendenti della polizia federale, polizia stradale federale, delle polizie civili e militari di alcuni stati, oltre che funzionari del Centro di intelligence dell’esercito e della stessa Abin. Tra i dipendenti ‘spiati’ illegalmente figurano tre professori universitari, uno dei quali è attualmente funzionario dell’Onu. Nel dossier sarebbero raccolti nomi, fotografie, indirizzi e account su social network.

Il Seopi avrebbe iniziato a raccogliere dati sul dossier dal titolo “Azioni di gruppi antifa e poliziotti antifascisti” a pochi giorni dalla pubblicazione di un manifesto intitolato “Poliziotti antifascisti in difesa della democrazia popolare”, firmato nel corso di una manifestazione da 503 funzionari di pubblica sicurezza. Un gruppo bollato pubblicamente dallo stesso presidente Jair Bolsonaro come “marginali, terroristi che vogliono distruggere il Brasile”. Nonostante il Seopi sia direttamente subordinato al ministro della Giustizia, l’attuale titolare del dicastero, André Mendonça, ha dichiarato di aver appreso del dossier dalla stampa, affrettandosi ad affermare di non poter confermare né smentire l’esistenza del rapporto, e sottolineando tuttavia che “produrre rapporti per prevenire situazioni che generano insicurezza per le persone, con potenziale di conflitto, depredazione, atti di violenza contro la proprietà pubblica è da considerarsi routine”.

Quando la notizia ha iniziato a creare imbarazzo nel governo, Mendoça ha assunto una postura più istituzionale disponendo un’inchiesta interna e esonerando il direttore del Seopi, da lui stesso nominato lo scorso maggio dopo essere stato indicato come successore del ministro Sergio Moro. Una scelta ritenuta “appropriata” dal ministero per tutelare lo “svolgimento dei lavori della commissione responsabile delle indagini” e per mostrare trasparenza nelle verifiche.

Tuttavia, contrariamente a ogni criterio di trasparenza era stato l’aver affidato incarichi di “intelligence” al Seopi, che grazie a un decreto presidenziale era stato esentato dal sottoporre le sue relazioni al monitoraggio della magistratura, ottenendo il grado di riservatezza garantito al Centro di intelligence dell’Esercito e all’Ufficio di sicurezza istituzionale. Una disposizione tanto urgente e necessaria da essere deliberata per decreto il primo giorno in carica del nuovo presidente Jair Bolsonaro, il 1 gennaio del 2019. Ora l’ufficio, giunto al crepuscolo passa il testimone al neonato Cin, tutelato dalle strutture dell’Abin, meno permeabili di quelle del ministero della giustizia.