La “rigenerazione urbana” è diventata uno slogan molto di moda, con annessa narrazione di periferie che rinascono, di spazi pubblici ritrovati e di tessuti sociali ricostruiti.
Ma quando si vanno a leggere i provvedimenti, spesso si scoprono ricadute assai diverse. Perché anche con i generosi premi di cubatura – offerti ad esempio dalla legge regionale del Lazio del 2017 – le operazioni di “sostituzione edilizia”, cioè demolizione e ricostruzione – rischia di non arrivare mai ai fatiscenti palazzoni delle periferie, né agli inadeguati condomini “normali”: troppi proprietari e soprattutto scarso ritorno economico per il “proponente”.
A Roma, infatti, gli interventi di “rigenerazione urbana” finora si sono particolarmente concentrati nei quartieri più centrali della città storica, che comprende l’area all’interno delle mura aureliane più i quartieri otto-novecenteschi, dove gli edifici, se non sottoposti a vincoli specifici, possono essere abbattuti e ricostruiti con semplificazioni procedurali e premialità varie, come appunto l’incentivo degli aumenti di cubatura della citata legge regionale. E nella Capitale da tempo sono in ballo decine di progetti che prevedono l’abbattimento dei famosi “villini” mono o bifamiliari, o di ex istituti religiosi, spesso in quartieri storici di altissimo pregio, come Coppedè, Montesacro, Garbatella, Prati, Trieste e altri.
Da un bel pezzo Carteinregola ed altre associazioni, ma anche enti come l’Istituto Nazionale di Urbanistica, chiedono inutilmente che venga modificata tale normativa, per tutelare un patrimonio edilizio che è anche identità e memoria collettiva della città. Ma fino ad oggi non è successo nulla, anzi, in occasione dell’approvazione del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale del Lazio, nell’agosto 2019, il centro storico della Capitale (e la città storica) è rimasto ancora una volta escluso dalle tutele paesaggistiche previste per gli altri comuni laziali.
Ora è giunta una norma, inserita nel Decreto “Semplificazioni e altre misure in materia edilizia” attualmente all’esame del Senato per la conversione in legge, che prevede che: “Nelle zone omogenee A [i centri storici individuati dai Piani Regolatori], gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti”; che vuol dire che finalmente nei quartieri storici sarà il Comune a prendere le decisioni e a programmare l’ammissibilità degli interventi. Ma subito è partito il coro dei contrari, associazioni professionali, imprenditoriali e sindacali, che lamentano che “questa formulazione legislativa inasprita nei confronti degli immobili situati nelle aree con vincolo paesistico e di quelli in zona omogenea ‘A’ finirebbe con il paralizzare qualsiasi attività legata alla rigenerazione urbana”*.
A questo punto, qualche domanda su cosa si intende per rigenerazione urbana, almeno la politica, dovrebbe farsela: se davvero deve avere “il fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini”, e “favorire il recupero delle periferie”, come mai sarebbe “paralizzata” se si regolano gli abbattimenti dei villini della città storica?
A favore della cancellazione del comma “salva villini” si sono pronunciati anche due esponenti romani del Partito Democratico, il deputato Claudio Mancini e il capogruppo capitolino Giulio Pelonzi, quest’ultimo con la motivazione che “se la norma non viene ammorbidita, si rischia di rendere vana la legge regionale sul recupero urbano e in parte anche i Piani regolatori e più in generale le scelte amministrative e urbanistiche dei Comuni”. Eppure il comma non proibisce gli interventi di demolizione e ricostruzione nelle zone omogenee A, ma li consente “esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale”. Non si tratta quindi di misure che “bloccano” ma che “regolano”, restituendo ai Comuni la guida delle trasformazioni, in questi anni mortificata da una preoccupante escalation bipartisan.
Carteinregola ha chiesto ai parlamentari che discuteranno il provvedimento di mantenere nel testo del DL il comma in questione. Ma comunque vada a finire, sarà una preziosa occasione per portare finalmente alla luce le posizioni di chi predica in un modo e legifera in un altro. Magari invocando il “Green Deal” e la lotta alle disuguaglianze nei salotti televisivi, per poi, in nome dei soliti tormentoni “dei posti di lavoro” e delle “semplificazioni”, avallare le solite politiche che premiano il profitto e mortificano il governo pubblico del territorio e la tutela del nostro patrimonio storico, ambientale, e paesaggistico.
Anna Maria Bianchi
Presidente di Carteinregola
Economia & Lobby - 7 Agosto 2020
Il decreto Semplificazioni ha regolato gli interventi edilizi nel centro storico. Ma a Roma c’è chi parla di paralisi
La “rigenerazione urbana” è diventata uno slogan molto di moda, con annessa narrazione di periferie che rinascono, di spazi pubblici ritrovati e di tessuti sociali ricostruiti.
Ma quando si vanno a leggere i provvedimenti, spesso si scoprono ricadute assai diverse. Perché anche con i generosi premi di cubatura – offerti ad esempio dalla legge regionale del Lazio del 2017 – le operazioni di “sostituzione edilizia”, cioè demolizione e ricostruzione – rischia di non arrivare mai ai fatiscenti palazzoni delle periferie, né agli inadeguati condomini “normali”: troppi proprietari e soprattutto scarso ritorno economico per il “proponente”.
A Roma, infatti, gli interventi di “rigenerazione urbana” finora si sono particolarmente concentrati nei quartieri più centrali della città storica, che comprende l’area all’interno delle mura aureliane più i quartieri otto-novecenteschi, dove gli edifici, se non sottoposti a vincoli specifici, possono essere abbattuti e ricostruiti con semplificazioni procedurali e premialità varie, come appunto l’incentivo degli aumenti di cubatura della citata legge regionale. E nella Capitale da tempo sono in ballo decine di progetti che prevedono l’abbattimento dei famosi “villini” mono o bifamiliari, o di ex istituti religiosi, spesso in quartieri storici di altissimo pregio, come Coppedè, Montesacro, Garbatella, Prati, Trieste e altri.
Da un bel pezzo Carteinregola ed altre associazioni, ma anche enti come l’Istituto Nazionale di Urbanistica, chiedono inutilmente che venga modificata tale normativa, per tutelare un patrimonio edilizio che è anche identità e memoria collettiva della città. Ma fino ad oggi non è successo nulla, anzi, in occasione dell’approvazione del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale del Lazio, nell’agosto 2019, il centro storico della Capitale (e la città storica) è rimasto ancora una volta escluso dalle tutele paesaggistiche previste per gli altri comuni laziali.
Ora è giunta una norma, inserita nel Decreto “Semplificazioni e altre misure in materia edilizia” attualmente all’esame del Senato per la conversione in legge, che prevede che: “Nelle zone omogenee A [i centri storici individuati dai Piani Regolatori], gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti”; che vuol dire che finalmente nei quartieri storici sarà il Comune a prendere le decisioni e a programmare l’ammissibilità degli interventi. Ma subito è partito il coro dei contrari, associazioni professionali, imprenditoriali e sindacali, che lamentano che “questa formulazione legislativa inasprita nei confronti degli immobili situati nelle aree con vincolo paesistico e di quelli in zona omogenea ‘A’ finirebbe con il paralizzare qualsiasi attività legata alla rigenerazione urbana”*.
A questo punto, qualche domanda su cosa si intende per rigenerazione urbana, almeno la politica, dovrebbe farsela: se davvero deve avere “il fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini”, e “favorire il recupero delle periferie”, come mai sarebbe “paralizzata” se si regolano gli abbattimenti dei villini della città storica?
A favore della cancellazione del comma “salva villini” si sono pronunciati anche due esponenti romani del Partito Democratico, il deputato Claudio Mancini e il capogruppo capitolino Giulio Pelonzi, quest’ultimo con la motivazione che “se la norma non viene ammorbidita, si rischia di rendere vana la legge regionale sul recupero urbano e in parte anche i Piani regolatori e più in generale le scelte amministrative e urbanistiche dei Comuni”. Eppure il comma non proibisce gli interventi di demolizione e ricostruzione nelle zone omogenee A, ma li consente “esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale”. Non si tratta quindi di misure che “bloccano” ma che “regolano”, restituendo ai Comuni la guida delle trasformazioni, in questi anni mortificata da una preoccupante escalation bipartisan.
Carteinregola ha chiesto ai parlamentari che discuteranno il provvedimento di mantenere nel testo del DL il comma in questione. Ma comunque vada a finire, sarà una preziosa occasione per portare finalmente alla luce le posizioni di chi predica in un modo e legifera in un altro. Magari invocando il “Green Deal” e la lotta alle disuguaglianze nei salotti televisivi, per poi, in nome dei soliti tormentoni “dei posti di lavoro” e delle “semplificazioni”, avallare le solite politiche che premiano il profitto e mortificano il governo pubblico del territorio e la tutela del nostro patrimonio storico, ambientale, e paesaggistico.
Articolo Precedente
Ubi Banca, Gaetano Miccichè è il nuovo amministratore delegato: altro passo verso la fusione con Intesa Sanpaolo
Articolo Successivo
Helicopter money, è il momento giusto: aspettare ancora può portare al disastro
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Raid russi contro infrastrutture energetiche: Kiev risponde usando per la prima volta i jet francesi. Zelensky in Sudafrica il 10 aprile
Zonaeuro
L’assalto all’Ue dei lobbisti delle armi: 18 incontri con i commissari nei primi tre mesi del von der Leyen II. E il budget dei gruppi di pressione fa +40% in un anno
Mondo
Ucraina, Mattarella: “Una pace basata sulla prepotenza non durerebbe”. Anche l’Italia al vertice di Parigi: “Si parlerà di invio di truppe”
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.