Diciamolo chiaramente. Con la desecretazione dei cinque verbali del comitato tecnico scientifico, richiamati nei decreti del premier Giuseppe Conte per arginare l’emergenza sanitaria provocata da Covid, il governo ha evitato in extremis una brutta figura. Anche perché bastava leggere le tre pagine con cui il presidente della III sezione del Consiglio di Stato, Franco Frattini, concedeva una sospensione tecnica della sentenza del Tar (che aveva deciso che quei documenti dovevano essere accessibili) per capire quale sarebbe stata la decisione.

Scriveva il 31 luglio l’alto magistrato: “…Non si comprende, proprio per la assoluta eccezionalità di tali atti, perché debbano essere inclusi nel novero di quelli sottratti alla generale regola di trasparenza e conoscibilità da parte dei cittadini, giacché la recente normativa – ribattezzata Freedom of information act sul modello americano – prevede come regola l’accesso civico”. Quei provvedimenti “hanno costituito il presupposto per l’adozione di misure volte a comprimere fortemente diritti individuali dei cittadini, costituzionalmente tutelati, ma non contengono elementi o dati che la stessa appellante abbia motivatamente indicato come segreti”, “le valutazioni tecnico-scientifiche si riferiscono a periodi temporali pressoché del tutto superati” e “la stessa Amministrazione, riservandosi una volontaria ostensione, fa comprendere di non ritenere in esse insiti elementi di speciale segretezza da opporre agli stessi cittadini”.

Ebbene i verbali, “gentilmente” liberati dal segreto da Palazzo Chigi grazie alla battaglia legale della Fondazione Einuadi, che prima ne ha chiesto l’accesso e poi ha fatto ricorso al Tar, non sono solo quei cinque. Ma ovviamente molti di più: leggendo la numerazione di quelli che sono stati pubblicati si comprende che il verbale del 9 aprile era il numero 49 e da quanto abbiamo saputo si tratta a oggi di 98-99 documenti. Ebbene: il governo come vero atto di trasparenza, non forzato da un verdetto che l’avrebbe visto certamente soccombere, pubblichi tutti gli altri. Magari sul sito della Protezione Civile, in modo che tutti possano leggere i suggerimenti, le ipotesi, gli scenari degli scienziati che sono stati chiamati ad aiutare l’esecutivo nel difficile compito di gestire un Paese nel mezzo della più grave epidemia dal 1918. Ci facciano leggere gli altri verbali: tutti, dal primo all’ultimo.

Privare i cittadini della possibilità di giudicare fino in fondo le scelte probabilmente necessitate, ma che sono di natura comunque politica, potrebbe essere interpretato come un atto in contrasto con il diritto a essere informati e con il dovere della trasparenza che ogni istituzione, e a maggior ragione le più importanti in un Paese, democratico devono onorare.

Ognuno in cuor suo e al momento di votare deciderà se quello che è stato fatto dal governo era giusto oppure no. Ma non era e non è accettabile che si opponesse il segreto – adducendo come motivazione un danno concreto all’ordine pubblico e la sicurezza – su documenti che hanno inciso pesantemente sulla vita dei cittadini, sulla salute di molti e sull’economia di tutto il Paese.

Ma le mancanze dell’esecutivo, sotto pressione evidente con i numeri di contagi, morti e ricoverati che cresceva in progressione geometrica, sono disturbanti tanto quanto l’assenza della voce di deputati e senatori. Come sottolinea l’avvocato Rocco Todero, legale della Fondazione Einaudi, in un intervento a sua firma sulle pagine de Il Foglio, “è stato del tutto assente il Parlamento nazionale, il quale, nella sua veste di massimo rappresentante della sovranità popolare, non ha mai dato segno di volere esercitare la funzione di controllo nei confronti del Governo”.

Solo a ricorso innescato dalla onlus sono comparsi i primi commenti e le dichiarazioni, ma più che un’esigenza di trasparenza e una richiesta di esercizio pieno della democrazia è sembrato il solito gioco vuoto di opposizioni demagogiche. Vale la pena ricordare che la desecretazione è avvenuta il giorno dopo la richiesta del Copasir di accedere a quegli atti e dopo un’audizione della ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese. E a chiunque ci legge ricordiamo che, per Costituzione, “La sovranità appartiene al popolo”. Ci facciano leggere i verbali e nessuno ne potrà dubitare.

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