Nelle ultime settimane sono stati pubblicati decine di studi sugli anticorpi monoclonali sulle più autorevoli riviste scientifiche internazionali, tra cui Nature e Science. Sono solamente una decina i gruppi di ricerca che stanno portando avanti queste sperimentazioni (mentre, sui vaccini sono oltre 200 i progetti). Gli anticorpi monoclonali sono delle “copie” identiche di anticorpi – prodotte in laboratorio – identificati nei pazienti convalescenti o guariti da Covid 19. Non va fatta confusione con il Plasma iperimmune, le strategie sono diverse. La prima clona “una” sola e unica linea di anticorpi, detti appunto “monoclonali”. L’altra raccoglie il plasma in vivo dai pazienti, in questo caso si trovano “migliaia” di tipi diversi di anticorpi, cosiddetti “policlonali”. Va subito precisato anche che gli anticorpi “monoclonali” non sono l’equivalente di un vaccino: quest’ultimo si somministra a persone sane inducendo l’organismo a produrre anticorpi e cellule immunitarie, mentre i primi sono come ‘squadre speciali’ infuse per colpire, come un proiettile di precisione, il virus Sars Cov 2: la somministrazione di anticorpi “monoclonali” (mAb) fornirebbe una protezione immediata, senza dover aspettare la stimolazione dell’intero sistema immunitario come avviene per i vaccini (che può impiegare diverse settimane). Inoltre, gli individui più anziani e quelli con condizioni di comorbidità sottostanti potrebbero non generare una risposta protettiva robusta dopo la vaccinazione, quindi potrebbe essere utile comprendere l’efficacia degli anticorpi monoclonali per fornire una protezione certa anche nei pazienti più fragili.
In Italia, ci sono laboratori leader in Europa in queste ricerche. A Siena, il Mad Lab (Monoclonal Antibody Discovery) della Fondazione Toscana Live Sciences ha selezionato una linea di anticorpi monoclonali, in collaborazione con INMI Spallanzani di Roma, “Siamo i primi in Europa in questa sperimentazione, siamo riusciti a selezionare accuratamente tre tipi di anticorpi, su oltre 4.000 candidati, ottenuti dal sangue di pazienti convalescenti o guariti da Covid 19”, così Emanuele Andreano, ricercatore del team toscano. In autunno, è presumibile che non sia disponibile un vaccino su larga scala, se fosse questo lo scenario gli anticorpi monoclonali potrebbero avere un ruolo strategico. “Il vaccino e gli anticorpi monoclonali sono due strade complementari per combattere la diffusione del virus e curare le persone infette. L’approccio con anticorpi monoclonali umani, oltre che come terapia nei pazienti Covid 19, potrà comunque essere impiegato come profilassi passiva in tutte quelle persone sane ma potenzialmente più esposte al rischio: operatori sanitari, medici”. Generalmente i costi di produzione degli anticorpi monoclonali sono molto elevati per la complessità dei processi produttivi industriali, ma si è riusciti a passare da migliaia di dollari a grammo, a circa 100-200 dollari a grammo (per un trattamento si parla di dosi dieci volte inferiori al grammo), in uno scorcio di tempo impensabile. “Attualmente, grazie all’enorme avanzamento tecnologico e scientifico, e alle ormai ben definite linee di produzione e regolamentazione, è stato possibile ridurre drasticamente i costi e le tempistiche di produzione degli anticorpi monoclonali. Inoltre, data la grande potenza dei nostri anticorpi monoclonali, puntiamo ad usare dosi molto piccole per ogni individuo mantenendo la loro efficacia e riducendone così le quantità necessarie di produzioni. Va anche detto che un trattamento di questo tipo dovrebbe proteggere per circa 3 settimane, questa è la stabilità accettata in genere degli anticorpi, anche se nei laboratori toscani “gli anticorpi clone sono stati ingegnerizzati per estendere la loro vita e persistere fino a 6 mesi, continuando così a proteggere il paziente – continua Emanuela Andreano – prima della fine dell’anno miriamo a portare i nostri anticorpi candidati in sviluppo clinico e, successivamente, nella fase di safety-tolerability, sicurezza-tollerabilità, nei pazienti”.
A lavorare su questa strategia c’è anche il team di Giuseppe Novelli, genetista, già rettore dell’Università di Tor Vergata, “Stiamo collaborando con l’Università di Toronto e di Boston, abbiamo ricercato anticorpi monoclonali sintetici e ne abbiamo individuati una decina, e tre di questi hanno un’elevatissima potenzialità bloccante”. La questione essenziale da capire, anche qui, è quella dei tempi, quando saranno potenzialmente disponibili per una sperimentazione sull’uomo, secondo Novelli “la ricerca accademica ha fornito gli elementi di base, ma adesso vanno realizzati e non può farlo l’Università. Negli Usa sono già state avviate sperimentazioni cliniche di fase 1 e 2, è quindi possibile che entro 6-12 mesi, se tutto procede secondo le aspettative, potranno essere autorizzati e immessi sul mercato per uso clinico”. Rimane da dimostrare il loro meccanismo d’azione e la loro efficacia in vivo: un trattamento di questo tipo, in linea teorica, può funzionare sul 100% dei pazienti come sul 50%: “Non lo sappiamo, dobbiamo attendere i risultati dei trial clinici, alcuni dei quali sono attivi in questo momento. Il basso tasso di mutazioni del virus e del recettore umano ACE2 ci fanno essere ottimisti. L’esperienza con Ebola, malattia con il 75% di mortalità, ha dimostrato che il trattamento con anticorpi monoclonali soprattutto nelle prime fasi dell’infezione produce una riduzione della mortalità fino al 50% dei pazienti trattati”.
Se in Europa, l’Italia è il paese più avanti nelle sperimentazioni sugli anticorpi monoclonali, negli Stati Uniti, sono due i gruppi principali che stanno conducendo studi clinici in tal senso, la Regeneron e la Ely Lilly. Quest’ultima ha appena annunciato l’avvio di uno studio di Fase III che indagherà efficacia e sicurezza dell’anticorpo monoclonale (LY-CoV555) nei residenti e nel personale di strutture di assistenza a lungo termine (RSA). Anche il gruppo con sede a New York – Regeneron – sta conducendo studi clinici di fase avanzata sull’uomo per valutare l’efficacia dell’anticorpo “selezionato” nel trattamento e nella prevenzione del Covid19. Allo stato attuale, diversi anticorpi monoclonali stanno entrando nelle fasi avanzate cliniche, in parallelo, nelle prossime settimane saranno valutati per la loro capacità di limitare o modificare l’infezione da Sars-CoV2.