Europa contro Lombardia. Un’altra grana, sinora passata sottotraccia, preoccupa da mesi la giunta Fontana. E rischia di far saltare quello che da anni è uno dei vanti della Regione: la Dote unica lavoro (Dul). Si tratta di uno strumento di politica attiva del lavoro che prevede un sostegno alla ricollocazione dei disoccupati. Chi ha perso il posto si rivolge a un’agenzia per il lavoro privata o a un centro per l’impiego pubblico, viene formato e accompagnato alla ricerca di un nuovo lavoro. L’agenzia e il centro per l’impiego prendono dalla Regione un contributo “di processo” per le attività di formazione e presa in carico. E se il percorso si conclude con un contratto, anche un contributo “di risultato”. Ed è proprio quest’ultimo a essere finito sotto accusa della Commissione europea, che finanzia la dote attraverso il Fondo sociale europeo (Fse): spesso, come nel caso dei contratti di somministrazione, le agenzie per il lavoro incassano, oltre al contributo pubblico, un compenso anche dall’azienda che assume il lavoratore.

Per i tecnici della Commissione si tratta di un doppio finanziamento che si scontra con le regole europee. La cosa all’inizio è stata contestata solo per i contratti di somministrazione, ma ora anche per altre forme di inserimento lavorativo, persino quelle a tempo indeterminato.

La lettera dell’assessora per chiedere aiuto a Roma – Non è la prima volta che la Commissione Ue fa le pulci alla Dote unica lavoro. Il primo audit risale al 2016. Finora la regione ha sempre parato i colpi. E nel 2017 la Dul, che in sette anni ha avviato al lavoro 180mila persone, è stata anche premiata come “buona pratica” dai Regiostars Awards della Commissione. Ma audit dopo audit, ora siamo arrivati al dunque e ad essere messo in discussione è tutto il suo impianto. La preoccupazione dei piani alti di Palazzo Lombardia è tale che il tema è stato oggetto lo scorso 8 giugno di un incontro tra il governatore Attilio Fontana, l’assessora regionale a Istruzione e lavoro Melania Rizzoli e il membro italiano della Commissione Ue Paolo Gentiloni, in modo da trovare una sponda a Bruxelles.

L’assessora Rizzoli ha anche chiesto un appoggio a Roma: “Ormai sembra che la direzione generale Employment abbia chiuso le interlocuzioni tecniche, con la censura della politica nel suo complesso e con la determinazione di prescrizioni di impossibile realizzazione”, scriveva il 30 giugno alla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo in una lettera che ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere. L’assessora si dice disponibile ad avanzare “nuove proposte per ridurre ancora i rischi di usi distorti delle risorse europee o per migliorarne l’efficacia in termini di risultati”. E chiede “il supporto politico per facilitare il dialogo con il commissario Schmit (che ha la delega al Lavoro, ndr) e i servizi della direzione generale Employment, anche attraverso l’ausilio della delegazione italiana a Bruxelles”. Una chiamata alle armi che, secondo quanto filtra da Palazzo Lombardia, al momento non è riuscita a ottenere il coinvolgimento del ministero. In ogni caso l’interlocuzione con i tecnici di Bruxelles va avanti con una serie di video conferenze nel tentativo di trovare un accordo sui nuovi parametri per la concessione di contributi agli operatori e nel tentativo di sminare una delle richieste meno gradite, quella di controllare a tappeto tutte le doti concesse negli anni passati, pena il taglio dei finanziamenti europei. Con il rischio che la Dul venga affossata per sempre.

Secondo Claudio Negro della fondazione Kuliscioff, che in qualità di sindacalista della Uil anni fa ha contribuito a definire la Dote unica lavoro insieme ai rappresentanti delle imprese e alla Regione, “il rischio di una Dul senza premialità in caso di assunzione è che gli operatori privati da un lato siano sfavoriti nei servizi di inserimento lavorativo rispetto ai centri per l’impiego, mentre dall’altro abbiano mano libera di fare formazione generica, non finalizzata più a uno sbocco occupazionale”. Preoccupazione è stata espressa anche da Assolavoro, l’associazione di categoria delle agenzie.

Le critiche di Pd e M5S alla Dul – Ma in Regione c’è anche chi ritiene che i tecnici europei abbiano le loro ragioni. “Nonostante i correttivi apportati negli ultimi due anni – dice il consigliere regionale del Pd Samuele Astuti – l’elevato premio legato all’effettivo inserimento lavorativo, ancora oggi in essere, continua ad esporre la Dote al rischio di doppio finanziamento”. Da una recente interrogazione di Astuti, si è poi saputo che dei 102 milioni di euro stanziati per la Dul per il triennio 2019-2021, ne sono stati impegnati sinora 69 milioni, ma ne sono stati spesi solo 5. “Lo scenario occupazionale e i relativi bisogni di formazione e ricollocazione sono profondamente cambiati negli ultimi mesi, se non addirittura stravolti in seguito all’emergenza Covid – dice Astuti -. È dunque necessaria una completa revisione dello strumento aggiornandolo alle nuove esigenze”.

L’assessora Rizzoli, sentita in merito, ritiene che la rendicontazione di soli 5 milioni non sia indice di insuccesso, ma dipenda dal fatto che a inizio 2019 il modello è stato rivisto “in modo da spingere gli operatori a prendere in carico soprattutto i disoccupati più difficili da ricollocare. Questa scelta è stata adottata per ridurre i rimborsi agli operatori per i servizi erogati a favore di lavoratori più facili da ricollocare e per promuovere la presa in carico della platea di disoccupati che sarebbero stati destinatari del reddito di cittadinanza”.

Critiche arrivano anche dal M5S: “La Dul – dice il consigliere Raffaele Erba – crea, per come è impostata, una distorsione di concorrenzialità tra agenzie interinali e centri per l’impiego. Le prime pagate due volte, mentre i centri per l’impiego smantellati e depotenziati. Ancor più che nella sanità, si vede come la privatizzazione selvaggia in questo settore abbia creato ormai un monopolio di privati, con tutte le conseguenze del caso. In primis lo spostamento dell’obiettivo principale che dalla ricollocazione passa al profitto a discapito del servizio. In secondo luogo la tendenza da parte delle agenzie interinali ad acquisire lavoratori di più facile ricollocazione escludendo dai loro servizi proprio le fasce che necessitano di maggiori attenzioni, come ad esempio gli over 50”.

twitter: @gigi_gno

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