Due morti, quattro feriti e un numero di proiettili ancora imprecisato. Sono i numeri che raccontano il sabato sera di sangue a Librino, popoloso quartiere di Catania, a pochi chilometri dall’aeroporto di Fontanarossa. Il conflitto a fuoco è avvenuto in viale Grimaldi, tra i numeri civici 16 e 18, vicino a una rampa da cui si raggiungono i palazzoni popolari. Quando ancora il buio non era sceso, i colpi hanno raggiunto un gruppo di persone che viaggiava a bordo di diversi scooter. A perdere la vita sono stati il 48enne Luciano D’Alessandro e il 28enne Vincenzo Scalia, conosciuto anche con il soprannome Enzo Negativa. I due erano pregiudicati per reati minori, ma gli inquirenti non escludono fossero vicini alla criminalità organizzata.
Nel passato di D’Alessandro, per esempio, c’è l’arresto insieme al boss Biagio Sciuto per l’assalto a un taxi in cui viaggiava un rappresentante di gioielli, oltre all’arresto per un furto ai danni di due turisti tedeschi che però riuscirono a scattare una fotografia all’uomo prima della fuga. Per quanto riguarda Scalia, invece, va segnalato un arresto, nell’estate del 2016, per detenzione di armi: la polizia gli trovò a casa tre pistole. La perquisizione non era stata casuale: poco prima, il giovane aveva esploso dal balcone alcuni colpi di pistola all’indirizzo di una coppia accusata di avergli disturbato il sonno.
Al centro dell’inchiesta, coordinata dall’aggiunto Ignazio Fonzo e dal pm Alessandro Sorrentino, ci sono i clan che riforniscono di marijuana, hashish e cocaina Catania e provincia. Al momento non è chiaro quali fossero i rapporti tra le persone coinvolte: oltre a D’Alessandro e Scalia, infatti, sono rimasti feriti anche il 25enne M.C.S., il 56enne L.G., il 40enne R.P. e il 30enne C.A.B. Nel caso dei primi due sono già emersi collegamenti con la criminalità organizzata: il 25enne è genero di un uomo legato alla cosca dei Cursoti Milanesi, mentre il 56enne è ritenuto legato al clan Cappello Bonaccorsi nonché già coinvolto in un’inchiesta – il cui processo per lui è finito con l’assoluzione – su un traffico di stupefacenti gestito anche attraverso l’uso delle ambulanze di una onlus. Stamattina, due dei quattro feriti hanno lasciato gli ospedali della città mentre gli altri restano ricoverati. Ai carabinieri il compito di capire se a sparare siano state persone che poi hanno lasciato il luogo dell’agguato o se invece lo scontro a fuoco abbia avuto come protagonisti soltanto le persone rimaste sull’asfalto.
Un altro punto interrogativo riguarda ciò che è accaduto il giorno prima: venerdì, infatti, un giovane è stato gambizzato nella zona di San Berillo Nuovo, un altro quartiere popolare di Catania. A rimanere ferito è stato il fratello della persona che controllerebbere la gestione degli stupefacenti nella zona, per conto della famiglia degli Strano, gruppo molto vicino al clan Cappello Bonaccorsi. Gli inquirenti, adesso, cercano di capire se possa esserci un collegamento tra i due fatti.
A commentare quanto accaduto è stato anche Sebastiano Ardita, oggi componente del Csm e in passato magistrato nel capoluogo etneo. “Mentre nella parte ricca della città e nelle frazioni a mare si svolge il rituale del sabato sera, tra serate, musica e vacanze, a Librino sembra essere scoppiata nuovamente la guerra. Giovani che cadono sotto il fuoco delle armi come accadeva negli anni 70-90 – ha scritto Ardita – Nei quartieri, dove il traffico della droga coi suoi flussi costanti di denaro sembrava aver pacificato i rapporti di potere criminale, si torna a sparare. Segno che la dimensione militare è ancora viva”. Per il magistrato non è da escludere una nuova fase di violenza in città: “Ce ne eravamo dimenticati di cosa era Catania ai tempi delle guerre di mafia, quando ogni anno si contavano cento e più omicidi. Ma non dobbiamo mai dimenticare che i fenomeni e le storie criminali, come tutti i fatti umani, sono soggetti a ciclici ricorsi. Dunque nulla è sepolto per sempre, e tutto ciò che sta dietro le nostre spalle non è semplicemente passato: può tornare ad essere la chiave di lettura con la quale comprendere ciò che può aspettarci, per non farsi trovare impreparati”.