Il 40esimo anniversario della strage di Bologna, il più grave atto di terrorismo mai verificatosi in Italia, ha riportato alla ribalta alcuni personaggi, peraltro da tempo morti e sepolti. Sulle loro responsabilità nell’organizzare e finanziare tale strage e nel tentare depistaggi volti a confondere le indagini e l’opinione pubblica, la magistratura ha acquisito delle certezze pressoché definitive.
Peccato però che, nel frattempo, tali personaggi siano tutti passati a peggior vita. Si tratta in primo luogo del “Venerabile” Licio Gelli, il capo indiscusso della Loggia P2, luogo principe del complotto antidemocratico che ha avuto come scenario il nostro Paese dagli anni Sessanta in poi, in diretto collegamento con l’Operazione Stay Behind e con Gladio, l’esercito parallelo anticomunista destinato a contrastare l’adozione da parte dell’Italia di una linea politica non subalterna in tutto e per tutto ai desiderata del capofila atlantico, gli Stati Uniti d’America.
Abbiamo poi Federico D’Amato, a lungo capo dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, uno dei gangli più delicati dell’amministrazione repressiva. Quindi l’editore della rivista di destra Il Borghese Mario Tedeschi e infine Umberto Ortolani, banchiere e tesoriere della Loggia citata. Ecco i quattro membri della Direzione strategica stragista (Dss) della quale facevano parte probabilmente anche altri personaggi, specie di Oltreoceano.
Un’inevitabile ricostruzione storica di questa e altre stragi evidenzia il dato che purtroppo la magistratura italiana e le forze dell’ordine non sono stati in grado di cogliere in tempi utili per permettere alla giustizia di avere il suo corso con la punizione dei colpevoli. Sono stati condannati solo taluni esecutori, criminali fascisti, manovalanza tutto sommato di basso livello. E’ rimasto invece immune il disegno complessivo, caratterizzato da un attacco sistematico alla popolazione che attentati come quello di Bologna e altri dovevano terrorizzare, per avviare un processo di destabilizzazione della democrazia italiana, basato sulla diffusione di un clima di incertezza e paura.
Nessun dubbio si può avere sul fatto che tale destabilizzazione abbia avuto successo. Nel 1980 comincia un processo di declino della democrazia italiana che aveva raggiunto negli anni Settanta, grazie alla mobilitazione sociale nelle scuole, nei posti di lavoro e nei quartieri, livelli abbastanza elevati. Negli anni immediatamente successivi avemmo il craxismo e il Pentapartito e poi, a partire dai primi anni Novanta – inaugurati a loro volta dalle stragi di mafia e dall’uccisione dei giudici Falcone e Borsellino – il berlusconismo trionfante. Per non parlare del fatto che la totale sudditanza nei confronti degli Stati Uniti d’America sia sempre stata una cifra identificativa indispensabile di tutti i governi che si sono succeduti, sempre meno indipendenti nei confronti di Washington.
Da tale punto di vista può forse essere utile un parallelo coll’America Latina. In tale continente il terrorismo di Stato assunse i connotati dell’Operazione Condor, coordinamento tra i servizi segreti e le autorità di vari Paesi per liquidare fisicamente la sinistra. Ne risultarono decine di migliaia di vittime in molti Paesi. Un’operazione sulla quale proprio recentemente la magistratura italiana ha avuto il merito di svolgere importanti valutazioni, condannandone alcuni protagonisti.
In un intervento svoltosi all’Avana il 13 giugno 2005 il professor Luciano Vasapollo ebbe il merito di indicare le connessioni esistenti tra Operazione Condor e stragi italiane. Lo strumento della strage è stato peraltro usato più volte nei confronti di Cuba, coi vari attentati organizzati dalla rete terroristica basata a Miami.
Da un punto di vista storico complessivo tali connessioni hanno la loro radice nella pervicace e strenua volontà dell’imperialismo internazionale di impedire il libero sviluppo dei popoli e la loro emancipazione dal proprio potere. Proprio per questo si tratta di questioni di grande attualità, come la cronaca di questi giorni si incarica purtroppo di ribadire puntualmente.