Aleksandr Lukashenko riconfermato presidente della Bielorussia per il sesto mandato con l’80,23% dei voti. Si chiude così la tornata elettorale più contestata degli ultimi dieci anni a Minsk, che riconferma alla guida del Paese il padre-padrone che la governa col pugno di ferro dal 1994 e scatena la rivolta di piazza, con l’opposizione guidata dalla candidata sconfitta Svetlana Tikhanovskaya che denuncia i brogli, non riconosce i risultati del voto e chiede “a coloro che credono che la loro voce sia stata rubata di non tacere “.
Mentre la Russia di Vladimir Putin, da sempre alleata di Minsk, e la Cina di Xi Jinping si congratulano col vincitore, in tutto il Paese la tensione è altissima: nella notte migliaia di bielorussi sono scesi in strada nella notte per protestare. Gli scontri con la polizia, che ha sparato pallottole di gomma, lanciato lacrimogeni e usato idranti contro i dimostranti che hanno contestato la validità del voto, sono finiti nel sangue: un manifestante è stato ucciso, dozzine di persone sono rimaste ferite (più di 50 civili e 39 agenti) e oltre 3000 sono state arrestate. Scomparso da 12 ore Maxim Solopov, inviato speciale della testata indipendente russa Meduza: per il media russo Daily Storm è stato picchiato dalle forze di sicurezza bielorusse mentre stava documentando i feroci scontri a Minsk. E Internet ha smesso di funzionare in molte parti della città.
Il “complotto” delle potenze straniere – Lukashenko minimizza la portata delle proteste, che sono “dirette” dall’estero. “I servizi speciali hanno registrato chiamate dalla Polonia, dalla Gran Bretagna e dalla Repubblica Ceca“, ha dichiarato l’eterno presidente della Bielorussia, oggi più che mai osservato speciale della comunità internazionale. Convinto che la polizia stia dando una “risposta adeguata” ai disordini, ha avvertito che “non permetteremo che il Paese venga lacerato” e che in Bielorussia “non ci sarà una Piazza Maidan, non importa quanto qualcuno lo voglia”, riferendosi al luogo simbolo della rivoluzione in Ucraina del 2014 che ha portato alla caduta del filorusso Viktor Yanukovic e al passaggio a di Kiev nella sfera d’influenza occidentale. E ha aggiunto: “Non parlerò della Polonia: da lì cercano di tirare i fili. Non parlerò dell’Ucraina: molta gente è venuta da lì. Sono sicuro che questa non è una politica statale ma là ci sono molte persone ‘patite’ del Maidan. Purtroppo alcune persone sono venute anche dalla Russia”.
Bruxelles: “Conteggio dei voti sia trasparente” – Sulle violenze è intervenuta anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che chiede alle “autorità bielorusse di garantire che i voti nelle elezioni di ieri siano conteggiati e pubblicati in modo accurato”, oltre a ribadire che “la persecuzione e la repressione violenta di manifestanti pacifici non hanno posto in Europa” e che “i diritti fondamentali in Bielorussia devono essere rispettati”. Anche il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e il governo tedesco condannano le violenze: il portavoce della Merkel ritiene “inaccettabile” che gli “standard minimi democratici” non siano stati mantenuti e per il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas l’Unione Europea dovrebbe reintrodurre le sanzioni contro Minsk. Varsavia, invece, chiede un vertice europeo straordinario perché “le autorità hanno usato la forza contro i loro cittadini che chiedevano un cambiamento nel paese. Dobbiamo sostenere il popolo bielorusso nella sua ricerca della libertà”, ha detto il premier Mateusz Morawiecki.
L’opposizione – Sul fronte dell’opposizione, è rivolta nella squadra elettorale della candidata Svetlana Tikhanovskaya, che non riconosce i risultati delle presidenziali riportati dalla Commissione centrale elettorale perché “contraddicono la realtà e sono completamente in contrasto con il buonsenso”. Il risultato cozza di fatto contro ogni recente analisi demoscopica – per quanto rara – e con il ‘mood’ registrato nelle piazze del Paese negli ultimi mesi, anche a causa della pessima gestione dell’epidemia di Covid-19 da parte delle autorità. “Ora devono ora pensare a come trasferire il potere in forma pacifica perché finora hanno soltanto seguito una strada, quella della violenza contro pacifici bielorussi. Quanto è avvenuto ieri è inaccettabile”, ha detto Tikhanovskaya che ha condannato le violenze contro “manifestanti pacifici” e il blocco di Internet, fermo la maggior parte della notte e ripreso parzialmente solo stamattina. Le autorità, ha aggiunto, “tentano di mantenere le loro posizioni con la forza” invece di permettere un cambiamento pacifico.
Le proteste prima del voto – Solo pochi giorni fa a Minsk oltre 60mila persone sono scese in piazza per protestare contro Lukashenko, evento che non succedeva da almeno 10 anni. Nel giorno finale del voto – le urne avevano aperto il 4 agosto – sono state registrate lunghe code ai seggi elettorali. Secondo la presidente della Commissione elettorale centrale bielorussa, Lidiya Yermoshina, si è trattato però di “un vero e proprio sabotaggio, una provocazione organizzata” e per questo non ha concesso un prolungamento dell’orario di voto. La polizia, nel timore di eventuali rivolte, aveva chiuso la piazza dell’Indipendenza della Capitale, dove si trovano sia gli edifici del governo e che della Commissione.
Opposizioni sconfitte – Niente da fare, quindi, per Svetlana Tikhanovskaja, la casalinga 37enne priva di esperienza politica che si è candidata dopo che il marito, il vlogger Serghej Tikhanovskij, è stato arrestato ed escluso dalla corsa. In molti hanno visto in lei l’unica competitor possibile per Lukashenko, ma già i primi exit poll le assegnavano un magro risultato: 6,8%. A fine scrutinio è arrivata a 9,9. A nulla è servito l’invito ai suoi militanti di andare al voto con indosso dei braccialetti bianchi, in modo tale da essere identificabili come sostenitori dell’opposizione. Tikhanovskaya non ha trascorso la notte nel suo appartamento per ragioni di sicurezza e diversi membri della sua squadra elettorale sono stati fermati dalla polizia negli scorsi giorni. Sabato gli agenti hanno fermato anche la responsabile della sua campagna elettorale, Maria Moroz, mentre è fuggita all’estero Veronika Tsepkalo, una delle principali alleate della candidata dell’opposizione. Inutili anche gli appelli a sostenere “ogni poliziotto e ogni ufficiale che si rifiuti di obbedire a un ordine criminale“.