“Sarei coinvolta nello scandalo dei ‘furbetti del bonus‘ e mi autodenuncio. Non vivo di politica perché non voglio e non potrei”. La prima è stata Anita Pirovano, consigliera comunale a Milano per la lista di sinistra Milano Progressista: in un post su Facebook ha spiegato di aver ottenuto l’indennità Inps destinata ai liberi professionisti in difficoltà a causa dell’emergenza coronavirus. Come i cinque deputati, rimasti però ancora anonimi perché nessuno di loro ha avuto il coraggio per ora di uscire allo scoperto. Dopo Pirovano, altri consiglieri stanno raccontando di aver chiesto il bonus da 600 euro. Jacopo Zannini di Trento (L’altra Trento a sinistra), poi Francesco Rubini, consigliere comunale ad Ancona. Tutti rivendicano una differenza sostanziale rispetto alla situazione economica dei parlamentari: “Pur lavorando tanto ed essendo componente di un’assemblea elettiva (il che non mi garantisce né un’indennità né banalmente i contributi Inps) ho un reddito annuo dignitoso e nulla di più“, spiega Pirovano, che è psicologa e ricercatrice sociale. Situazione diversa anche rispetto a quella di Franco Mattiussi, consigliere regionale in Friuli-Venezia Giulia di Forza Italia: “Ho utilizzato quei soldi – ha spiegato – per far quadrare conti che comunque dovevano essere saldati. Perché nonostante tutto fosse fermo, bollette continuavano ad arrivare”. Mattiussi però da consigliere regionale ha una busta paga che si aggira intorno ai 10mila euro lordi al mese: secondo i calcoli effettuati da Il Piccolo a inizio legislatura, guadagna tra i 6.500 e gli 8.500 euro netti al mese. Inoltre è gestore di due alberghi, una trattoria e un bar.
La consigliera comunale di Milano e gli altri due suoi colleghi denunciano condizioni diverse. Il trentino Zannini ha scritto su Fb di aver chiesto i 600 euro “visto che con i gettoni di presenza non sarei arrivato a fine mese” e “anche io non vivo di sola politica, pago l’affitto ogni mese e per marzo e aprile sono rimasto senza lavoro”. Da Ancona Rubini spiega: “Sono un giovane avvocato precario“. Nel suo lungo messaggio su Facebook, la consigliera milanese Pirovano racconta: “Ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e addirittura ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza”. Ma “ho capito sulla mia pelle che avere un lavoro (nel mio caso più d’uno in regime di lavoro autonomo) mi consente di essere ‘più libera’ nell’impegno politico presente e ancora più nelle scelte sul futuro, per definizione incerto”. Insomma: una situazione totalmente diversa rispetto a quella di un parlamentare con uno stipendio netto di oltre 12mila euro esclusi i rimborsi spese. “Come tanti mi indigno, perché è surreale che un parlamentare in carica fruisca di ammortizzatori sociali”, scrive infatti la consigliera, “e penso sia paradossale che una misura di sostegno al reddito non preveda nessuna soglia di reddito. Tutto ciò premesso, qualcuno mi spiega perché da lavoratrice, e la politica non è un lavoro per definizione, non avrei dovuto fare richiesta di una misura di sostegno ai lavoratori perché faccio anche politica?”.
Il ragionamento è molto simile a quello del consigliere di Ancona Rubini, che fu anche candidato sindaco: “Ho 29 anni, sono un giovane avvocato precario con una partita Iva aperta nel 2019 e faccio il Consigliere Comunale nel Comune di Ancona dove percepisco gettoni di presenza (niente stipendio, indennità, rimborsi, benefit etc, etc) per una media di 600/700 euro al mese (ribadisco: 600/700 euro) per gestire commissioni, sedute del consiglio, rapporto con i cittadini, incontri sul territorio e tutto ciò che concerne il ruolo”, sottolinea Rubini. Il consigliere poi spiega di essere ancora “costretto a barcamenarmi per avere un reddito mensile decente”. Quindi conclude: “Adesso, cari populisti da strapazzo, odiatori di professione, leoni da tastiera e buffoni vari, venite a prendermi per processarmi in pubblica piazza nella vostra ridicola guerra contro ‘i politici ladri’. Vi aspetto a braccia aperte”.
Secondo quanto riportato da Repubblica, tra i percettori del bonus Inps ci sarebbero 2mila tra assessori regionali, consiglieri regionali e comunali, presidenti di Regione e sindaci. ”Mi arrabbio ancor più – conclude la consigliera comunale Pirovano – se penso che tra questi probabilmente sarà stato tirato in causa anche qualche sindaco di un piccolissimo Comune con una grandissima responsabilità pubblica e un’indennità di poche centinaia di euro annue, accomunato ai parlamentari o ai consiglieri regionali dal comune impegno politico ma non dal conto in banca”.
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