Il magnate dei media Jimmy Lai, tra le figure di maggior rilievo del fronte democratico di Hong Kong, è stato arrestato perché avrebbe violato la nuova legge sulla sicurezza nazionale. Lai, 71 anni, è a capo di un impero dell’editoria sotto la holding Next Digital e si è apertamente schierato a favore delle proteste e del movimento pro-democrazia di Hong Kong.
La polizia ha riferito di aver eseguito in tutto sette arresti, a carico di persone di età compresa tra i 39 e i 72 anni, in base all’accusa “di collusione con forze straniere e cospirazione per commettere frodi“, parte di un’operazione su larga scala. L’operazione è stata condannata con forza da Joshua Wong, uno dei volti più noti tra gli attivisti democratici: “Questa è la fine della libertà di stampa e il giorno più buio per i giornalisti. Potete immaginare le redazioni di New York Times e Guardian andare incontro a qualcosa di simile?”.
Jimmy Lai Chee-ying, stando al South China Morning Post, è stato prelevato dagli agenti del Dipartimento per la sicurezza nazionale dalla sua residenza intorno alle 9 del mattino (ora locale). “È stato arrestato per collusione con un Paese straniero, per dichiarazioni sediziose e cospirazione”, ha detto una fonte al giornale. Dopo l’arresto di Lai, la polizia – in un’operazione con più di 200 agenti – ha fatto irruzione nella sede del tabloid Apple Daily, fondato nel 1995, molto critico verso l’establishment pro-Pechino e la Cina. L’Apple Daily ha diffuso le immagini dell’arrivo di decine di agenti di polizia nella sua sede, e dell’arresto di Jimmy Lai.
Tra le persone finite in manette, scrive il Post, ci sono anche i due figli di Lai, Timothy e Ian, l’amministrazione delegato dell’Apple Daily, Cheung Kim-hung, e il chief financial officer del gruppo Next Digital (proprietaria dell’Apple Daily), Royston Chow Tat-kuen. E secondo le fonti del Post, “non è escluso scattino altri arresti”.
Il tycoon era già finito in manette in passato, l’ultima volta a febbraio. Gli arresti delle ultime ore arrivano dopo le sanzioni imposte la scorsa settimana dal Dipartimento del Tesoro Usa – che hanno colpito anche la governatrice di Hong Kong, Carrie Lam – e che il governo dell’ex colonia britannica ormai nell’orbita di Pechino ha bollato come “sfacciate” e “indegne”.
In base alla nuova contestata legge sulla “sicurezza nazionale” che Pechino ha imposto a Hong Kong, la collusione con forze straniere può essere punita anche con l’ergastolo. I media ufficiali cinesi hanno spesso bollato Jimmy Lai – che lo scorso anno ha incontrato il vice presidente americano Mike Pence, il segretario di Stato Mike Pompeo e la speaker della Camera Nancy Pelosi durante una visita a Washington – come uno dei componenti della cosiddetta nuova ‘Banda dei quattro’ nel mezzo delle richieste di maggiori libertà e democrazia per la City.