Politica

Italia viva difende i suoi parlamentari accusati di aver preso il bonus e se la prende con l’Inps: “Così è servizio barbaro, faccia i nomi”

Il presidente dei renziani e vicepresidente della Camera Ettore Rosato chiede che l'istituto smentisca la presenza di uno dei suoi colleghi. Anche la ministra Bellanova protesta: "Modalità di diffusione delle notizie inaccettabile"

“Questo modo di fare servizio pubblico da parte dell’Inps è barbaro“. Il presidente di Italia Viva Ettore Rosato, di fronte allo scandalo dei parlamentari che hanno avuto accesso al bonus di 600 euro per gli autonomi e tra i quali in un primo momento risultava esserci un esponente Iv, ha deciso di difendere i colleghi e attaccare invece l’istituto di previdenza. “A noi di Italia Viva“, ha detto, “non risulta che alcun parlamentare appartenente al nostro gruppo abbia chiesto il bonus. Invitiamo formalmente Inps che ha diffuso questa informazione a smentire la notizia del nostro coinvolgimento o a rendere pubblici i nomi”.

Stessa linea tenuta dalla ministra renziana delle Politiche agricole Teresa Bellanova che ha stigmatizzato il modo di operare dell’istituto e la decisione di segnalare la presenza di 5 parlamentari tra i beneficiari dell’aiuto stanziato durante la pandemia di covid. “Ritengo ci sia una sola cosa da fare”, ha dichiarato. “L’Inps renda pubblici i nomi dei parlamentari che hanno ottenuto il bonus. Buttare fango su un’intera categoria, con notizie fatte trapelare in questo modo, è inaccettabile. E’ come gettare la pietra e nascondere la mano. Se ci sono parlamentari o consiglieri regionali che hanno incassato il bonus da 600 euro a fronte di indennità mensili rilevanti è bene che vengano alla luce. Ne hanno da guadagnare tutti, soprattutto la politica”.

Intanto, se l’Inps fa sapere di non poter diffondere per motivi di privacy l’elenco dei beneficiari del bonus, i partiti fanno pressioni perché siano i cinque sotto accusa ad autodenunciarsi. I 5 stelle, tramite il capo politico Vito Crimi, hanno chiesto ai loro parlamentari di rinunciare alla privacy e di “sottoscrivere una dichiarazione” che autorizzi l’Inps a diffondere i dati. Si valuta anche l’ipotesi di convocare i vertici dell’istituto in commissione parlamentare, ma al momento è solo una delle soluzioni prospettate.