Nella nota inviata all'esecutivo nel giorno dell'inizio della quarantena per gli italiani, il Cts si dice d'accordo con la chiusura di tutto il Paese. Per Luca Richeldi, membro del Cts, la polemica sui verbali potrebbe essere rischiosa, dal punto di vista sanitario, per il Paese. Il motivo? "I messaggi istituzionali vengono screditati e le indicazioni messe in dubbio"
La chiusura di tutto il territorio nazionale è “coerente con l’andamento della curva epidemiologica”. La decisione assunta dal governo di imporre il lockdown, dopo la firma del Dpcm da parte di Giuseppe Conte il 9 di marzo, ha trovato l’approvazione del Comitato tecnico-scientifico. La conferma arriva da un verbale, ancora non reso pubblico, datato 10 di marzo, secondo cui il Cts si è espresso a favore dell’adozione di misure più stringenti per l’Italia intera.
Nei giorni scorsi, dopo la pubblicazione di cinque note da parte della Fondazione Einaudi, una larga fetta del mondo mediatico e di quello della politica hanno evidenziato come, a loro dire, si fosse creata una sorta di spaccatura tra le indicazioni degli scienziati e l’esecutivo. Nel mirino, in particolare, è finito il verbale del 7 di marzo, in cui il Cts parlava di due livelli di misure di contenimento da mettere in campo (per la Lombardia e per le province del Nord più colpite dal Covid-19) e che dimostrerebbe come Conte e i ministri competenti avrebbero fatto di testa loro, disattendendo il parere dei tecnici. Il leader della Lega, Matteo Salvini, si è spinto ad affermare che il governo “ha sequestrato senza motivo gli italiani”, mentre dalle bocche di altri esponenti delle opposizioni sono uscite espressioni come “dittatura”, “pieni poteri” e “azioni incostituzionali”. Fipe-Confcommercio, inoltre, ritiene che le imprese legate alla ristorazione siano state danneggiate dalla scelta di isolare gli italiani, e per questo ha dato mandato ai propri legali di verificare la fondatezza di un eventuale procurato allarme.
Ora, però, il contenuto del verbale del 10 di marzo smentirebbe la versione che vuole un governo “sordo” rispetto alle voci della scienza. A svelarne l’esistenza, questa mattina, è stato il Corriere della Sera. E la conferma è arrivata a ilFattoQuotidiano.it, che grazie ad alcune fonti interne del team di esperti ha potuto ricostruire quei giorni in cui “la curva dei contagi variava non di giorno in giorno, ma di ora in ora“. E ancorché sui documenti riservati e a disposizione, al momento, solo di Palazzo Chigi viga il massimo riserbo (Conte ha in ogni caso dichiarato di volerli rendere pubblici e di non avere “nulla da nascondere”), ciò che emerge dal Cts è che “le decisioni più importanti prese dal governo sono sempre state in linea coi nostri pareri“. E, dunque, anche quella relativa al lockdown. Perché, non va dimenticato, le riunioni tra gli esperti avvenivano ogni giorno e lo scambio di informazioni coi rappresentanti dell’esecutivo, in particolare col ministero della Salute, era costante.
Un’altra voce, protagonista di quei giorni così frenetici, ha respinto l’idea secondo cui ci sarebbero stati contrasti tra scienziati ed esecutivo. Si tratta del dirigente della Protezione civile, Fabio Ciciliano, incaricato di sintetizzare le posizioni degli esperti e di trasmettere le note al governo. Intervistato ieri sempre dal quotidiano di via Solferino, Ciciliano ha dichiarato che “non è vero che non siamo stati ascoltati: noi diamo pareri tecnici, poi è il decisore politico che prende le iniziative”. Soffermandosi su quei giorni di marzo, ha spiegato che “le infezioni da coronavirus hanno avuto un’impennata e il governo ha deciso di chiudere l’Italia. Non c’è stato alcun contrasto col Comitato tecnico-scientifico”. Parole che, a questo punto, vengono avvalorate dal verbale del 10 di marzo.
Sulle polemiche nate in questi giorni, con la relativa richiesta di dimissioni di Conte da parte del centrodestra (che avrebbe preparato una mozione di sfiducia) si è espresso Luca Richeldi, pneumologo del Policlinico Gemelli di Roma e componente del Cts: “Andare alla ricerca, ogni giorno, di potenziali dissidi tra governo e mondo della scienza è pericoloso. Perché si mina la credibilità stessa delle istituzioni. È ciò che sta succedendo e il risultato è sotto gli occhi di tutti: i cittadini iniziano a mettere in discussione i messaggi istituzionali, le regole anti-contagio vengono disattese e la curva delle infezioni torna a crescere“. Per colui che è stato uno dei volti (e delle voci) che tra marzo e aprile, da dietro il lungo tavolo con la scritta “Protezione civile” su cui erano puntate le telecamere della diretta delle 18, ci ha aiutato a capire qualcosa di più sul nuovo virus, il rischio è che “i messaggi lanciati dalle istituzioni perdano solidità e, di conseguenza, credibilità”. Un esempio è quello della app Immuni, in cui “più che il concetto della salvaguardia della nostra salute è passata la critica relativa alla privacy. Così, anche se tutti siamo abituati a condividere sui social la nostra vita privata, l’applicazione è stata scaricata solamente da quattro milioni di persone“. Ma per Richeldi ci sono altre conseguenze: “Lo vediamo nel comporamento di molti giovani, che non accettano le istruzioni date dal governo e dalla comunità scientifica. Non a caso l’età media di chi ha contratto l’infezione è scesa. Prima”, è la preoccupazione del componente del Cts, “eravamo chiusi in casa ed era facile rispettare le regole. Ora è tutto demandato alla responsabilità individuale. E qui il convincimento che il messaggio dato dalle istituzioni e quello che stai facendo per te e i tuoi cari siano la cosa giusta risulta dirimente“.
Twitter: @albmarzocchi