Sars-CoV-2 è forse il virus che ha maggiormente procurato dei danni al sistema economico e sociale mondiale negli ultimi decenni. Le pandemie è vero non sono mancate nella storia e periodicamente nel mondo si sono verificate devastazioni di vario tipo e natura (le pestilenze antiche e medievali) perché i microrganismi, non solo virus, avevano buon gioco a procurarle, in quanto si diffondevano all’interno di popolazioni che al primo contatto risultavano prive di uno scudo immunitario preformato.
In quest’ultimo ventennio, a parte l’influenza aviaria da H5N1 del 1997, la Sars del 2003 e la Mers del 2013, la pandemia influenzale A H1N1, “detta suina”, del 2009 è quella che si è maggiormente avvicinata alla “nuova Sars” o Covid-19 nel comportamento epidemiologico e clinico e nella risposta delle autorità sanitarie internazionali. Si stimano circa 400.000 vittime complessive causate dalla suina a livello globale, prima che nel 2010 (il 10 agosto, esattamente 10 anni fa) venisse dichiarata conclusa.
In Italia l’ultimo comunicato a suo tempo emesso dal Ministero della Salute fissava a 229 il numero di “vittime collegate alla nuova influenza” che, in rapporto al numero stimato dei casi al 31 gennaio 2010 (4.408.000) corrispondeva a una letalità di circa lo 0,005%, molto meno rispetto a quella della passata influenza H3N2. Dal 13 ottobre all’8 novembre 2009 i casi stimati in Italia sono stati 1.521.000, con una percentuale di decessi causati dall’influenza A dello 0,029 per mille, contro il 2 per mille della normale influenza.
Ma perché si chiamava “suina”? Il più delle volte, i suini sono stati infettati da ceppi virali leggermente diversi da quelli che infettano gli esseri umani. In realtà il ceppo virale A(H1N1) non si trasmetteva attraverso la carne di suino né da contatto con maiali. Per questo il termine di virus dell’influenza suina (impiegato originariamente nel 2009 alla comparsa del nuovo ceppo) non era appropriato. Il virus influenzale H1N1, A(H1N1) pmd09, inizialmente indicato come virus influenzale suino H1N1, era una combinazione di virus influenzali suini, aviari e umani trasmissibile facilmente da persona a persona.
Nel giugno 2009, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato pandemica l’influenza suina H1N1. Si è diffusa a più di 70 paesi e a tutti i 50 Stati degli Stati Uniti. La maggior parte dei decessi si è verificata inizialmente in Messico. Il tasso di attacco e di mortalità per l’influenza suina H1N1 sono più elevati nei giovani adulti e di mezza età e più bassa negli anziani rispetto all’influenza stagionale, probabilmente perché ai più giovani manca un’esposizione precedente a simili virus dell’influenza. Ci furono infatti nel corso dei decenni, nel 1947 e nel 1977, dei ceppi H1N1 circolanti di nuovo.
Alla pandemia è seguito un periodo post-pandemico nel mese di agosto 2010. Successivamente, il nome del virus è stato standardizzato in influenza A(H1N1) pdm09 per indicare la pandemia (Pandemic Disease Mexico 2009) e distinguere il virus dai ceppi H1N1 stagionali e dalla pandemia del 1918 anch’essa sostenuta dal ceppo H1N1. Dal 2009, l’influenza A(H1N1) pdm09 circola come influenza stagionale. Molteplici governi hanno intrapreso una campagna vaccinale nell’inverno 2008-09, stabilendo contratti con industrie farmaceutiche per la produzione su scala industriale del vaccino. Tuttavia l’impatto del virus si è dimostrato molto minore di quanto previsto o comunicato.
Per proteggersi anche da questo Orthomixovirus ci si può comunque vaccinare col comune vaccino in commercio. Attualmente in Italia sono infatti disponibili vaccini antinfluenzali trivalenti (TIV) che contengono 2 virus di tipo A (H1N1 e H3N2) e un virus di tipo B e vaccini quadrivalenti (QIV) che contengono 2 virus di tipo A (H1N1 e H3N2) e 2 virus di tipo B. Cosa succederà? Quale sarà l’interazione clinica ed epidemiologica con il Sars-COV-2? Io credo che la vaccinazione anti influenzale sarà molto utile per contenere la diffusione epidemica anche del più temibile Coronavirus. Anzi sono convinto che la combinazione di DPI, in particolare le mascherine, usate secondo le modalità consigliate dalle autorità sanitarie, di distanziamento sociale e delle vaccinazioni per malattie respiratorie contribuiranno a ridurre l’entità numerica dei contagi e dei casi gravi.
Uno studio pubblicato sul Journal of Medical Virology evidenzia infatti un tasso di letalità del Covid-19 più basso tra le persone vaccinate per l’influenza, anche se al momento non ci sono dati sufficienti a chiarire quale impatto (diretto) possa avere l’antinfluenzale in caso di contagio da Sars-CoV-2. Vedremo…