È una vera e propria caccia al deputato col bonus quella che si è aperta in Parlamento. I 600 euro stanziati dal governo per le partite Iva in difficoltà a causa del lockdown sono stati infatti chiesti anche da cinque eletti alla Camera: in tre casi il bonus è stato erogato e incassato. E in attesa che l’Inps renda pubblici tutti i nomi dei politici che lo hanno chiesto (clicca qui per firmare la petizione), tra i banchi della Lega i sospetti si sono concentrati su due deputati: il mantovano Andrea Dara e la piacentina Elena Murelli. Contattati dal Fatto Quotidiano il primo non ha risposto mentre la seconda si è limitata a un secco “no comment”.

M5s: “La lista si allunga e la Lega trema” – Intanto il Movimento 5 stelle attacca il Carroccio: “La lista si allunga e la Lega trema. Il partito di Salvini è sempre più coinvolto nello scandalo dei deputati e consiglieri regionali che hanno chiesto i 600 euro del bonus per le partite Iva”, si legge sulla pagina facebook del Movimento. Un post in cui i 5 stelle fanno l’elenco dei politici leghisti che hanno ammesso di aver ottenuto il bonus: “Al momento, tra chi ha approfittato del bonus Covid, vi è la certezza di due consiglieri regionali leghisti del Piemonte e di due colleghi del Veneto. E poi c’è Ubaldo Bocci, il super manager del Carroccio che nel 2019 ha dichiarato 270mila euro l’anno di redditi. Altro che furbetti, sono senza vergogna. Un fatto così grave non può passare senza conseguenze, per questo il Movimento 5 Stelle si batterà per far uscire i nomi degli esponenti coivolti, oltre ad aver già fatto sapere che chiunque si sia macchiato di un gesto così ignobile può già considerarsi fuori dal MoVimento. Vediamo se gli altri partiti, Lega in primis, si muoveranno nella stessa direzione”.

I sospetti sui due deputati leghisti – Consiglieri regionali a parte, in Parlamento i sospetti si sono focalizzati su due esponenti del Carroccio: Dara e Murelli. Alla Camera dal 2018, Dara è un imprenditore nel settore tessile: risulta intestatario del 60% di una piccola azienda che produce calze. Murelli, invece, sul sito della Camera si definisce docente a contratto all’Università Cattolica e “libera professionista specializzata in consulenze su finanziamenti europei per la ricerca e l’innovazione”. Secondo il sito del quotidiano Repubblica i due ormai da alcune ore non rispondono più neanche al telefono per ordine dei vertici del Carroccio. Gli stessi vertici che oggi assicurano provvedimenti. “Come promesso, se qualcuno ha preso un bonus verrà sospeso, anche se quei soldi sono stati dati in beneficienza”, dice il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari. A parlare di sospensione era stato Matteo Salvini. “Chiunque siano, immediata sospensione“, aveva detto il segretario domenica 9 agosto alle 18 e 26. Meno di tre ore prima, alle 15 e 43, aveva parlato invece di dimissioni: “Che un parlamentare chieda i 600 euro destinati alle partite Iva in difficoltà è una vergogna. Che un decreto del governo lo permetta è una vergogna. Che l’Inps (che non ha ancora pagato la cassa integrazione a migliaia di lavoratori) abbia dato quei soldi è una vergogna. In qualunque Paese al mondo, tutti costoro si dimetterebbero“, erano le parole dell’ex ministro. Nel frattempo, però, dalle prime indiscrezioni era emerso come tra i cinque deputati che avevano chiesto il bonus ci fossero anche alcuni leghisti: e Salvini aveva aggiustato il tiro passando dalle “dimissioni” alla “sospensione”.

La marcia indietro di Salvini: da “dimissioni” a “sospensione” – Salvini oggi attacca l’Inps e il governo per aver consentito l’erogazione del bonus per le partite Iva anche ai parlamentari. Anche quattro mesi fa, quando il sito dell’istituto di previdenza era andato in tilt, si scagliava contro l’esecutivo. Il motivo? I troppi controlli per l’erogazione degli aiuti: “In Svizzera con un solo foglio ti accreditano subito fino a 500.000 franchi (equivalenti circa a 500.000 euro) sul conto, in Italia milioni di Italiani sono in coda virtuale”. E mentre sono fonti leghiste quelle che “soffiano” indiscrezioni sui deputati del Carroccio col bonus, l’altra parte del partito, quella fedele al segretario, tenta di allentare l’attenzione sulla vicenda. “Io non so niente della nostra chat interna che chiedeva di controllare con il proprio commercialista sui 600 euro, come sempre voglio vederci chiaro. La mia idea è che questa tra qualche giorno tutta questa storia potrebbe diventare una bufala”, dice il senatore Gian Marco Centinaio intervistato da Radio Capital. Fedelissimo di Salvini, ex ministro del governo gialloverde, Centinaio prova a buttare la palla in tribuna proprio mentre i sospetti sui colleghi di partito diventato più solidi a causa delle mancate smentite: “Gira voce che tutto quello di cui stiamo parlando non sia vero noi stiamo avendo notizie sul fatto che dagli organi competenti arrivano smentite. Per me è il solito gioco estivo, sembra il calciomercato. Stiamo ricevendo richieste di informazioni anche dai semplici cittadini che magari in modo pruriginoso vogliono sapere”. Pure Centinaio, però, promette provvedimenti per i leghisti col bonus: “Nel momento in cui uscirà da parte di chi di dovere, chi è stato e i nomi verranno fatti, come ha detto Salvini ci sarà la sospensione”. Il segretario, però, in un primo momento aveva parlato di dimissioni: “Decide Salvini”, taglia corto l’ex ministro.

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