I carabinieri del comando provinciale di Bari e del Nucleo ispettorato del lavoro, da diversi giorni impegnati sul territorio con una task force dedicata al contrasto dell’intermediazione illecita, hanno arrestato in flagranza tre imprenditori di Spinazzola con l’accusa di sfruttamento del lavoro. Per nascondere la sproporzione fra orari e salari venivano fatte figurare 15 giornate invece delle 30 prestate
Li hanno beccati sul fatto, dopo giorni di appostamenti nelle campagne mentre facevano lavorare i braccianti per 9 ore al giorno in cambio di 3,80 euro all’ora, controllandoli con le telecamere e costringendoli a dormire in un locale di 20 metri quadri senza servizi igienici né corrente elettrica. Adesso si trovano agli arresti domiciliari i 3 amministratori e legali rappresentanti di un’azienda agricola a conduzione familiare di Spinazzola, nel Barese. Il totale delle sanzioni amministrative e ammende contestate è di 73mila euro.
I carabinieri del comando provinciale di Bari e del Nucleo ispettorato del lavoro, da diversi giorni impegnati sul territorio con una task force dedicata al contrasto dell’intermediazione illecita, hanno arrestato in flagranza tre imprenditori con l’accusa di sfruttamento del lavoro ed altri illeciti nella normativa di settore. L’azienda è stata individuata dai militari durante servizi di osservazione, effettuati anche con droni nell’agro di Spinazzola dove, fin dalle prime luci dell’alba, si registra un intenso via vai di braccianti che, a bordo di mezzi di fortuna, raggiungono i campi o le serre per la raccolta dei prodotti.
Quando i militari hanno effettuato il blitz nell’azienda agricola hanno trovato una decina di lavoratori fra italiani e africani. Nel corso degli accertamenti sono emerse condizioni di sfruttamento, cui erano sottoposti i braccianti, in particolar modo per quanto attiene la sotto-remunerazione: lavoravano 9 ore al giorno, con una paga oraria di 3,80 euro invece di 9,60 previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Per nascondere la sproporzione fra orari e salari venivano fatte figurare 15 giornate invece delle 30 effettivamente prestate ogni mese.
I lavoratori – secondo la ricostruzione dei carabinieri – venivano reclutati fra coloro che avevano maggiore bisogno, ovvero con permesso di soggiorno in attesa di scadenza, costretti ad accettare condizioni anche ai limiti pur di guadagnare denaro da inviare nei Paesi di origine: alcuni di essi erano alloggiati in un locale di 20 mq, sprovvisto di corrente elettrica e servizi igienici, giudicato privo dei requisiti di abitabilità dal personale dell’Asl. Mentre le prestazioni venivano monitorare con un sistema di telecamere installate dai datori di lavoro.