Kamala Harris, 55 anni, senatrice della California dal 2017, è stata scelta da Joe Biden come vicepresidente in caso di vittoria democratica alle elezioni Usa del prossimo autunno. Il suo profilo politico è di tutto rispetto: ha proposto tagli alle tasse per la classe media, la riforma della polizia e la trasformazione del linciaggio in reato federale. Figlia di un giamaicano e una indo-americana, immigrata da Chennai, Harris è una scelta che dà anche voce alle minoranze. E sarebbe la prima vicepresidente donna.
Il suo profilo non è tra i più graditi alla sinistra, poiché da attorney general della California, diede mano (molto) libera alla polizia. Durante le primarie, da candidata, è stata inoltre protagonista di un attacco molto duro proprio contro Biden, accusato di essersi schierato nel passato con due senatori segregazionisti. Non contenta Harris aveva continuato raccontando di conoscere una ragazzina nera che per fortuna poteva andare in una scuola migliore grazie a servizio di scuolabus istituito per le minoranze che vivevano nei quartieri più disagiati, servizio al quale – ricorda – il senatore Biden si era opposto: “Quella ragazzina ero io”. Quell’attacco è stato vissuto molto male da Biden – e soprattutto dalla moglie, Jill – ma nonostante questo lo sfidante di Donald Trump l’ha scelta.
“Ho il grande onore di annunciare che ho scelto Kamala Harris – una combattente senza paura e uno dei migliori funzionari pubblici del Paese – come mia compagna di corsa, ha scritto Biden su Twitter. “Ai tempi in cui Kamala era procuratore generale, lavorava a stretto contatto con Beau. Li ho visti sfidare le grandi banche, sollevare i lavoratori e proteggere donne e bambini dagli abusi. Allora ero orgoglioso e ora sono orgoglioso di averla come mia partner in questa campagna”, ha aggiunto lo sfidante di Trump. “Joe Biden può unire il popolo americano perché ha passato la vita a combattere per noi. E come presidente, costruirà un’America all’altezza dei nostri ideali. Sono onorata di unirmi a lui come candidato vicepresidente del nostro partito e di fare quello che serve per farlo diventare il nostro comandante in capo”, la risposta della senatrice californiana.
Nel 2016, l’anno della vittoria di Trump, conquista il Senato americano e subito dichiara ‘guerra’ al tycoon, che a suo avviso non è l’America o almeno la sua America. In Senato il prestigio e la sua statura politica si affermano immediatamente: i suoi ‘interrogatori’ all’ex ministro della Giustizia Jeff Sessions durante varie audizioni diventano virali e la accreditano davanti a un pubblico democratico a caccia di un volto nuovo per il partito. Da qui la decisione di provare a correre per la Casa Bianca: nonostante ci metta tutta se stessa non ce la fa ed è costretta a ritirarsi, affermandosi però come una delle rivali più agguerrite di Biden nel corso delle primarie.
Il soprannome ingombrante di “Obama donna” non sembra averla mai spaventata, anzi la senatrice si è sempre mostrata pronta a raccogliere le sfida. L’ex presidente non ha mai nascosto la sua ammirazione per Harris, ma nonostante questo lei ne ha preso le distanze sulla politica delle espulsioni degli immigrati illegali. “Non ero d’accordo con il mio presidente”, il cui ordine era procedere con le espulsioni di ogni immigrato senza documenti, a prescindere dai loro precedenti penali, ha detto durante il primo dibattito fra i candidati democratici al 2020.