Nella sua lunga carriera, l’armonica a bocca è stata per il bluesman Fabrizio Poggi, il passepartout che gli ha spalancato le porte della grande musica, regalato la possibilità di poter collaborare insieme con artisti di fama internazionale e di potersi aggiudicare premi prestigiosi.

Nel suo nuovo disco intitolato For You, però, sin dal primo ascolto si nota una differenza non di poco conto se confrontato coi precedenti: l’armonica sembra esser stata relegata in secondo piano, spiazzando inesorabilmente chi da anni, ne segue le sue evoluzioni.

“Per la prima volta – spiega Fabrizio Poggi – mi sono affidato a un produttore esterno, Stefano Spina, il quale è riuscito a trovare combinazioni e arrangiamenti per me inusuali e quasi nuovi, e sono contento di averlo scelto come compagno di viaggio in questa avventura. Stefano mi ha spinto a rendere protagonista la mia voce, nonostante sia conosciuto quasi esclusivamente come armonicista, ma visto che il disco tratta particolari tematiche, era giusto che la parola fosse assoluta protagonista”.

Già perché in For You, composto da 10 brani, Fabrizio Poggi rivolge l’attenzione più ai problemi umanitari ed ecologici, che all’aspetto prettamente musicale. Riprende melodie spiritual ed evocativi canti di lavoro, creando una sorta di tributo nell’anno degli anniversari del celebre discorso di Martin Luther King, della marcia da Selma a Montgomery soffocata nel sangue, e dell’eroico rifiuto di Rosa Parks di cedere il suo posto sull’autobus a un passeggero bianco. “Tre momenti – spiega Fabrizio – che rivivono ancora oggi, con il movimento Black lives matter. Nonostante l’abbia concepito in un periodo che nulla lasciava presagire ciò che stiamo vivendo con questa pandemia – aggiunge – il disco, partendo dalla resilienza che permea la musica afroamericana, infonde forza, speranza e fiducia”.

L’uccisione di George Floyd a opera di un poliziotto, però, rende ogni speranza vana…
Quell’omicidio testimonia che c’è ancora tanta strada da fare affinché si realizzi il sogno di Martin Luther King. Ma io non ho perso la speranza e credo che queste storie e queste canzoni possano fare, ancora oggi, davvero tanto.

A chi pensavi quando hai deciso di intitolare questo nuovo album For You?
Questo è un disco per: per te, per noi, per tutti. Perché uniti ce la faremo. Ed è per questa Terra, di cui prima o poi dovremo cominciare a prenderci cura prima che sia troppo tardi.

Colpisce la scelta di relegare l’armonica, strumento con il quale ti sei fatto conoscere nel mondo della musica, nelle retrovie…
Magari l’armonica sembrerà posta in secondo piano, ma come mi ha detto Stefano, ci sono così tanti dischi in cui la si può ascoltare…

Le nostre strade si siano incrociate svariate volte, ma non ti ho mai chiesto di come nasce la tua passione per il cosiddetto “violino dei poveri”, l’armonica…
In verità è stata l’armonica a scegliere me. C’è stato un segno quand’ero bambino: quando mio padre, un umile operaio, mi regalò una costosa pistola-giocattolo da cowboy vista nella vetrina di un negozio. Il pomeriggio, girando in bicicletta e con in mano quella pistola mi sentivo come il protagonista di Ombre Rosse. Mentre fantasticavo, su una panchina dei giardini pubblici, vidi un ragazzino zingaro che suonava una vecchia armonica tutta scordata, ma dal suono magico. Mi fermai ad ascoltarlo, perché attratto dal suono di quello strumento come del resto quel ragazzino dalla mia pistola. Mi propose di fare uno scambio e non ci pensai su due volte.

Quand’è che decidi di diventare un armonicista?
Da quel momento ci son voluti anni prima che prendessi una decisione definitiva. Inizialmente, infatti, ero convinto di voler fare il percussionista, dopo aver assistito a un concerto dei Weather Report a Milano. Ma mi resi subito conto delle difficoltà che avevo soprattutto nel trovare gli strumenti; così cambiai aspirazioni e diventai un chitarrista jazz, ma in un incidente che ebbi nella fabbrica dove lavoravo all’epoca, mi tagliai il tendine della mano destra e fui costretto a deporre la chitarra. Ma in un cassetto avevo una vecchia armonica che avevo comprato per imitare Neil Young e Bob Dylan. Durante la convalescenza iniziai a strimpellarla e mi resi conto che le cose che con la chitarra mi sembravano difficili da imparare, con l’armonica mi uscivano naturali. È li che pensai: ‘Vuoi vedere che a 27 anni ho scoperto finalmente lo strumento che fa per me?’.

E la passione per il Blues?
Ho sempre avuto una fascinazione per la musica afroamericana, ma la mia epifania fu quando andai a vedere in un piccolo cinema di periferia The Last Waltz, il film d’addio di The Band. A un certo punto appare questo musicista nero che veniva trattato da quelli che erano i miei eroi dell’epoca (Eric Clapton, Van Morrison e i Rolling Stones) come fosse the king of the world, l’imperatore del mondo. Chissà chi è questo signore, mi chiedevo. Poi iniziò a cantare I’m a man, ovviamente era Muddy Waters, e rimasi su quella sedia inchiodato, senza parole, a bocca aperta. E nello stesso film c’è poi Paul Butterfield, che suona l’armonica in Mistery Train in un modo che non avevo mai visto prima.

Tra le tue tante collaborazioni ce n’è una proprio con Garth Hudson della BAND…
Infatti suonare con lui è stato come chiudere un cerchio aperto molti anni prima in quel piccolo cinema. Mai avrei pensato un giorno di ritrovarmi sul palco assieme a lui. È stata una grande emozione, mi vengono i brividi ancora oggi a raccontarlo.

Una volta Bob Dylan disse “se potessi incidere per piacere registrerei solo canzoni di Charley Patton” uno che contribuì a definire non solo il genere ma anche l’immagine tipica del bluesman del Delta. Ti consideri un privilegiato?
Sono riuscito a realizzare i miei sogni, andando ben oltre le previsioni di un ragazzo cresciuto in una cittadina di provincia. La musica faceva da colonna sonora ai miei sogni e il blues in particolare mi dava fiducia, coraggio, speranza: quando tutto sembrava perduto, quando il vento della vita soffiava troppo forte, la musica e soprattutto il blues mi hanno aiutato tanto e sono contento che quando mi esibisco tutto questo viene fuori.

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