L'authority ricorda ufficialmente che i beneficiari di contributi pubblici vanno sempre resi noti quando, come in questo caso, "da ciò non possa evincersi, in particolare, una condizione di disagio economico-sociale dell’interessato". Sarà aperta un’istruttoria sulla metodologia seguita dall’Inps. Di Maio: "Non ci sono più scuse. Non è una gogna mediatica"
“La privacy non è d’ostacolo alla pubblicità dei dati relativi ai beneficiari del contributo laddove, come in questo caso, da ciò non possa evincersi, in particolare, una condizione di disagio economico-sociale dell’interessato“. Il Garante per la protezione dei dati personali, il cui collegio è appena stato rinnovato, interviene ufficialmente sul caso dei deputati e consiglieri regionali che hanno ottenuto il bonus 600 euro per le partite Iva. Confermando che l’Inps non può invocare ragioni di privacy per non diffondere i nomi. Lo prevede il Codice della trasparenza e ciò vale a maggior ragione rispetto a coloro che svolgono una “funzione pubblica“, aggiunge il Garante, che aprirà un’istruttoria sulla metodologia seguita dall’Inps.
“Adesso non ci sono più scuse”, commenta Luigi Di Maio su facebook. “Anche il garante della privacy ha detto che non ci sono ostacoli alla diffusione dei nomi dei deputati che hanno richiesto il bonus di 600 euro malgrado i loro stipendi da 13mila euro netti al mese. È giusto che gli italiani sappiano chi sono, che ne conoscano i volti, i nomi e i cognomi. Non è una gogna mediatica, non è questione ideologica o di propaganda. È una questione di giustizia e trasparenza. Di mezzo c’è l’interesse pubblico, i cittadini hanno il diritto di sapere chi ha tradito la loro fiducia”.
“In relazione alla vicenda del bonus Covid, il Garante per la protezione dei dati personali – si legge nella nota diffusa dall’Autorità presieduta da pochi giorni da Pasquale Stanzione – precisa che, sulla base della normativa vigente, la privacy non è d’ostacolo alla pubblicità dei dati relativi ai beneficiari del contributo laddove, come in questo caso, da ciò non possa evincersi, in particolare, una condizione di disagio economico-sociale dell’interessato (art. 26, comma 4, d.lgs. 33 del 2013)”.
“Ciò vale, a maggior ragione, rispetto a coloro per i quali, a causa della funzione pubblica svolta, le aspettative di riservatezza si affievoliscono – continua la nota – anche per effetto dei più incisivi obblighi di pubblicità della condizione patrimoniale cui sono soggetti“. Il Garante comunica che intanto “sarà aperta una istruttoria in ordine alla metodologia seguita dall’Inps rispetto al trattamento dei dati dei beneficiari e alle notizie al riguardo diffuse”.