C’è chi è pronto a giurare che “non ne sapeva niente”. Chi, quando lo ha scoperto, se l’è presa con il commercialista: “Gli ho detto ‘per carità non farlo mai più’“. E chi sostiene di aver già rimediato: “Ho dato tutto in beneficenza“. Mentre in Parlamento è ancora aperta la caccia ai tre deputati che hanno chiesto e ottenuto il bonus da 600 euro per le partite Iva in difficoltà (due leghisti e uno del M5s), lo scandalo si diffonde nei consigli regionali: sono 6 i consiglieri che si sono auto-denunciati in Piemonte e Veneto, di cui 5 del Carroccio e uno del Partito democratico. E le giustificazioni di chi confessa non mancano di creatività: così se alcuni politici si appellano al famoso “è successo a mia insaputa“, gli altri tirano in ballo non precisati motivi umanitari. Al momento, il Carroccio è il partito che conta più esponenti coinvolti, ma l’elenco è in continuo aggiornamento. Tra chi è finito sotto accusa in queste ore (in generale si parla di 2mila amministratori locali e di un presidente di Regione), ci sono anche i due consiglieri regionali della Lega in Veneto Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli e il vice presidente della giunta Gianluca Forcolin. Contro la loro condotta si è schierato lo stesso presidente Luca Zaia e ora rischiano almeno la sospensione. L’altro fronte è quello del Piemonte: sono due i consiglieri leghisti che hanno confessato di aver ricevuto il bonus (Claudio Leone e Matteo Gagliasso), insieme al primo esponente Pd. Il dem è Diego Sarno, che su Facebook ha garantito di aver commesso “un errore”. Più ampio il fronte degli eletti nei consigli comunali, dove oggi spicca la confessione a Firenze del coordinatore del centrodestra in quota Lega Ubaldo Bocci (super manager) che ha usato anche lui la carta della beneficenza: “Ho chiesto il bonus anche se non ne avevo bisogno”, ha sentenziato. Voleva dimostrare, ha detto, che i soldi dovevano “andare ad altri” e intanto sono andati a lui. “Eh no! Se fai beneficienza la farai con risorse tue, non con il bonus ricevuto da risorse messe a disposizione dallo Stato. Quando la toppa è peggiore del buco”, twitta il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini (Firma la petizione del Fatto Quotidiano perché l’Inps renda pubblici i nomi).
Veneto, i tre esponenti della maggioranza leghista che hanno chiesto il bonus – Il caso del Veneto è uno di quelli che più sta facendo discutere. Zaia è stato uno degli esponenti del Carroccio che, nelle scorse ore, ha usato le parole più dure ricordando che “i cittadini devono sapere” e rivolgendosi ai colleghi in Parlamento. Ma il presidente i problemi ce li ha in casa. Il suo vice presidente die giunta Forcolin è infatti tra chi ha ammesso di essere nella lista dei richiedenti, ma senza che però il bonus gli sia mai arrivato. “Sono socio in uno studio di tributaristi”, ha detto in un’intervista al Corriere della sera. “Quando è esplosa la questione del bonus, in queste ore, ho verificato con la mia socia che, senza che lo sapessi, ha presentato domanda per tutti dove possibile. Avevamo sette dipendenti in cassa integrazione. Il dato di fatto, però, è che io non ho visto un centesimo”. Ma questo perché, “la domanda non è stata accettata. Non è arrivato mai nulla. La richiesta rispondeva a ogni criterio di legittimità e quei 600 euro, fossero arrivati, sarebbero rimasti nelle casse dello studio”.
Lo ha chiesto invece e ottenuto, ma rigorosamente, dice, “a sua insaputa” il consigliere Barbisan. La conferma l’ha data lui stesso in un’intervista alla tv locale Antenna 3 e ha fornito i documenti che provano la donazioni in beneficenza della somma. Anche Barbisan si è giustificato dicendo che la responsabilità è del suo commercialista che avrebbe agito senza prima consultarlo: “Quando l’ho visto gli ho detto ‘per carità di Dio non farlo mai più'”, ha dichiarato.