In Italia zero casi ad aprile e maggio. Una delle ragioni, secondo l'Ecdc, potrebbe essere "la riduzione dei contatti sociali". Ma la continuità nella vaccinazione "rimane una priorità assoluta"
Il periodo che va da gennaio a maggio è considerato dagli epidemiologi “l’alta stagione del morbillo“. Ma quest’anno, complice la pandemia di Covid-19, non è stato così: anche questa malattia sembra essere andata in lockdown. Dai dati dell’Ecdc (Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie) in un report pubblicato su ‘Eurosurveillance‘, emerge che “nel 2020 c’è stata un’interruzione inaspettata nella dinamica dell’epidemia di morbillo”.
Tra il 1 gennaio e il 31 maggio, evidenzia il report, sono stati segnalati all’Ecdc 1.917 casi di morbillo in 30 Paesi europei inclusi nella sorveglianza (Regno Unito incluso). “Dal 2010 è il secondo numero più basso di casi mai segnalato, dopo i 1.104 casi di gennaio-maggio 2016. E per la prima volta – rilevano gli esperti – il numero di casi segnalati nel 2020 è diminuito drasticamente tra gennaio (710) e maggio (54)”. Un andamento contrario a quanto previsto dagli epidemiologi, non in linea con i dati rilevati dal 2010 al 2019 in un periodo di forte crescita della malattia, con 148.279 casi segnalati all’Ecdc.
Durante la pandemia, infatti, “tra i Paesi che hanno segnalato il maggior numero totale di casi tra gennaio e maggio 2020 – cioè Italia, Belgio, Bulgaria, Germania, Spagna, Francia, Romania e Regno Unito – il numero di contagiati è diminuito di mese in mese, contrariamente alla tendenza all’aumento tipicamente osservata” durante questo periodo dell’anno. In questi Paesi il numero di casi nel maggio 2020 è stato il più basso mai raggiunto dal 2010, con addirittura zero casi in Italia, Belgio, Germania, Spagna. Appena due in Bulgaria, Francia e Uk; mentre se ne registravano 45 solo in Romania.
L’Italia, negli ultimi anni sotto i riflettori per il nodo delle coperture vaccinali sotto la soglia, ha dati in linea con questo trend imprevisto: in totale i casi notificati tra gennaio e maggio 2020 sono stati 96, e se a gennaio toccavano quota 52 (contro una media di 152 negli ultimi dieci anni), sono scesi a 35 a febbraio e a 9 a marzo. Mentre ad aprile e maggio l’immobilità totale: zero casi segnalati in entrambi i mesi (contro medie di 334 e 370 casi). Il tutto mentre il Paese doveva fare i conti con la pandemia di Covid-19 e a marzo entrava in lockdown. Fattori non di poco conto che, ragionano gli esperti, potrebbero aver avuto un impatto anche sul morbillo “in diversi modi”.
In primo luogo, “il morbillo condivide le stesse vie di trasmissione di Covid-19. Pertanto, qualsiasi misura di controllo applicata a Covid può influenzare anche l’incidenza del morbillo” spiegano gli esperti. In particolare, “la chiusura delle scuole in passato ha consentito la riduzione della trasmissione del morbillo nei bambini”, come dell’influenza. “La riduzione dei contatti sociali ha dunque probabilmente avuto un impatto”, osservano gli autori del report precisando che sono comunque “necessarie analisi più approfondite”.
Allo stesso tempo, però, “la pandemia è stata responsabile delle interruzioni di servizi sanitari negli ospedali e nella medicina di base che potrebbero aver compromesso l’accesso alle cure. Con gli ospedali sopraffatti dall’afflusso di malati Covid e bisognosi di riorganizzazione, anche le pratiche cliniche sono state messe a dura prova”, motivo per cui è ancora troppo presto per fare una valutazione finale sul fenomeno.
Oltretutto, sulla telemedicina “ci sono pochi dati e non si possono escludere diagnosi erronee” o sottodiagnosi, “né che i pazienti abbiano richiesto meno cure”. L’ultimo elemento da valutare, aggiunge il report, è il fenomeno della sottodichiarazione dei casi di morbillo, “già presente prima della pandemia, potrebbe essere peggiorato nei mesi di emergenza Covid. I medici potrebbero anche aver considerato la notifica di casi sporadici di morbillo meno prioritaria”.
Dunque la continuità nella vaccinazione “rimane una priorità assoluta”, concludono gli esperti, parallelamente all’impegno per “garantire che i sistemi di sorveglianza non collassino. Il monitoraggio continuo nei prossimi mesi aiuterà a identificare meglio la radice” dell’andamento rilevato nella prima metà del 2020 nella malattia, “in particolare l’eventuale ricomparsa di casi una volta tolte le misure di contenimento”.