Il leghista Barbisan ha raccontato di aver detto al suo consulente di "non farlo mai più". Mentre Bocci "non ricorda" se fu avvertito. Giorgio Luchetta (Consiglio nazionale): "Impossibile. L'Inps ci disse che saremmo stati abilitati, poi fece dietrofront perché serviva un decreto ministeriale. Quindi non siamo mai stati autorizzati a inviare le domande per conto dei clienti". De Lise (Unione giovani commercialisti): "Non ci usino come capro espiatorio"
“Siamo a qui a lavorare fino al 20 agosto per portare soldi nelle casse dello Stato, mentre loro sono in ferie! E ci danno pure la colpa di questo”. Giorgio Luchetta, vicepresidente del Consiglio nazionale dei commercialisti ed esperti contabili, è di pessimo umore. Mentre Matteo De Lise, presidente dell’Unione giovani commercialisti, prima la butta sul ridere (“certo, c’è un piano della nostra categoria che punta a danneggiare tutta la classe politica”) ma poi attacca: “Se hanno avuto il coraggio di chiedere quei soldi, cosa che non è illegale, non scarichino la colpa su di noi usandoci come capro espiatorio“. Il fatto è che alcuni consiglieri regionali stanno raccontando di aver ricevuto il famigerato bonus di 600 euro a loro insaputa, perché “l’ha chiesto il commercialista”. Proprio come ipotizzato domenica scorsa su twitter da Claudio Borghi: “Magari si scopre che l’ha fatto in automatico…”. Problema: i commercialisti non sono mai stati abilitati a inviare all’istituto la domanda per conto dei clienti.
“Gli ho detto di non farlo mai più” – “Quando ho visto il bonus ho detto al commercialista: ‘Per carità di Dio, non farlo mai più‘. Lui mi ha risposto: ‘Io faccio il mio lavoro'”, è stata la ricostruzione di Riccardo Barbisan, consigliere regionale leghista in Veneto. Fiero di avere un’attività a partita Iva al di fuori dalla politica ma non di aver ricevuto i 600 euro di indennità Inps, che ha dato in beneficenza. Tutta colpa del consulente fiscale, ha detto ad Antenna 3 quando è scoppiato il caso. Giustificazione simile per Gianluca Forcolin, vicepresidente della Regione, anche lui del Carroccio: “Dal mio studio associato sono state inoltrate richieste di bonus a favore di tutti noi soci”. Mentre Ubaldo Bocci, fino a ieri coordinatore del centrodestra in Consiglio comunale a Firenze, ha detto di “non ricordare” se il commercialista l’avesse avvertito. E Diego Sarno, consigliere regionale del Pd in Piemonte, ha chiamato in causa la compagna commercialista che “per provare diverse procedure ha usato la sua partita Iva e anche la mia”.
La promessa di abilitare i commercialisti e il dietrofront dell’Inps – Quando ha letto quelle frasi, Luchetta è saltato sulla sedia. “Il 2 aprile, dopo il crash del sito Inps nel primo giorno utile per chiedere i 600 euro, ci assicurarono che saremmo stati abilitati all’invio delle richieste in blocco, cosa che avrebbe agevolato molto la procedura evitando che ci fossero troppi utenti singoli collegati”, ricorda. “Ma l’8 aprile il direttore centrale Inps Rocco Lauria scrisse via pec al nostro Ordine che non bastava una delibera interna: serviva un decreto ministeriale. Che non è mai arrivato. Insomma, ci ripensarono”.
“Ci muoviamo solo su mandato del cliente” – Risultato: “Il bonus poteva chiederlo solo il cliente con lo Spid o il pin personale. Noi non eravamo autorizzati a farlo (a differenza dei patronati, ndr). Certo, è possibile che il cliente sia andato dal commercialista con il pin e gli abbia chiesto di farlo: così come se mi dai la tua carta di credito e il codice segreto posso prelevare per te…”. In ogni caso è escluso che un professionista possa aver fatto la richiesta all’insaputa del cliente. Perché, aggiunge De Lise, “quando si utilizza il pin sull’utenza telefonica del titolare del codice arriva un sms di conferma della seconda parte del codice stesso”. Insomma: impossibile che il beneficiario non abbia traccia dell’avvio della procedura per chiedere l’indennità. “Del resto noi ci muoviamo solo su mandato del cliente, non prendiamo decisioni autonome. E’ inutile che ci chiamino in causa in maniera strumentale“.