di Andrea Taffi
C’è uno sparuto gruppo di parlamentari che, nonostante il lauto stipendio, ha chiesto il bonus da 600 euro previsto, in regime di emergenza da coronavirus, per aiutare le partire Iva in difficoltà. Al netto di tutto, è stata, quella dei parlamentari in questione, una richiesta immorale, indegna del loro ruolo e della loro funzione, quella di rappresentanti del popolo.
Sono ovviamente d’accordo sul fatto che ci si debba pacatamente arrabbiare, indignare, ribadire la nostra lontananza da siffatti comportamenti inqualificabili e ingiustificabili. Tutto giusto, tutto logico, tutto ovvio. Eppure, mi chiedo: siamo davvero sicuri che in questa Italia un po’ sopra le righe, piena di salotti televisivi popolati da politici, da giornalisti, da intellettuali e pensatori onesti, sì, arrabbiati e indignati, pure, ma che (questo sembra a me) fanno a gara a chi si arrabbia e si indigna di più per il bonus ai parlamentari e non solo, si faccia davvero bene a pretendere i nomi dei parlamentari che hanno chiesto i 600 euro?
Benché tutti gli indignati sono lì pronti a dire che conoscere i nomi è una necessità dettata dalla limpidezza e dalla onestà intellettuale, e che non si tratterebbe di certo di una gogna mediatica, ma di uno sbugiardamento nei confronti di persone (i parlamentari in questione) indegne di rappresentare il popolo dal quale sono stati eletti, siamo davvero convinti che sarà così, che non ci saranno gogne, né “esecuzioni sommarie” in diretta televisiva?
C’è (secondo me) il rischio, invece, che conoscere i nomi dei parlamentari in questione genererebbe un comportamento punitivo talmente forte, indisciplinato, scoordinato (tanto più in quanto ritenuto perfettamente legittimo) da creare altro che una gogna mediatica: un vero e proprio abbattimento morale, una sorta di colonna infame all’incontrario di persone che hanno sbagliato, certo, ma che non vanno civilmente annientate.
Cosa che, visto il clima, tutt’altro che disteso dell’analisi politica a favore di telecamere e carta stampata, non favorisce certo il ragionamento e la conseguente pacatezza. La pubblicazione di tutti i nomi – quelli dei due leghisti sono già emersi, ndr – potrebbe far dimenticare il principio che chi (a ragione) giudica deve comportarsi in maniera migliore di chi è giudicato, senza farsi prendere da isterismi, e nel rispetto dei dettami di una società che possa definirsi civile.
E allora, non sarebbe meglio prima di indignarsi scompostamente perché qualche parlamentare si comporta male (male davvero), si dimostrasse di far parte di una società civile indignandosi perché quello che abbiamo visto (e che vediamo da un po’) è la conseguenza del fatto che i parlamentari sono nominati dai partiti e, quindi, solo indirettamente eletti dal popolo.
La missione di chi si indigna dovrebbe essere quella (ognuno per il suo ruolo) non di desiderare di conoscere i nomi di chi ha sbagliato, ma di evitare che quei nomi arrivino, per volontà di partiti che li blindano, nelle aule del nostro Parlamento.